A Bologna il cammino delle persone LGBT+ sieropositive per superare il dramma dell’HIV
Dialogo di Katya Parente con Sandro Mattioli, volontario dell’associazione PLUS
Sono già passati quarant’anni da quando, per la prima volta, si è iniziato a parlare di AIDS. Da allora, insieme ad HIV, sieropositivo e una manciata di altri gerghi tecnici specifici, sono diventati termini con cui abbiamo acquisito una certa familiarità. Per la stragrande maggioranza delle persone sono solo parole, appunto, che fanno ancora paura e in alcuni casi creano stigma sociale. Ma per altri si tratta di una realtà quotidiana. Per accompagnarli nella loro nuova vita è nata l’associazione PLUS, la prima organizzazione italiana di persone LGBT sieropositive. A parlarcene Sandro Mattioli, uno dei volontari.
Cos’è PLUS e di che cosa si occupa?
PLUS – Persone LGBT+ Sieropositive – si configura come associazione di pazienti, intesi come persone LGBT che vivono con HIV. Ragioni epidemiologiche ci hanno spinto a impostare un focus particolare su un gruppo sociale che oggi viene chiamato MSM, un acronimo inglese che, una volta tanto, resta uguale in italiano: maschi che fanno sesso con maschi. Come è facile immaginare, tale gruppo include le persone omosessuali e bisessuali, ma non solo.
Abbiamo deciso di fondarla nel 2011 per vari motivi. I principali comprendono la solitudine, l’isolamento sociale, il doppio stigma (orientamento sessuale e stato sierologico), subìto molto spesso anche all’interno della comunità di riferimento.
In effetti, già nel 2011 le nostre prime azioni sono state tese a ricostruire la possibilità di confidare in una comunità.
Come si concretizza il vostro operato?
Oggi il nostro operato si divide in due tronconi principali: l’attenzione alla tutela delle persone che vivono con HIV, ma abbiamo attivato anche servizi importanti tesi alla prevenzione, e quindi rivolti alle persone HIV negative e che vogliono restare tali.
Per quanto riguarda le persone con HIV, la direzione che abbiamo preso è quella dell’empowerment e del lavoro di gruppo teso, come detto, alla ricostruzione della comunità di riferimento; la sede di PLUS una volta al mese ospita due eventi denominati “Venerdì positivi” e “E tu che ne vuoi sapere?”.
Il venerdì positivo è, di fatto, un’attività di welcoming, ossia un gruppo di ragazzi MSM HIV+ si ritrovano in sede per confrontarsi su un argomento definito e scelto periodicamente dagli stessi partecipanti. Dopo un’ora e mezza di “chiacchiere”, guidate da peer opportunamente formati, andiamo tutti in pizzeria. Nella sua semplicità questa formula è molto apprezzata e utile per formare gruppi che vanno anche oltre il servizio in sé, e spesso si trasformano in amicizie e frequentazioni.
“E tu che ne vuoi sapere?” è un servizio che realizziamo una domenica al mese. L’attività è tesa a aumentare le conoscenze dei pazienti, entrando nel merito della loro salute. È prevista la partecipazione di un esperto, al quale i ragazzi sono liberi di porre tutte le domande che vogliono. Per fare qualche esempio, è stato nostro ospite un infettivologo, che ha spiegato ogni voce o sigla degli esami di controllo; ma sono venuti anche un preparatore atletico (spesso i farmaci ARV fanno prendere peso, purtroppo) con una dietologa, uno psicologo, un sociologo, attivisti di associazioni amiche, e così via.
Tutto per rendere più edotti e autonomi i pazienti. Una idea che è stata vista molto bene anche dai medici, ai quali non dispiace affatto la possibilità di avere un colloquio bidirezionale con i loro pazienti.
Non sto a descrivere anche altre attività basic per qualunque associazione, che ovviamente portiamo avanti anche noi, quali la tutela dei diritti delle persone sieropositive, la nostra presenza, e quindi la visibilità nelle sedi istituzionali e politiche, a tutti i livelli: comunale, regionale, nazionale.
Per quanto riguarda i progetti per le persone HIV negative, nel 2015 abbiamo aperto il servizio denominato BLQ Checkpoint. I checkpoint sono centri community-based peer-oriented aperti in Europa già molti anni or sono, con l’intento di offrire un servizio rivolto alle comunità maggiormente colpite da HIV, effettuato dalle stesse comunità. Quindi un servizio della comunità per la comunità.
Abbiamo notato che anche in Italia, negli ultimi 10/15 anni, c’è stato un consistente incremento di nuove diagnosi fra persone MSM, purtroppo molto spesso si tratta di diagnosi tardive.
Basandoci quindi su questi punti, e prendendo spunto in particolare dal Checkpoint di Barcellona, aperto già nel 2006, abbiamo proposto alla Regione Emilia Romagna, all’Azienda Sanitaria e al Comune di Bologna di aprire il servizio BLQ Checkpoint, teso a offrire un test di screening per HIV comprensivo di un colloquio motivazionale, non giudicante ovviamente, ma teso a fare chiarezza sulla percezione del rischio personale, sulla possibilità fare le pratiche sessuali maggiormente gradite riducendo, nel contempo, il rischio di contagio da HIV. In pratica portiamo avanti un discorso teso a promuovere la salute sessuale, usando i test per HIV come escamotage.
Nel giro di pochi mesi, al test per HIV abbiamo aggiunto quello per epatite C (HCV) e sifilide, ampliando così l’offerta.
Il servizio è sostenuto dalla Regione, viene offerto in collaborazione con l’Azienda Sanitaria, che mette a disposizione il personale infermieristico, e con il Comune di Bologna, che nel 2015 ha messo a disposizione la struttura di via S. Carlo 42/C a Bologna, nella quale operiamo. Il servizio è attivo martedì e giovedì dalle 18 alle 20,30 su prenotazione ( prenota@blqcheckpoint.it ). I test sono anonimi e gratis.
In caso di esito reattivo, agli utenti viene proposto un colloquio teso a sostenere la persona in quello che sicuramente non è il momento più bello della vita. Inoltre, abbiamo un accordo “fast track” con il centro clinico, grazie al quale l’utente con esito reattivo può andare già il mattino dopo a fare i prelievi per gli esami di conferma (test Elisa e Western Blot).
Più di recente, con l’avvento della profilassi pre esposizione (PrEP), ossia un farmaco preventivo che consente di prevenire il contagio da HIV, una forma di prevenzione della quale PLUS è stata promotrice fin dai primi studi scientifici statunitensi che ne hanno dimostrato l’efficacia, PLUS ha deciso di aprire un secondo servizio per le persone HIV negative denominato “Sex Check”.
Il Sex Check si configura come studio clinico, che realizziamo fuori dall’ospedale ma in collaborazione con l’U.O- Malattie Infettive del S. Orsola. Si tratta di uno studio osservazionale, non interventistico, teso a valutare la fattibilità di realizzare un servizio rivolto alle persone in PrEP fuori dal centro clinico. Lo studio ha come target persone MSM e TSM (Trans che fanno sesso con maschi) in PrEP.
Attualmente abbiamo circa 100 utenti arruolati… purtroppo si usa questo termine militare. Essendo uno studio ovviamente non è anonimo, ma la riservatezza è d’obbligo. È presente un medico infettivologo per la prescrizione del farmaco e per qualsiasi problema clinico, personale infermieristico che effettua fisicamente i test, nonché il personale dell’associazione che effettua il colloquio. Tutto il personale è volontario. I costi ad oggi vengono interamente finanziati da imprese private.
I test proposti all’interno dello studio sono:
HIV
HCV
sifilide
come test di screening (ossia test che vanno a cercare la presenza degli anticorpi)
clamidia
gonorrea
HCV viral load
come test molecolari ossia che vanno a cercare direttamente l’agente patogeno (virus o batterio che sia). Per accedere al servizio, che è gratuito, è necessario prenotare un colloquio (info@plus-aps.it)
Il vostro servizio è rivolto solo a maschi gay, o c’è anche un altro tipo di utenza?
Come detto, in ragione dei dati epidemiologici ci occupiamo principalmente di maschi che fanno sesso con maschi: per fare un esempio concreto, nella città di Bologna i dati epidemiologici pubblicati dalla sanità regionale ci dicono che da 10 anni a questa parte ci sono più nuove diagnosi fra MSM che fra eterosessuali. Quindi il focus ci sta, per così dire.
Detto questo, l’attività di testing del BLQ Checkpoint è aperta alla popolazione generale. Da noi vengono a fare test numerose persone eterosessuali, sia maschi che femmine, anche se con una netta prevalenza di maschi. Tuttavia, basta un’occhiata alle pagine del sito www.blqcheckpoint.it per capire che la promozione la realizziamo principalmente in ambito MSM, devo dire anche con una risposta molto buona da parte di quella comunità. Ad oggi abbiamo avuto esiti positivi solo fra maschi gay, principalmente giovani al di sotto dei 35 anni, un gruppo che è un po’ il nostro target di riferimento in quanto sono proprio le persone giovani le più esposte, ma anche quelle che sono meno propense ad andare in ospedale per un controllo periodico.
Al di là dell’aspetto puramente medico, curate molto l’aspetto psicologico e sociale delle persone sieropositive…
Noi non siamo un’associazione sanitaria. Per gli aspetti clinici c’è il personale sanitario che, tranne che in rari casi, svolge un ottimo lavoro nei reparti di malattie infettive. Il problema vero è che le persone sieropositive fanno i pazienti quei 10 minuti ogni sei mesi durante le visite mediche e i prelievi di controllo. In tutti gli altri settori della vita si trovano molto spesso a gestire il tema HIV da soli. Dai rapporti di lavoro ai quelli sociali, amicali e sessuali, la solitudine è una caratteristica comune. Spesso autoindotta per timore della discriminazione, ancora oggi molto presente in Italia (e certi articoli giornalistici, caratterizzati dall’uso di termini medievali, sicuramente non migliorano la situazione). Noi agiamo principalmente in questo ambito, lavorando sull’empowerment, lotta contro stigma e discriminazione, emersione del tema (di cui non si parla quasi mai), coming out sierologico, ecc.
È possibile usufruire dei vostri servizi, almeno in parte, via internet?
In linea di massima non sono temi o servizi per i quali è possibile usare il web. Tuttavia, abbiamo voluto mettere online un servizio di recapito farmaci ARV ai pazienti, così che potessero restare a casa ed evitare infezioni nosocomiali, oltre a un servizio di counseling telefonico gestito online. Ora che abbiamo riaperto sede e servizi, questa necessità è un po’ scemata. Fra l’altro il S. Orsola ha opportunamente spostato gli ambulatori di malattie infettive presso un altro padiglione, creando un percorso più sicuro per i pazienti con HIV, per cui c’è decisamente meno anche la necessità del recapito dei farmaci a casa.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Abbiamo molte idee in mente, a partire dalla nascita di una rete di checkpoint italiani, che finalmente stanno nascendo, nonché una rete coi checkpoint del Sud Europa, con i quali collaboriamo.
Il privato che opera in sinergia con il pubblico – una piccola magia -, che accoglie, accompagna e guida persone marginali, non solo nel percorso medico (già qualcosa di molto lodevole), ma anche nel percorso umano, forse la dimensione più difficile per chi è HIV+.