Ai lati del podio, i “suoi” uomini se ne stanno compiti come scolaretti davanti alla cattedra. Lei, il capo, risponde alle domande dei cronisti, distribuisce sorrisi, si sistema i capelli dietro le orecchie con la grazia furtiva di una ragazzina. Gli amici come Bill e Hillary Clinton la chiamano Chris. Ma per quelli del suo staff, le cui teste annuiscono in sincrono a ogni parola che pronuncia, è Miss Speaker.
Christine Callaghan Quinn, 41 anni, radici irlandesi trapiantate a Long Island, è la Council Speaker del Comune di New York, seconda carica elettiva per importanza dopo quella del Sindaco. Ma soprattutto è, secondo il primato affibbiatole dalla stampa americana, “la donna politica dichiaratamente gay più importante degli Stati Uniti”.
Democratica. Cattolica. Lesbica. Una che nel suo primo discorso ufficiale, il 6 aprile del 2006, ha citato JFK (“Il tempo di riparare il tetto è quando il sole splende”) e la Bibbia (“A colui cui più è dato, più è richiesto”). E che, figlia di un padre molto amato e molto religioso, ha dovuto aspettare 24 anni per il suo coming out.
Oggi, stretta in un tailleur pantalone in cui nasconde qualche chilo di troppo, due fossette sulle guance che smentiscono la sua fama di virago, se ci ripensa le viene ancora un nodo in gola. Di essere lesbica, racconta, lo sapeva fin dall’adolescenza.
Quando, studentessa in una scuola cattolica, si lanciava in appassionate campagne per essere eletta rappresentante di classe e nascondeva, anche a se stessa, i suoi desideri. “Al college mi sono innamorata per la prima volta di una donna. E semplicemente ho fatto finta che non stesse accadendo”.
A “uscire dall’armadio” l’ha aiutata la politica. E New York. Ci è arrivata nel ’91, dopo gli studi ad Hartford, nel Connecticut, per lavorare nello staff di Tom Duane, primo consigliere apertamente gay eletto al Comune.
Qui, in quella che descrive come “la città più ‘diversa’ del mondo”, ha perso la testa per una collega. Da allora Chris è andata dritta per la sua strada: direttore esecutivo del New York City Anti-Violence Project, si è occupata di abusi contro gli omosessuali. Poi, dopo aver preso il seggio lasciato da Duane al Consiglio, è entrata in Municipio e si è piantata come una spina nel fianco del primo cittadino Michael Bloomberg.
Tra il miliardario liberal-repubblicano, eletto sindaco nel 2001, e la rossa democratica dal burrascoso temperamento irlandese, non è mai corso buon sangue.
La prima sfida è stata sul terreno del diritto alla salute, dove ha ottenuto (nonostante il veto di Bloomberg) l’approvazione dell’Health Care Security Act, che ha esteso l’assicurazione sanitaria anche ai conviventi di tutti i dipendenti delle imprese che lavorano per il Comune.
La seconda, sul campo della riqualificazione del territorio, quando Quinn ha guidato la battaglia contro la costruzione di un nuovo stadio nel West Side. Segnando un’altra vittoria.
Merito, probabilmente, dei geni combattivi ereditati da una nonna scampata al Titanic. Oppure, di quel sostegno politicamente trasversale su cui ha contato anche per arrivare alla carica di Speaker: 50 favorevoli, nessun contrario, un solo astenuto.
“Questo voto ha significato molto”, dice Quinn. “È un passo in avanti per le donne e per la comunità omosessuale e, allo stesso tempo, il segnale che un candidato può essere giudicato non in base al sesso ma per i contenuti che esprime”.
A qualcuno, però, questo plebiscito non è proprio piaciuto. Non sarà che Chris, pur di strappare il voto di consiglieri come Simcha Felder, ebreo ortodosso e fervente antigay, abbia fatto qualche concessione di troppo?
Lei ci tiene a precisare: “Sono grata a tutti quelli che mi hanno sostenuta, ma resto una persona indipendente: l’unica promessa che ho fatto a chi mi ha votata è di tenere sempre la porta aperta e considerare le proposte di tutti”.
E, a giudicare dalla linea dura mantenuta nel 2006 con gli organizzatori della storica parata del San Patrick Day, non sembra che abbia paura di farsi dei nemici: dopo mesi di trattative per vedere riconosciuta ai rappresentanti delle associazioni LGBT della città la possibilità di partecipare alla sfilata, davanti al rifiuto finale (“Sarebbe come chiedere a una parata di afroamericani di far sfilare una delegazione del Ku Klux Klan”, è stata la risposta degli organizzatori), Chris ha scelto il boicottaggio.
Alla Quinta Strada – su cui ogni anno nel giorno di San Patrizio sfilano oltre 150mila persone – ha preferito l’Irlanda, dove è volata per marciare insieme a gay e lesbiche della città. Nella più tollerante Dublino.
Di essere un osso duro, d’altra parte, Miss Speaker lo ha dimostrato appena eletta. Il suo primo atto ufficiale è stato imporre al suo staff un dress-code più formale (via T-shirt e scarpe da ginnastica).
Il secondo: licenziare 61 persone. Per alcuni, un gesto necessario a sradicare posizioni di privilegio. Per quelli che hanno sgombrato la scrivania, una manovra per piazzare i suoi uomini in posti chiave.
Nessuno però può accusarla di prendersi troppo sul serio: “Adoro Il diavolo veste Prada e mi diverto a fare l’imitazione di Meryl Streep. Qualcuno dice che mi riesce bene…”.
A quasi un anno dall’insediamento, di lei si continua a dire tutto e il contrario di tutto. Impegnata, appassionata. “Un politico di gran lunga migliore di me”, secondo la descrizione di Bill Clinton. Oppure fredda, calcolatrice, ambiziosa.
Addirittura capace, a voler ascoltare le battute più perfide che circolano nei corridoi della City Hall, di fingersi lesbica per assicurarsi i voti del suo distretto ad alta intensità gay. Dal sorriso che le illumina la faccia quando parla della compagna Kim Catullo (con cui convive nel suo appartamento di Chelsea), così cinica davvero non si direbbe. “Pensiamo spesso al matrimonio e appena potremo farlo, lo faremo.
Per me però è essenziale sposarmi nel luogo in cui vivo”. E questo è oggi anche uno dei principali obiettivi della sua politica: la città di Stonewall – storica rivolta del ’69 che ha dato inizio al moderno movimento per i diritti degli omosessuali -, non ha ancora una legge sui matrimoni gay, né una che regoli le unioni di fatto. Non ancora, appunto.
“Ogni giorno, quando entro nella City Hall, sento l’enorme responsabilità di rappresentare la comunità dalla quale provengo: è grazie ai gay, alle lesbiche e ai transgender di New York che sono arrivata fin qui.
Le associazioni LGBT newyorkesi hanno lottato duramente per vedere riconosciuti i nostri diritti e negli ultimi dieci anni abbiamo raggiunto enormi risultati. Siamo sulla buona strada per far sì che questa città diventi un posto in cui essere omosessuale non comporti alcuna discriminazione”.
Un passo in avanti in questa direzione, è stato, lo scorso agosto, il riconoscimento da parte dello Stato di New York dei matrimoni gay legalmente celebrati altrove.
Ma perché Miss Speaker possa sposare Kim nel Manhattan Municipal Building, il cammino sembra ancora lungo. “Per quanto mi riguarda, continuerò a battermi nelle sedi politiche perché questo avvenga: il matrimonio gay è un diritto civile, non è una questione simbolica o una pretesa frivola”.
Un campo di battaglia, questo, sul quale ha già incontrato il suo vecchio avversario: Bloomberg, pur dichiarandosi “personalmente favorevole” alle unioni gay, in assenza di una legge sulla materia si è sempre rifiutato di concedere (come ha fatto invece Gavin Newson, sindaco di San Francisco) licenze di matrimonio a coppie dello stesso sesso.
Ma il vento, al numero 1 di Centre Street, storica sede del Municipio, sembra cambiato. Dopo la sua elezione, Miss Speaker ha ammorbidito i toni con il nemico di un tempo. “Bloomberg è un vero gentleman. Anche quando siamo in disaccordo, è disponibile e aperto alle mie idee”, dice di lui. Magari è un tardivo colpo di fulmine. Più probabilmente, un armistizio strategico.
Nel 2009, al termine del suo mandato, Quinn potrebbe puntare alla poltrona lasciata libera da Bloomy. Meglio assicurarsi, per la scalata, l’appoggio del sindaco uscente, amatissimo dai newyorkesi.
Miss Speaker preferisce glissare: “Una delle cose più frustranti della politica è che nessuno ti permette di vivere nel presente. Sto cercando di fare al meglio il mio lavoro, ma tutti sembrano ossessionati da cosa farò dopo”. Vallo a dire ai suoi fan, già pronti a raccogliere fondi per una nuova campagna: primo sindaco donna di New York. E primo sindaco lesbica.
Dopo Bertrand e Klaus
In principio fu Harvey Milk. Primo consigliere comunale americano apertamente gay (eletto nel 1977 a San Francisco), Milk fu ucciso nel ’78 dalle pallottole di un fanatico omofobo.
Da allora, il coming out in politica non è più un tabù, ma ha ancora i suoi rischi: ne sa qualcosa Bertrand Delanoë, secondo politico francese a “uscire allo scoperto” (il primo è stato, all’inizio degli anni ’90, l’ex ministro André Labarrère).
Nel 2002, l’anno dopo aver indossato la fascia di sindaco di Parigi, fu accoltellato da un folle.
Più tranquillo il percorso del sindaco di Berlino Klaus Wowereit. Ha conquistato per due volte la carica di Borgomastro della capitale e ora fa sognare la comunità omosessuale: le politiche del 2009 potrebbero trasformarlo nel primo Cancelliere gay della storia tedesca.
In Gran Bretagna, il parlamentare del Labour party Chris Smith si presentò ai suoi colleghi con un discorso che non lasciava dubbi: “Buon pomeriggio, sono Chris Smith, sono laburista e sono gay”.
Era il 1984. Ministro della Cultura con Tony Blair, Smith è stato anche il primo uomo politico britannico a dichiarare pubblicamente, nel 2005, di essere HIV positivo. In Italia, spetta al deputato transgender Wladimir Luxuria difendere in parlamento i diritti della comunità LGBT.
In Canada, dopo la legalizzazione nel 2005 dei matrimoni gay, l’esecutivo al completo è accorso per congratularsi con il ministro della Sanità George Smitherman. In smoking azzurro e davanti a una platea di 200 invitati, il ministro ha sposato il suo storico compagno Christopher Peloso.
* Christine Callaghan Quinn (nata il 25 luglio 1966 a Glen Cove, New York) è un politica democratica ed è l’attuale Presidente del Consiglio, New York, che è considerato il secondo più potente posizione del governo in città dopo il Sindaco. Quinn è la prima donna e la prima persona apertamente gay ad essere eletto a questo incarico.
E ‘stata valutato uno dei cinquanta donne più potenti di New York City dal New York Post e uno dei “Quaranta Sotto Quaranta” secondo il Gotham Magazine.