Due vite in cammino. Una coppia gay si racconta
Articolo di Delia Vaccarello da l'Unità del 22 gennaio 2008
Il primo appuntamento da soli a Roma sotto il portone del duce. Occhi bassi, pullover e giacca eleganti. Dinanzi all'altare della Patria, si danno un bacetto che diventa un bacio. Siamo all'inizio degli anni Ottanta, e loro difendono la loro unione in pubblico con un coraggio che molti altri nel 2000 stentano ad avere. Ci credono con una forza spettacolare. Sotto il portico di Via della Conciliazione, a un fiato da San Pietro, decidono di dividere tutto nel bene e nel male. Questa è la loro storia.
Angelo Albanesi è finalmente in laguna. In borsa la sceneggiatura di «Morte a Venezia», sul comodino del collegio religioso, ove è ospite, il libro di Thomas Mann. Nei gesti la morbidezza delle onde nei canali. E aspetta. Ha desiderato da anni questa vacanza, da quando la mamma è scomparsa accudita da lui fino all'ultimo, da quando anche Vitaliana, l'amica della mamma, è scomparsa, cinque anni dopo, colpita pure lei da un cancro al seno.
Da quando ha fatto l'intervento al cuore, con il famoso dottor Azzolina, perché aveva un «buco» tra le due metà e solo da Azzolina si voleva fare operare. Da allora, aspetta di andare a Venezia. E, da quando è a Venezia, aspetta ancora, neanche lui sa cosa.
Pier Giorgio De Simone fa il militare a Trento, è un bel sottotenente di 22 anni, che nasconde la sua omosessualità solo ai superiori. Ai familiari l'ha già detto e loro – il padre graduato dell'esercito, la madre religiosissima, e il fratello -, lo hanno portato prima da un sessuologo, poi da uno psicologo, quindi hanno progettato di sottoporlo all'elettrochoc in Svizzera. Una «bella scossa» e passa tutto . Meglio fare l'ufficiale, e da Roma Pier Giorgio va al Nord a prendere una boccata d'aria.
Nell'agosto del 1980 fa caldo. Plinio, amico di entrambi, decide di andare da Pier Giorgio per fare con lui un salto in Austria. Ma a Venezia c'è anche Angelo, conosciuto in parrocchia, che suona bene l'organo e il pianoforte, che fa «il casalingo» per il padre vedovo e il fratello. E in fondo agli occhi ha due pezzi di cielo. Fino a Trento il viaggio è lungo e Plinio si disamora della tappa in laguna.
Pier Giorgio insiste. «Non sapevo perché, ma volevo andare a tutti i costi». Un mese prima a Torino ha saggiato la vita gay del tempo, scoprendosi lontano da chi cerca solo avventure con ragazzi mozzafiato.
Adesso Angelo li attende dopo cena, hanno già chiamato. E, nell'attesa, per l'emozione non mangia. Passeggiano lungo i canali, a sera. Angelo si sente «avvolto da Pier Giorgio».
Pier Giorgio che odia le ipocrisie e gli egoismi, ascolta la storia di Angelo e ne sente «tutta la forza», lontana anni luce dall'autoritarismo, dalle finzioni, dalle seduzioni a buon mercato, dal sapore amaro della negazione che volevano fargli ingurgitare a colpi di scariche elettriche.
È la forza di affrontare la realtà e restare se stesso, e crescere. «Ho sempre avuto paura delle persone belle e fragili, che alle prime difficoltà perdono la bussola. Plinio diceva che Angelo non era bello. Io non smettevo di dirgli: mi piace tanto, è proprio una bella persona». Poi Angelo ritorna a dormine in collegio. Si salutano all'Arsenale. Per loro, la solitudine è morta a Venezia. Pier Giorgio sul vaporetto si allontana. «Un'eco resta dentro di noi, e torna il giorno dopo, e ancora, senza smettere».
Il primo appuntamento da soli a Roma sotto il portone del duce. Occhi bassi, pullover e giacca eleganti. Dinanzi all'altare della Patria, si danno un bacetto che diventa un bacio.
Siamo all'inizio degli anni Ottanta, e loro difendono la loro unione in pubblico con un coraggio che molti altri nel 2000 stentano ad avere. Ci credono con una forza spettacolare. Celebrano apertamente il loro amore sempre in scenari carichi di simboli.
Per le ricorrenze dei morti vanno al cimitero a trovare le persone care che Angelo ha perso. La profonda pietas che li unisce, li trova già uniti. E dà loro la forza enorme di prendere e di dare a piene mani.
Pier Giorgio chiede: «Ma se io mi metto con te tu che mi dai?». Angelo allarga le braccia, sgrana i due pezzetti di cielo e dice: «Tutto». Sotto il portico di Via della Conciliazione, a un fiato da San Pietro, decidono di dividere tutto nel bene e nel male.
«Si sposano» a gennaio dell'81. Vestiti di blu, giacca, cravatta, cappotto, vanno nella Chiesa romana di San Bartolomeo all'isola, che sorge sul tempio di Eusculapio, protettore dei medici. Hanno le fedi d'oro, pregano, «per la mamma di Angelo, per Vitaliana, per tutti, per noi».
Il tempo non ha fine in quel pomeriggio di impegni che la vita non ha smentito. Sull'altare compare un frate, col cappuccio sulla fronte, accende le luci, loro fanno per andare via, e invece l'uomo li invita a restare. Pregano insieme, poi il religioso li accompagna alla porta e li benedice. Sulla 126 della mamma di Pier Giorgio vanno a trovare il padre di Angelo.
Hanno una piccola torta in mano. Qualche tempo prima Angelo gli aveva detto: «sono gay» e Mario, il papà calzolaio, che faceva gli stivali per i corazzieri del presidente della Repubblica, aveva pianto. Non per nulla anni prima era stato Angelo ad assistere la madre, il padre, fragile, non avrebbe retto.
Ora Mario sorride vedendo Pier Giorgio che sale i gradini portando in braccio Angelo. E Angelo ricorda quando bambino metteva le gambette dentro gli stivali enormi, sognando la protezione che solo Pier Giorgio oggi gli fa sentire fino al midollo. I primi tempi dormono nel lettuccio di Angelo, in casa di Mario e della sua nuova moglie che regala loro anche un pezzo di corredo.
Poi prendono un appartamento a Tor Pignattara. Fanno una gran festa con gli amici, e ad un compleanno di Pier Giorgio le famiglie si incontrano. Il primo a chiedere di conoscere i «consuoceri» è Mario.
Lentamente dinanzi alla poesia del rapporto tra i due un abisso si apre tra il presente e i tempi dell'elettrochoc. «Sia in una casa che nell'altra si parlava di tutto, tra genitori, fratelli, cugini e parenti, intrecciando nomi, situazioni ed idee». I natali annodano insieme affetti e parenti.
La Chiesa li lascia perplessi: «Siamo credenti, ma non frequentiamo più la Chiesa perché ci respinge. Restiamo vicini alla gente che habisogno, aiutiamo gli anziani. Viviamo secondo un'etica al disopra della media riconosciuta in quanto a principi, propositi e sentimenti».
Con i colleghi da subito nessun mistero: Pier Giorgio lavora all'Istituto Nazionale di Geo-fisica e Vulcanologia, Angelo al ministero dell'Economia. In nome dei valori di cui vanno fieri partecipano al Pride del 2000. Dopo quella giornata storica,partoriscono con altri la «loro» creatura: il Gruppo pesce Roma . È la «ecclesia» a cui dedicano l'amore che, se potessero, darebbero ad un figlio («in fondo, dice Angelo, ognuno di noi è anche un figlio per l'altro»).
Accolgono gli iscritti, li integrano nel gruppo, nuotano, mangiano tutti insieme. Angelo fa il tesoriere, Pier Giorgio da due anni è vicepresidente, organizzano una gara internazionale. E, data la loro passione per i simboli, realizzano ormai da anni un calendario ironico e frizzante.
Nel 2005 il Pacs. In piazza in Lucina a Roma si pacsano con altre 50 coppie, nel corso di una simulazione che deve spronare i politici. Credono che sia il conto alla rovescia, che di lì a poco la legge veda la luce. «Per me la luce è tutto», dice Pier Giorgio. A celebrare sono i consiglieri comunali con la fascia rainbow sul petto e pronunciano le frasi di rito del pacs francese.
Ma per officiante loro vogliono chi scrive questo articolo: «Abbiamo scelto una persona cara, una "sacerdotessa", così il ricordo resterà più impresso». Insieme da 28 anni, da quando furono benedetti in Chiesa, aspettano la legge. Per amore della giustizia.
«Ci sentiamo integrati da sempre nella nostra società che muta come tutte le cose vive della Terra. Non ci stancheremo mai di apparire per quello che siamo: una vera intesa di amore coniugale tra persone dello stesso sesso».