E’ tempo di riscoprire che anche una affettività “diversa dalla norma” è illuminata dal Vangelo
Testimonianza di Paolo Spina sul V° Forum dei Cristiani LGBT (Albano Laziale, 5-7 ottobre 2018)
Care amiche, cari amici, rendere testimonianza di questo forum italiano dei cristiani lgbt a cui ho partecipato per la prima volta è un compito felice e difficile a un tempo: felice, perché mi consente di cantare a pieni polmoni, respirando l’ossigeno della fede, le “grandi cose che ha fatto il Signore per noi“; difficile, anche, perché non solo è arduo sintetizzare in poche righe le emozioni e il peso specifico di quelle giornate, ma è quasi impossibile trasmettere il valore di un abbraccio, di un sorriso, di una lacrima donata e raccolta nei tanti momenti di condivisione, dove ciascuno si è sentito a casa: giovane o adulto, genitore o figlio, consacrato o battezzato.
Se abbiamo compreso che il nostro orientamento va vissuto con libertà e trasparenza, perché è un dono posto come un seme nel profondo del nostro essere, e ha bisogno della luce del sole per germogliare, ho toccato con mano come tanti possano portare anche qualche ferita, inferta soprattutto da contesti familiari o ecclesiali ancora non del tutto liberi da pregiudizio. Occasioni come quella del forum sono un tempo prezioso di ricarica, fisica e spirituale, per capire di non essere i soli al mondo a vivere un’affettività “diversa dalla norma” e illuminata dal vangelo.
Proprio a chi mi domanda: “Ma ha senso far parte di un gruppo di cristiani lgbt, questi particolarismi sono ancora necessari?“, io rispondo: sì, ne abbiamo ancora bisogno. Se i ministri della Chiesa desiderano realmente condividere il mistero della nostra persona, “uscendo dalla sindrome dell’aggettivo” – come auspicava il vescovo Semeraro – i nostri gruppi devono essere quelle oasi dove poter crescere e portare frutto: non per abbellire una serra, ma per sfamare di bellezza e di sostanza quanti ancora non contemplano tra le possibili vocazioni per una persona lgbt una relazione di coppia o una particolare consacrazione.
Custodirò a lungo il momento inaugurale del forum, quando ci è stato chiesto di scegliere cosa offrire al Signore all’inizio di quel weekend così intenso, portando all’altare un fiore, una foglia o un sasso, simboleggiando una grazia, una consolazione o una difficoltà. Nonostante la mia vita sulla cresta dell’onda e colma di benedizioni, ho scelto un sasso: piccola-grande pietra, come quella posta all’ingresso del sepolcro la sera del venerdì santo, che sbarra l’accesso al seminario a me e a quanti scelgono di essere miti ma risoluti nell’affermare onestamente il proprio orientamento affettivo, senza mentire.
Quanti sorrisi e quante lacrime hanno illuminato e levigato quel sasso, da venerdì a domenica! Poi, mi sono ricordato di quel passo dell’ultimo libro della Scrittura: “Al vincitore darò una pietruzza bianca, sulla quale c’è scritto un nome nuovo” (Apocalisse 2,17). Grazie, Signore, per questo nome che hai impresso nei miei affetti e nel mio spirito, per avermi chiamato alla vita, alla fede e, sì, all’orientamento omosessuale!
Grazie per il dono di tante sorelle e tanti fratelli che riescono a vedere, in me, la tua luce! Grazie per questa pietra, bianca: mi ricorda che è vicina l’alba in cui un giovane, vestito del medesimo colore, mi sorriderà asciugando i miei occhi: Perché cerchi un vivo tra i morti? Non la morte canta la diversità, ma la vita. Anche quella che riconosce modi diversi dallo stereotipo per guardare la terra, amare l’altro, vedere il cielo.