Il Cristo erotico. E’ tempo di ripensare il peccato e la grazia
Riflessioni teologiche del rev. Patrick S. Cheng* tratte da jesusinlove.blogspot (Stati Uniti), 17 novembre 2010, liberamente tradotte da Andrea D.
Quella del peccato è una questione spinosa per molti, se non moltissimi, fedeli gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (LGBT). È il motivo principale per cui non è loro concesso di partecipare a pieno nella vita della Chiesa, per cui sono esclusi da sacramenti e riti quali il matrimonio omosessuale e l’ordinazione, così come da molti diritti secolari come il matrimonio civile e le leggi anti-discriminazione. L’idea del peccato tormenta le persone LGBT da tenera età: sin da piccoli ci insegnano che gli atti omosessuali sono peccaminosi e che, qualora non ce ne pentissimo e astenessimo, saremo condannati al supplizio eterno dell’inferno.
Il risultato è che molti non riescono a capire cosa in fondo sia la grazia, l’immeritato dono di quello che Dio ha fatto per noi in Gesù Cristo. Se un parte centrale della nostra identità (se non la parte centrale), che corrisponde alla capacità di sperimentare amore e piacere che si fanno carne con un altro essere umano, è considerata intrinsecamente peccaminosa e bisognosa di pentimento e astinenza, allora perché dovremmo preoccuparci della grazia divina? Quale Dio sadico creerebbe le persone in un modo e poi le obbligherebbe a cambiare per raggiungere la salvezza? Non sorprende allora che molta gente LGBT abbia voltato le spalle alla Chiesa e alla religione organizzata.
IL MODELLO GIURIDICO TRADIZIONALE DI PECCATO E GRAZIA
La Chiesa ha sempre parlato di peccato e grazie nei termini giuridici di ciò che è lecito e conforme. Ad esempio, gli atti omosessuali sono considerati peccaminosi perché violano la legge biblica, la legge naturale e/o altre proibizioni divine. Anche se sono solo una manciata i passaggi biblici che affrontano l’argomento (ad esempio Gen 19:15, Lev 18:22, 20:13, Rom 1:24-25, 1Cor 6:9, 1Tim 1:10), vengono ripetutamente citati per “provare” la peccaminosità di questi atti.
E ancora, la Chiesa Cattolica Romana è ricorsa alla legge naturale per sostenere che la sessualità umana debba sempre essere espressa a fini procreativi e che ogni scissione di piacere sessuale e procreazione sia una violazione della legge divina.
Per contrasto la grazia, secondo il tradizionale modello giuridico, viene concepita come il perdono divino per coloro che hanno compiuto atti omosessuali (giustificazione) così come l’assistenza di Dio nell’aiutare queste persone ad astenersi in futuro da tali atti proibiti (santificazione).
In altre parole accettare la grazia divina significa trattenersi da ogni rapporto sessuale senza scopo procreativo, inclusi quindi i rapporti omosessuali. Questo modello giuridico di peccato e grazia presenta diverse criticità. Primo, questo modello limita un messaggio centrale del Nuovo Testamento, che è la giustificazione per sola fede. Individuando il peccato la dove c’è violazione delle leggi eterne di Dio, l’attenzione si sposta inevitabilmente su chi le viola o no. Ciò porta a un’ossessione contro quei gruppi ritenuti peccatori, invece di centrare l’attenzione sulla grazia divina immeritata, che è l’unica cosa che può aiutare ognuno di noi a liberarci dalle catene del peccato originale.
In secondo luogo, la prospettiva giuridica si risolve nell’ossessione per regole precise che definiscano il comportamento retto e quello deviante. Nello specifico prende la forma di discussioni e verifiche su quanto la Bibbia dica “davvero” sui rapporti omosessuali. Pur credendo nell’importanza dell’esegesi biblica, penso anche che un’attenzione ristretta a quello che Dio proibisce o permette nelle Scritture ci allontana dal quadro più ampio del peccato originale e del significato teologico di Gesù nella storia della salvezza. Altrimenti la Bibbia diventa solo un libro di regole, e non la rivelazione della relazione di Dio con (e del suo amore per) l’umanità come Verbo fatto carne.
UNA PROSPETTIVA CRISTLOGICA SU PECCATO E GRAZIA
In alternativa al modello giuridico tradizionale propongo un modello di peccato e grazia che sia cristologico. Secondo questa prospettiva (suggerito dal lavoro di teologi cristocentrici come Bonaventura e Karl Barth) Gesù Cristo è il punto di partenza dal quale ripensare peccato e grazia. Il peccato diventa quindi ciò che si oppone alla grazia di quello che Dio ha fatto per l’umanità in Gesù Cristo. In altre parole il peccato è definito in termini di relazione con Gesù. Non può essere ridotto a una lista della spesa di comandamenti a cui obbedire.
Un modo di guardare il peccato e la grazia da una prospettiva cristologica è quello di concepire il peccato come orgoglio e la grazia come condiscendenza/compiacenza. Considerando Gesù la grazia di Dio discesa dal cielo per la nostra salvezza (condiscendenza) allora il peccato diventa l’ambizione umana a porsi al di sopra di Dio (orgoglio).
I teologi della liberazione lo hanno individuato nel peccato della sottomissione economica e politica degli emarginati. Un altro modo di pensare a peccato e grazia secondo un modello cristologico è concepire il peccato come inerzia e la grazia come esaltazione. Considerando Gesù come la grazia divina che esalta l’umanità nella vittoria della resurrezione (esaltazione), allora il peccato è il rifiuto da parte dell’uomo di elevarsi al livello a cui Dio lo ha chiamato (inerzia). Teologhe femministe e “womaniste”1 individuano questo peccato nella simulazione o nella negazione dell’io. Partendo dalla prospettiva cristologica, propongo cinque sguardi sul peccato e la grazia che nascono dalle esperienze delle persone LGBT:
1. il Cristo Erotico
2. il Cristo Dichiarato
3. il Cristo Liberatore
4. il Cristo Trasgressivo
5. il Cristo Ibrido
Questi cinque modelli utilizzano le esperienze LGBT per illustrare come grazia e peccato si manifestino in un contesto sociale specifico. La mia speranza è che questi modelli possano portare a una discussione più ragionata, contro il silenzio e la reticenza, sul significato di peccato e grazia per le persone LGBT oggi.
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1 Per una definizione di womanism vedi http://www.genderacrossborders.com/2011/03/29/feminism-and-womanism/ ; per uno sguardo sulla womanist theology vedi http://www.aril.org/thomas.htm .
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* “Rethinking Sin and Grace for LGBT People Today” (Ripensare il peccato e la grazia per le persone LGBT oggi) è un testo del Rev. Patrick S. Cheng suddiviso in cinque brevi brani intitolati: il Cristo erotico (il peccato come sfruttamento, la grazia come reciprocità); il Cristo rivelato (il peccato come nascondimento, la grazia del coming out); il Cristo liberatore (il peccato come apatia, la grazia, come attivismo); il Cristo trasgressivo (il peccato come conformità; la grazia come devianza): il Cristo ibrido (il peccato come singolarità, la grazia come ibridità). Articolo tratto dal saggio Sexuality and the Sacred: Sources for Theological Reflection (La sessualità e il sacro: Fonti per la riflessione teologica), a cura di Marvin M. Ellison e Kelly Brown Douglas, editore Westminster John Knox Press, 1994.
Patrick S. Cheng è professore di teologia storica e sistematica presso la Episcopal Divinity School in Cambridge (Massachusetts, Stati Uniti) ed è stato ordinato ministro delle Chiese comunitarie metropolitane (MCC), un denominazione cristiana aperto alle persone LGBT, inoltre collabora alla sezione religione dell’Huffington Post. Vive a Cambridge con il suo compagno, da quasi due decenni, Michael. Il suo sito web è www.patrickcheng.net .
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Testo originale: Rethinking Sin and Grace for LGBT People Today: the Erotic Christ