E’ pronta la nostra chiesa a rimanere incinta?
Riflessione bibliche di Fabio Trimigno del gruppo Zaccheo, Cristiani Lgbt+ di Puglia
La seconda domenica di Avvento presenta la figura di Giovanni il Battista come segno per la venuta della salvezza universale per cui “ogni uomo vedrà la salvezza di Dio“: un Dio però che non si manifesta in segni grandiosi, ma che semplicemente si incarna nella storia dell’uomo.
L’attenzione dell’evangelista Luca nello scrivere dettagli che collocano le origini storiche della nostra salvezza e l’elenco contrassegnato da nomi di potenti imperatori, noti governatori, sommi sacerdoti (come fosse la lista dei pupi mancanti del presepe da comprare per il Natale 2021) ci dicono di un cammino comune, ci parlano di una contrapposizione tra i chi fa la storia e chi entra nella storia, tra chi scrive la storia e chi la trasfigura.
La storia delle storie vede il momento più atteso e più desiderato, il momento in cui Dio inaspettatamente azzera la sua eternità per entrare nella storia dell’umanità: un Dio che si fa come noi per farci come Lui.
Un messaggio di salvezza comincia a risuonare tra le dune di un deserto, il luogo di riunione dove Dio ha a cuore il suo popolo. L’imperativo a preparare le strade nel deserto e a cercare le vie del Signore è condizione senza la quale non si può incontrare il Signore.
Il deserto (luogo in cui si ascoltano i bisogni primari) diventa pertanto immagine perfetta del deserto della nostra anima, tracciando così i bordi della nostra realtà spesso non fertile, in cui la nostra sterilità incontra la fecondità di Dio, il quale non tarda a rispondere ai nostri bisogni primari di spiritualità, donando cosi un senso alla nostra esistenza.
La parola di Dio è rivolta ad un uomo nel deserto: Giovanni il Battista, figlio di Zaccaria ed Elisabetta, proveniente da una famiglia di stampo sacerdotale, anch’egli con una miracolosa storia di annunciazione da parte dell’angelo Gabriele.
Ma chi è veramente Giovanni? Nella lingua ebraica Iehóhanan, significava: “Dio è propizio”.
Giovanni è il profeta che annuncia un Dio “propizio” al tempo e alla storia dell’umanità.
Giovanni è anche un profeta scomodo, una spina nel fianco, un maestro di quelli scandalosi e provocatori, ma che risvegliano le coscienze.
Giovanni è una voce nel deserto, una voce lungimirante che ri-sveglia le coscienze sopite.
Giovanni è il profeta che annuncia la venuta di Cristo già nel grembo materno. La sua vocazione profetica si manifesta ancor prima di nascere attraverso un sussulto gioioso nel grembo di sua madre Elisabetta, quando riceve la visita di sua cugina Maria. E Gesù stesso lo definisce “il più grande tra i nati da donna”.
Battezzò Gesù nelle acque del fiume Giordano, morì martirizzato e fu chiamato il “Precursore” perché annunciò la venuta di Cristo con audacia e coraggio.
Giovanni si ritirò a condurre una vita da asceta nel deserto, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.
Giovanni, in segno di purificazione e di ri-nascita, immergeva nelle acque del Giordano coloro che accoglievano la sua parola: dava un Battesimo non solo di pentimento dei peccati ma per un cambio di mentalità e per una trasfigurazione dei cuori.
Il Giordano pertanto è come un grembo materno: il passaggio nell’acqua è un’azione necessaria per entrare nel mondo e per venire alla luce; e il battesimo diventa un’azione necessaria per ri-entrare nel mondo, per ri-nascere a nuova vita e convertirsi.
La conversione non è un mutamento di direzione della palla da biliardo che urta una sponda e pian piano si ferma. Chi compie la conversione non perde forza, non perde pezzi, non perde sé stesso: la conversione (con -vertere) è un volgere verso, è un mutare di direzione (vertere) ma per intero (con), intatto. Convertirsi è assaporare l’avventura della libertà.
Anche i soldati di Erode andavano da lui a chiedergli cosa potevano fare se il loro mestiere era così disgraziato e malvisto dalla popolazione; e Giovanni rispondeva: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno e contentatevi delle vostre paghe”. Molti cominciarono a pensare che egli fosse il Messia tanto atteso, ma Giovanni assicurava loro di essere solo il “Precursore”. E alla delegazione ufficiale, inviatagli dai sommi sacerdoti, disse che egli non era affatto il Messia, aggiungendo “Io sono la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”.
Penso a Giovanni, penso al grembo materno di Elisabetta e di Maria, penso alle acque del Giordano, penso al Battesimo … La maternità è il momento in cui nel grembo cresce qualcuno, si sente ma si avverte appena. Le donne dicono di sentire muovere qualcosa, dicono di sentire trasformarsi qualcosa dentro ma senza aver un riscontro. Tutto è custodito nel silenzio, tutto è un mistero ovattato.
La maternità forse è l’immagine più bella che possa rappresentare al meglio questo periodo d’ Avvento: continuare ad insistere e a credere pur non vedendo, mettersi in attesa perché qualcuno si muove e si trasforma per la nostra salvezza.
E in ogni Avvento non posso non pensare a mia madre che nel giorno del mio coming out era seduta su una poltrona: indossava una vestaglia di quelle come le partorienti nel reparto maternità. Era lì confusa tra le sue lacrime e le mie.
Io ero inginocchiato e tenevo la mia testa tra le sue gambe, e lei mi stringeva sempre più al suo grembo quasi a farmi soffocare, quasi a farmi ritornare dentro il suo grembo per poi ri-mettermi alla luce, per ri-donarmi una nuova vita: un battesimo nelle acque del Giordano, un ri-tornare nelle acque di mia madre e per farmi ri-chiamare con il mio nome, con la mia storia di figlio e uomo.
Quanto siamo pronti a fare deserto dentro di noi per sentire la voce di uno che grida?
Quanto siamo pronti a fare grembo per accogliere l’altro?
Quanto è pronta la nostra Chiesa a rimanere incinta di tutti i suoi figli e di tutte le sue figlie senza abortire alcuno e alcuna?
Buon Avvento