Elisabetta d’Austria, vita e morte di un’imperatrice ribelle
Articolo di Lavinia Capogna
Il 10 settembre 1898 a Ginevra sulla rive del Lac Léman, un mattino limpido nell’aria azzurra e cristallina della Svizzera. Due eleganti e riservate signore straniere si stavano avvicinando all’imbarcadero sul lungolago per prendere un traghetto e raggiungere una piccola località vicina quando improvvisamente un uomo sui venticinque anni, con i capelli corti, i baffi e un’aria poco raccomandabile, con un mazzo di fiori tra le mani, scontrò violentemente una delle due signore.
Dopo lo sconcerto iniziale Elisabetta disse che non si era fatta nulla ma appena salita sul traghetto svenne. Alcune persone riuscirono a fermare il fuggiasco che venne condotto al commissariato con l’accusa di aver ferito la donna.
Portata nel suo albergo la donna morí poco dopo: lo sconosciuto l’aveva pugnalata con una lima nascosta nel mazzo di fiori procurandole un’emorragia al cuore.
La contessa von Hohenembs, che aveva allora 60 anni, e che alloggiava all’Hôtel Beau Rivage con un’amica, era arrivata a fine agosto a Ginevra e la sua vera identità era stata ben presto scoperta dai giornalisti che avevano pubblicato sulle gazzette locali la notizia che Elisabetta D’Austria (Elisabeth), moglie dell’imperatore Francesco Giuseppe (Franz Joseph), soggiornava all’Hotel Beau Rivage.
Enrico Lucheni, un italiano nato a Parigi, che si dichiarava anarchico ma che non faceva parte di nessun gruppo politico organizzato e che viveva di lavoretti occasionali, aveva letto qualche giorno prima che il principe di Orléans sarebbe stato a Ginevra ed aveva progettato di ucciderlo ma il principe non era arrivato.
Lucheni aveva allora letto casualmente che Elisabetta si trovava a Ginevra ed aveva deciso di assassinare lei perché – come dichiarò – era l’imperatrice d’Austria.
Così Elisabetta morì solo perché un criminale che non faceva parte di nessun gruppo politico lesse un giornale e un principe francese rinunciò ad un viaggio.
Tutti i dirigenti anarchici e socialisti (che erano e sono due ideologie molto diverse anche se spesso sono state confuse), liberali e repubblicani deplorarono l’omicidio.
Lucheni venne condannato all’ergastolo ma nel 1910 si sarebbe, sembra, suicidato in carcere.
L’impero austriaco e il suo imperatore Francesco Giuseppe non erano certamente amati da parte degli italiani (ci vollero ben tre guerre d’indipendenza per liberare la Lombardia e il Veneto dall’invasione austriaca iniziata nel 1705, eccetto la parentesi in cui Napoleone aveva regnato sul nord Italia, e molto di più per riottenere Trieste) ma nessuno ce l’aveva in modo particolare con Elisabetta d’Austria, una imperatrice riservata e che anzi si era interessata alla causa libertaria dell’Ungheria, allora occupata dagli austriaci riuscendo a raggiungere importanti risultati.
Francesco Giuseppe con i suoi favoriti, i baffi e le sue divise ornate di medaglie e spalline viene oggi ricordato sopratutto come marito di lei Elisabetta, dal soprannome Sisi mutato in Sissi, che ha sempre suscitato un grande interesse e fascino nel nostro paese e non solo.
Le sono stati dedicati alcuni film interpretati dalla bellissima Romy Schneider da quelli edulcorati realizzati in Austria negli anni ’50 allo splendido “Ludwig” di Luchino Visconti e poi altri fino alla attuale serie TV.
Le sono state dedicate anche biografie più o meno realistiche o romanzate e per quanto si possa studiare la sua vita (anche la migliore delle biografie non è che un frammento della vita di qualcuno) appare come una donna moderna, inquieta e ribelle.
Elisabetta era nata nel 1837 in Germania ed apparteneva alla famiglia reale della Baviera, i Wittelsbach.
Parlando in generale si diceva che fossero personaggi stravaganti e suo cugino Ludwig era il principe di Baviera. Bello, inquieto sognatore, innamorato della musica di Richard Wagner (il quale insieme alla moglie Cosima gli fece svuotare le casse dello stato per pagare tutti i suoi debiti nonché per le rappresentazioni musicali), di fiabeschi castelli, nemico della politica aggressiva e guerrafondaia del cancelliere Otto von Bismarck, gay e platonicamente innamorato della cugina Elisabetta, avrebbe fatto anch’egli una tragica e controversa fine che sarebbe stata molto ben descritta nel romanzo “Finestre con le sbarre” di Klaus Mann.
Nel 1854, a soli 16 anni, Elisabetta accettò la proposta di matrimonio di Francesco Giuseppe, ventitrenne erede al trono d’Austria.
Bella e vivace Elisabetta era cresciuta in un ambiente familiare liberale ed affabile ma le cose cambiarono bruscamente quando giunse, dopo il fastosissimo matrimonio, alla corte di Vienna.
La corte era rigida, aveva una etichetta inflessibile, una impostazione quasi settecentesca cattolica integralista e Francesco Giuseppe era dominato da una madre autoritaria.
Il cancelliere Matternich, che tanta parte ebbe nella Restaurazione reazionaria del 1815 dopo la sconfitta di Napoleone, era il cancelliere di ferro che da Vienna organizzava strategie politiche e violente repressioni in mezza Europa.
Fin da subito la giovanissima principessa tedesca fu allergica sia alla rigida etichetta, nonché alla suocera e sembra che la sua vita coniugale fosse infelice.
Ebbe nostalgia degli amati genitori e della sua vita di adolescente.
Pochissimo tempo dopo il suo matrimonio iniziò ad avere sintomi ansiosi, probabilmente si rese conto che il palazzo reale di Vienna era una prigione per quanto dorata.
Francesco Giuseppe fu innamorato della moglie, ma i loro interessi erano molto diversi.
Ebbero quattro figli ma ben tre ebbero una tragica sorte: una bambina, Gisella, morì da piccola, il che diede un immenso dolore ai genitori; il figlio Massimiliano, diventato re del Messico, venne fucilato dai rivoluzionari a 34 anni; il bel Rodolfo, vulnerabile, dipendente dalla morfina e contrario alle idee reazionarie del padre, morì nel ‘dramma di Mayerling’ nel 1889 a soli trent’anni, probabilmente il più noto episodio di cronaca nera del secolo, insieme alla giovane amica o amante polacca diciassette Maria Vetsera.
Il dramma di Mayerling venne catalogato come un doppio suicidio ma appare, alla luce di recenti studi, sempre più come un probabile doppio omicidio da parte di ignoti, cioè Rodolfo e Maria sarebbero stati uccisi. Se ciò non fosse accaduto egli sarebbe diventato il futuro imperatore.
Solo la figlia Maria Valeria visse a lungo.
Questi eventi tragici sarebbero bastati a distruggere qualsiasi madre.
Fin da giovane Elisabetta si ammalò di tubercolosi ma ciò le diede anche la possibilità di sfuggire alla corte trasferendosi per un lungo periodo nell’isola spagnola di Madeira. Nonostante allora non esistesse nessuna medicina che potesse curare la tubercolosi, che era anche chiamata “il male del secolo”, ella si riprese ed incominciò una vita nuova di viaggi e di soggiorni sempre più saltuari a Vienna. Viaggiò a Corfù, a Merano, in Irlanda – il che fece sperare agli irlandesi in un miglioramento delle loro vite e creò un incidente diplomatico tra la famiglia reale inglese e quella austriaca che erano imparentate fra di loro.
I suoi “Diari” hanno dimostrato come lei deplorasse la situazione in cui si trovavano sia gli ungheresi, sia gli italiani e la politica del marito.
Elisabetta appoggiò anche la lunga relazione extra coniugale di suo marito con una famosa attrice teatrale.
Ma quali furono gli elementi che attirarono verso Elisabetta forti critiche nell’ambiente reale e non solo?
Innanzitutto la sua noncuranza verso l’etichetta, abolì il fatto che servitori o chiunque altro uscendo dalla sua stanza dovesse camminare all’indietro per non voltarle le spalle (non si possono dare le spalle ad una imperatrice) nonché altre formalità, poi si interessò molto all’alimentazione tanto da stendere da sola una sua dieta personale composta da molto latte, uova e kefir (qualcuno ha fatto l’ipotesi che potrebbe aver avuto disturbi alimentari perché era alta 1,75 e pesava solamente 50 kg), una estrema attenzione al suo aspetto fisico, una grande passione per attività fisiche tra cui lunghissime passeggiate ed esercizi ginnici (una cosa rara allora), scherma ed equitazione, ed infine il fatto di scrivere delle poesie, un interesse verso la parapsicologia, allora diventata un serio ambito di studi grazie ad Allan Kardec, nonché l’amicizia con un aristocratico ungherese, il conte Andreasy, di idee liberali che venne sospettato, senza prove storiche, di essere un suo amore.
In tempi più recenti Elisabetta è diventata un’icona gay. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi, che ha qualche appiglio storico, che potesse essere stata lesbica e che con Ida Ferenczy, sua dama di compagnia ungherese, che era con lei a Ginevra quel maledetto giorno del 1898, ed altre due dame ungheresi, Marie Festetics e Irma Sztáray, ci possano essere stati affetti più profondi di quelli tra una imperatrice e le sue dame di compagnia.
Tutto ciò rende Elisabetta molto più moderna della maggioranza delle donne del suo secolo. Se Flaubert ha splendidamente descritto tanto minuziosamente in “Madame Bovary” quanto potesse essere noiosa la vita di una donna borghese relegata in una città di provincia che desidera una vita diversa, si può solo vagamente immaginare quale possa essere stata la vita di una imperatrice che sognava di essere una donna libera e misconosciuta.
Tuttavia Elisabetta fu anche determinata, come rivela una lettera che nel 1865 scrisse al marito, esausta delle continue interferenze, in cui giustamente reclamava “assoluti e pieni poteri sulla educazione dei figli fino alla loro maggiore età,” e di poter “decidere, senza dover rendere conto a nessuno di cosa faccio, dove vado e la massima autonomia su tutte le faccende che mi riguardano”.
Bisogna però dire che anche suo marito, Francesco Giuseppe, va compatito perché nonostante la sua deprecabile politica (tutta la storia del Risorgimento italiano è la storia della lotta per liberare il Lombardo Veneto – e il regno delle Due Sicilie – e persino un libro tanto mansueto come “Le mie prigioni” di quel galantuomo e bibliotecario piemontese che fu Silvio Pellico venne proibito in Austria) fu vittima anch’egli di un sciagurato destino familiare.
Suo nipote, Francesco Ferdinando, che divenne il nuovo imperatore d’Austria, sarebbe stato ucciso in un attentato a Sarajevo nella ex Jugoslavia dal giovane Gavril Princip nel 1914.
Fu la scintilla che avrebbe fatto esplodere la Prima Guerra Mondiale che covava da tempo tra contrasti dinastici e territoriali, nazionalistici ed economici.
In quella terribile guerra, che sarebbe costata ben 37 milioni di morti e 20 milioni di feriti e mutilati, si sarebbe anche dissolto l’Impero austriaco.