È tempo di fare memoria dell’Olocausto delle persone omosessuali
Articolo pubblicato sul blog L’armari obert (II) (Spagna) il 1 giugno 2019, liberamente tradotto da Federica Porchera, prima parte
“La memoria è un dovere. Lo è per tutti, e soprattutto per noi, che abbiamo avuto la sfortuna, ma anche, in un certo senso, la fortuna di vivere esperienze segnanti. Credo che sia veramente un dovere trasmettere la memoria di tutto ciò che abbiamo vissuto.” (Primo Levi, superstite di Auschwitz)
Il regime nazionalsocialista tedesco perseguitò con estrema durezza gli omosessuali e i transessuali in Germania e nelle zone occupate.
Il triangolo rosa era il simbolo distintivo che tutti gli omosessuali della Germania di Hitler, così come dei territori occupati, erano obbligati a cucire sul bavero della giacca o sui pantaloni. Furono tra 250˙000 e 600˙000 coloro che, per il fatto di essere omosessuali o avere rapporti sessuali con altri uomini, furono perseguitati, castrati o deportati nei campi di concentramento, dove venivano considerati la feccia della feccia. Molti furono mandati al fronte e morirono combattendo in prima linea, altri furono vittima dei maltrattamenti della polizia o delle temibili Sturmabteilung (SA, squadre d’assalto).
Furono circa 15˙000 i deportati che entrarono nei campi di concentramento con il triangolo rosa, e molti altri arrivarono con più di un solo triangolo, subendo quindi maggiori discriminazioni. Molti avevano il triangolo verde, quello dei delinquenti.
Percosse, castrazioni, lavori forzati, iniezioni mortali di morfina, lobotomie erano all’ordine del giorno; il destino dei più giovani era quello di diventare cavie. I suicidi furono numerosi: più del 60%, la percentuale più alta dopo quella degli ebrei.
I sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti hanno ricevuto riconoscimenti pubblici e sono stati ufficialmente dichiarati vittime. Tutti tranne gli omosessuali. Tutte le leggi del regime di Hitler furono abolite, eccetto il famoso Paragrafo 175, che condannava la sodomia. Su quest’ultimo venne lasciata libertà ai Länder, che nella maggior parte dei casi lo mantennero. La RDT (Repubblica Democratica Tedesca), comunista, lo abolì.
La Vereinigung der Verfolgten des Naziregimes (Associazione dei Perseguitati del Regime Nazista) si rifiutò di riconoscere gli omosessuali provenienti dai campi di concentramento. Di conseguenza, vennero loro negati gli indennizzi, non vennero loro dedicati omaggi pubblici o monumenti, e non vennero nemmeno citati a Norimberga. Furono ignorati, e molti di loro perfino perseguitati.
Per i nazisti, le donne dovevano essere degli esseri subordinati, soprattutto in ambito sessuale, e non potevano essere nulla di più che un accessorio degli uomini. La loro funzione era quella di servirli e dare loro piacere e figli.
Molti nazisti non erano in grado di distinguere la differenza tra amicizia tra due donne e amore lesbico, il che rendeva più difficile il compito di individuare le lesbiche “vere”. Il lesbismo venne classificato come problema di Stato, e molte donne vennero perseguite per la cosiddetta “virilizzazione femminile”, soprattutto quelle che non si conformavano al regime nazista.
“Quando le persecuzioni contro i gay si intensificarono, in seguito all’uccisione di Ernst Röhm (il capo delle SA, che era omosessuale), si dibatté sulla possibilità di applicare il Paragrafo 175 anche alle lesbiche. Alla fine si decise di non farlo, sostanzialmente perché sarebbe stato poco pratico: l’ideologia che imponeva un comportamento virile agli uomini e uno fragile ed emotivo alle donne faceva sì che tra queste ultime fossero ritenuti comuni e accettati i gesti di affetto, incluso il contatto fisico, rendendo così difficile distinguere quali costituissero un crimine e quali no.” (1)
Alle lesbiche venne assegnato il triangolo nero, lo stesso delle femministe e delle prostitute. Molte vennero mandate a Ravensbrück, da dove non tornarono mai più; tuttavia, il numero effettivo delle vittime è ignoto.
Nel 2000 si conoscevano meno di dieci ex prigionieri vivi che avevano portato il triangolo rosa. Solo recentemente si è iniziato a considerare le storie di questi uomini: il governo tedesco ha iniziato a riconoscerli nel 2002, quando la maggior parte erano già morti.
Forse la celebre poesia di Martin Niemöller, riportata da Brecht, sarebbe dovuta essere diversa, però l’omosessualità in Germania continuò ad essere vietata e perseguitata. Io la citerei così:
“Un giorno vennero per gli omosessuali
e non dissi niente perché non ero omosessuale.
Poi vennero per i comunisti,
ma stetti zitto perché non ero comunista.
Poi portarono via gli ebrei,
e non dissi niente perché non ero ebreo.
Poi vennero per gli operai,
e non dissi niente perché non ero ne’ operaio ne’ sindacalista.
Poi se la presero con gli zingari,
e non dissi niente perché non ero zingaro.
Portarono via i disabili,
non mi importava, non lo ero.
E quando alla fine vennero per me,
non era rimasto nessuno per protestare.”
In questa serie di articoli vi illustrerò la storia di diversi omosessuali per riflettere su come sia stata la loro vita durante la terribile epoca del nazismo.
Testo originale: MEMORIA DEL HOLOCAUSTO