E’ tempo! Ripartiamo dalle veglie per fare nuove tutte le cose
Riflessioni di Paolo del gruppo Narciso e Boccadoro di Rimini/Faenza
Il mio cammino di fede si distingue in due parti: una prima, fino all’età di 20 anni circa, quando diventò insopportabile il conflitto fra la vita di parrocchia e la mia omosessualità, da tenere nascosta, di cui doversi vergognare. Non mi interessai più della vita ecclesiale, coltivandola solo in maniera privata e personale. Le presenze saltuarie in chiesa erano solo in occasione di eventi famigliari, feste, matrimoni, funerali.
Poi un incontro, con colui che è fino ad oggi il mio compagno di vita. Con lui ho potuto scoprire spazi di accoglienza nella chiesa e poter proseguire il cammino di fede. La mia vita da allora è cambiata.
Mi sono sentito accolto, non solo in ambito religioso ma anche nella vita sociale. Assieme siamo entrati a far parte del gruppo locale di omosessuali credenti, Narciso e Boccadoro, grazie al quale abbiamo potuto trovare una maggior autenticità della fede e abbiamo conosciuto molte persone – anche in altre chiese oltre alla cattolica – che ci hanno aiutato ad aprire lo sguardo sulla fede cristiana.
Questo ha favorito anche una maggior serenità e visibilità della nostra coppia nella famiglia e nella società.
Quando nel 2007 il gruppo Kairos di Firenze estese a tutti i gruppi l’invito a pregare per le vittime dell’omofobia, in occasione del suicidio di Matteo, studente di Torino, anche il nostro gruppo aderì volentieri.
Si poté così avere un momento di celebrazione, di solennità, anche per noi omosessuali, visto che per noi non esiste alcun tipo di celebrazione (sia civile, sia religiosa), una liturgia che ci coinvolgeva personalmente, seppur nel ricordo del dolore e della morte subita da parte di altri omosessuali e transessuali.
Diventò poi un’occasione per poter venire maggiormente allo scoperto, farci conoscere, invitare anche le altre persone, eterosessuali, a partecipare e condividere i nostri temi. In questo, noi siamo stati favoriti dal fatto che il gruppo è ospitato dalla comunità valdese di Rimini, che ci ha accolti senza le preclusioni o limitazioni che si incontrano di solito nell’ipertimoroso ambiente cattolico.
Alle nostre veglie hanno partecipato anche eterosessuali, e cattolici, che ci conoscono personalmente e ci stimano. Tramite le nostre frequentazioni, ad esempio il gruppo emiliano-romagnolo di Noi Siamo Chiesa, abbiamo potuto ripetere questa celebrazione in casa cattolica, a Bologna.
Ho notato che, grazie a questi incontri di preghiera, un maggior numero di persone non omosessuali e non facenti parte dei nostri gruppi si sono coinvolte in prima persona nella preparazione, e hanno testimoniato il messaggio positivo, che cioè è possibile superare gli stereotipi ed accogliere le persone con diverso orientamento sessuale o in transizione di genere.
Certo, non è sufficiente partecipare ad una veglia di preghiera perché il cambiamento magicamente si realizzi, ci vuole anche costanza e presenza degli uni (omosessuali e transessuali) con gli altri (eterosessuali) e l’integrazione incomincia a farsi strada. Noi l’abbiamo potuto constatare. Però il momento di preghiera facilita molto questo incontro.
Quest’anno a Rimini, come avviene già da qualche anno, il ricordo delle vittime di omofobia e transfobia è incluso nel culto domenicale valdese (Domenica 2 giugno, Chiesa evangelica valdese in viale trento 31, ore 10:30).
Si tratta di una celebrazione di afflato ecumenico, a cui vorremmo partecipassero anche i cattolici, almeno quelli che già si pongono la questione del superamento della violenza e della discriminazione.