E’ finita la clausura stretta senza vocazione del lockdown, ma non le offese al mondo LGBT
Riflessioni di Massimo Battaglio
Finita la fase di clausura stretta senza vocazione. Era ora! E’ stato un tempo che ci ha donato tante cose: possibilità di riflettere, di raccogliersi maggiormente in sè, di sperimentare lo stare vicini a distanza. Ma è stato anche un tempo in cui, alla fine, manca molto.
A me sono mancate le riunioni in cui si litiga, quelle pizzose, i convegni che non finiscono più, con gli interventi di quello che parla per mezz’ora per farci vedere quant’è bravo. Mi sono mancati i rosari per quei morti del quartiere che si conoscevano di buon Natale e buon anno ma in fondo era come se si fosse fratello e sorella.
Sono mancate le cene da mamma che ne prepara per un reggimento ma guai a dire no, e quelle a casa mia ma con qualcuno di più che il gatto. Mi manca, e continuerà a mancare, il cinema, le mostre, la pizza; mi manca l’aperitivo tra una presentazione di un libro e una passeggiata sotto i portici. E mi manca la montagna ma soprattutto le persone, alle quali ho continuato a telefonare a gruppi di tre al giorno.
Non sono mancate invece le stupidaggini contro le persone LGBT. Non pensavo, per esempio, che avrei comunque registrato nove vittime di omofobia nonostante tutto fosse chiuso. E infatti non si è trattato di botte ma di ragazzi cacciati di casa o di persone lasciate a morire da sole perché trans. Chissà quante hanno avuto disavventure simili ma non hanno avuto il coraggio di denunciare.
E non manca nè è mancata l’omofobia istituzionale e soprattutto quella religiosa. Prima qualche prete, poi vescovi “importanti” come Burke, adesso anche Ratzinger … Tanti, troppi, hanno continuato a riproporre le loro teorie tardo-medioevali sulla pandemia come punizione per l’aborto e l’omosessualità.
E’ di oggi l’uscita dell’ennesimo libro dell’ex pontefice e “fine teologo” in cui si punta il dito contro di noi. Lo fa con la sua solita finezza ma il risultato potrebbe essere disastroso. Cosa dice?
“Cento anni fa, tutti avrebbero considerato assurdo parlare di un matrimonio omosessuale”. Oggi “si è scomunicati dalla società se ci si oppone”.
Bravo monsignor Ratzinger! Finalmente ci accorgiamo che i tempi cambiano. Finalmente, verrebbe da dire, notiamo che cessano le discriminazioni e si comincia a condannare chi discrimina. Solo che l’intenzione del professore era un’altra:
“La società moderna è nel mezzo della formulazione di un credo anticristiano e se uno si oppone viene punito”. “La paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è più che naturale e ha bisogno dell’aiuto delle preghiere da parte della Chiesa universale per resistere”.
Eh la Peppa! Noi persone LGBT saremmo la causa (o la conseguenza, poco importa) della deriva del mondo, i discepoli dell’Anticristo! Niente di più?
Personalmente, se penso alle difficoltà dei nostri tempi, mi vengono in mente le guerre, la depredazione del terzo mondo, la mala sanità, la sempre più iniqua distribuzione delle risorse. Mi viene in mente la mancanza di una politica illuminata, il montare dei sovranismi. Penso a tutto ciò che va sotto il nome di egoismo. Ma evidentemente sbaglio, almeno secondo i pensieri dell’emerito: il male sono io insieme al mio fidanzato e ai miei amici. Per fortuna sono in buona compagnia.
San Giovanni XXIII avrebbe definito gli autori di questi discorsi, con un termine duro ma efficace: “profeti di sventura”. E forse sarebbe andato oltre perché, quando usò quest’espressione, intendeva coloro che leggono il mondo con categorie vecchie ma corrette. Qui invece siamo davanti a letture puramente ideologiche, falsificanti e viziate da malafede.
Mi spiace dire queste cose di un ex pontefice di novantatre anni. In realtà provo per lui un senso di compassione. Ma nessuna pietà meritano coloro che lo usano per affermare il proprio potere, per reimpossessarsi della Chiesa e adoperarla a fini dittatoriali. Questi sì, che hanno qualcosa di diabolico.
Sappiamo quali siano i giornalisti e gli editori che hanno voluto la prefazione del papa emerito al loro ultimo libro. Si tratta di Peter Seewald e dell’editore americano conservatore LifeSiteNews: lo stesso che in questi mesi ha diffuso le parole anti Francesco dell’ex nunzio a Washington Carlo Maria Viganò.
Sono tutti personaggi che abbiamo imparato a conoscere grazie alla puntata di Report del 20 aprile scorso. Essere additati da loro è quasi un onore perché ci pone lontanissimi dalle loro amicizie.
Penso però al Vangelo di questa domenica:
“Gesù disse: in verità, in verità vi dico che chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei” (Gv 10,1-10).
Abbiamo bisogno di pastori autentici, non di ladri alleati a falsi profeti che maledicono le pecore affidate loro dal Signore. Finché non ci chiameranno Gianni, Enrico, Elena, Manuela e continueranno a liquidare i nostri nomi sotto quello di un nemico immaginario, il Gender, non riconosceremo mai la loro voce.