Dopo la bocciatura del ddl Zan si vedono due modi di essere chiesa con le persone LGBT
Articolo di Mauro Favaro pubblicato sul quotidiano Il Gazzettino del 12 novembre 2021, pag.10
TREVISO. Una Chiesa gelida con la comunità gay, a volte escludente e nella quale non mancano giudizi sprezzanti che feriscono in profondità i fedeli che fanno riferimento al mondo Lgbt+. È questo, in sintesi, il quadro dipinto da 12 sacerdoti in una lettera aperta inviata ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Tra loro ci sono don Giorgio Riccoboni, parroco del Duomo di Treviso, e don Nandino Capovilla, del Patriarcato di Venezia.
Il caso della messa di ringraziamento per il blocco del Ddl Zan nella parrocchia di San Zenone degli Ezzelini (Treviso), cerimonia poi sospesa, sta scuotendo la Chiesa su un tema estremamente delicato. Ce chi era pronto a salire sull’altare per ringraziare il Signore dopo la bocciatura del disegno di legge, come don Antonio Ziliotto, parroco di San Zenone. E chi invece vedeva lo stesso disegno di legge come una protezione per persone spesso discriminate.
Adesso questi ultimi chiedono alla Chiesa di voltare pagina. «Camminiamo accanto a persone omosessuali, transessuali e a molti loro genitori. Sono credenti che testimoniano la fede anche in ambienti laici del mondo Lgbt+. In loro vediamo una fede genuina, coraggiosa, impegnata – scrive il gruppo di sacerdoti “progressisti”, ai quali si sono aggiunti operatori pastorali, suore e laici – forte è il desiderio di comunione ecclesiale, nonostante esclusioni e giudizi sprezzanti. Con dispiacere vediamo altri allontanarsi, profondamente feriti da dichiarazioni e parole troppo gelide della nostra Chiesa». «Per dire il Vangelo – scandiscono – non può esserci il bisogno di parole che feriscono la dignità».
Gli autori della lettera pongono come fondamenta del loro ragionamento vari riferimenti del Magistero che invitano al rispetto e alla condanna contro ogni violenza verso le persone per il loro orientamento: dalla Homo-sexualitatis Problema al Catechismo, fino alla Amoris laetitia. E non si tirano indietro nemmeno davanti alla presa di posizione della Cei.
«Conosciamo i dubbi della Conferenza episcopale italiana sul ddl Zan, che poteva essere un dispositivo a protezione di molti concittadini, compresi quelli dalle diverse abilità – sottolineano – ma ci stanno a cuore le persone, con le quali cerchiamo strade di fedeltà al Vangelo, e il Paese tutto. Come cittadini, questa vicenda ci addolora e ci indigna. Abbiamo perso tutti. E il Paese resta incapace di sanzionare violenze e discriminazioni senza pregiudizi».
«Altre ferite resteranno impunite sulla pelle delle persone per una “conta” politica irresponsabile e lontana dal Paese. Come comunità cristiana, non ci accada di scivolare nell’abbraccio mortale di qualche forza partitica – tirano le fila – invece, anche nella comunità cristiana parole di approvazione per l’esito della vicenda hanno di nuovo ferito la dignità di tanti, di tutti, perché un Paese più civile è per tutti».
Parole in linea con quelle pronunciate dal gruppo di giovani che l’altro ieri si sono ritrovati davanti alla chiesa di San Zenone «per dire che è un territorio libero». La mobilitazione non si è fermata nemmeno dopo l’intervento della Diocesi di Treviso che ha bloccato la messa di ringraziamento per il blocco del Ddl Zan.
«Da credente, ritengo che la Chiesa di San Zenone abbia ben altre cause per cui pregare o gioire – ha detto Fabio Marin, sindaco di San Zenone, omosessuale dichiarato che si batte per i diritti della comunità Lgbt -. San Zenone è un paese libero, di persone libere, dove si può dialogare, dove ognuno la può pensare come vuole, ma si deve sempre puntare al dialogo e al confronto».