Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo (Giovanni 2,13-25)
Riflessioni di Stanislao Calati*, docente di Antico Testamento
I segni che Gesù compie nel Vangelo di Giovanni rivelano la sua divina autorità e chi egli sia: fan nascere e confermano la fede dei discepoli, ma induriscono il cuore dei suoi avversari, che, anche di fronte all’evidenza, chiudono gli occhi. Gesù si lamenta (cfr. Gv 4:43-54) con l’ufficiale, che gli chiede di guarire il figlio in grave pericolo di vita: Se non vedete segni e prodigi, voi non credete; senza muoversi da lì, tuttavia, e con la sola forza della sua parola compie il miracolo: Tuo figlio vive.
La prodigiosa guarigione fa sì che quell’ufficiale e tutti i suoi credano, ma non è già fede quella per cui egli si rivolge a Gesù, supplicandolo: Signore, scendi prima che il mio bambino muoia… ? E’ una fede nata di certo dalla disperazione, ma, proprio disperando di tutto, si trovano il coraggio e la forza di fare il salto nel “buio della fede”.
Anche la nostra fede, messa talvolta alla prova dalla vita, ha bisogno di segni che ci rassicurino: Dio c’è, mi ascolta e interviene a salvarmi e a liberarmi … e poi? Se la fede non è autentica, presto o tardi l’entusiasmo vien meno: c’è bisogno di altre, continue conferme per mantenerla viva, quasi ci si dimenticasse di quanto Dio ha già fatto per noi, quando ci siamo affidati a lui, disperando di noi.
Si può arrivare anche a non riconoscere più la mano di Dio e ad attribuire alla fortuna, ad un caso favorevole, la nostra salvezza, si cadendo, così, nell’ingratitudine. La Bibbia attribuisce alla memoria grande importanza: la fede deve radicarsi nello spessore della storia, nell’esperienza collettiva e personale: la riconoscente memoria del bene ricevuto in passato conferma la fede e vivifica la speranza, fiduciosa apertura all’intervento misericordioso di Dio.
Vangelo di Giovanni 2,13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
.
* Stanislao Calati è docente di Antico Testamento nel corso biblico teologico per la formazione di insegnanti di religione evangelica della Chiesa Evangelica Riformata del Canton Ticino.