Maria, compagna di cammino (Luca 1,26-38 Matteo 1,18-25)
Restituzione* a cura di Mariella Colosimo dell’incontro di riflessione biblica del gruppo PAROLA… E PAROLE** del 10 dicembre 2024
Abbiamo ascoltato questo brano tante volte, è un po’ come trovarsi di fronte ad un quadro, sono innumerevoli infatti i dipinti che ritraggono questa scena… l’Annunciazione, vari stili, vari colori, diversa l’intensità, ma il messaggio è sempre lo stesso: la fanciulla di Nazareth è l’incarnazione della docilità e della remissività alla suprema volontà divina.
A me, cristiana con la tendenza ad essere un po’ ribelle, abituata a voler ragionare con la propria testa al di là dei dogmi, vengono in mente altre riflessioni…
La prima è il modo assolutamente anticonvenzionale in cui il figlio di Dio viene al mondo: Maria è una giovane fanciulla promessa in sposa (quindi non ancora sposata) che di punto in bianco si trova faccia a faccia con il trascendente. Maria di fronte a ciò mostra un turbamento, infatti la risposta dell’angelo è “Non temere”… Quindi Maria ha paura, è piccola, non sa cosa sta succedendo.
Il brano di Luca, saltando ogni possibile tentennamento, timore, dubbio da parte della futura Madre di Dio, va alla conclusione, cioè al suo sì, sempre interpretato come segno di affidamento e di obbedienza.
Io credo che l’annunciazione, più che un’esperienza mistica, sia stata un terremoto nella vita di questa fanciulla. Avere un figlio senza essere sposata voleva dire lapidazione certa. L’annuncio dell’angelo ribalta la sua vita per sempre. Il suo sì è una scelta di coraggio e non di obbedienza cieca.
In un libro di Susanna Tamaro intitolato “Ogni angelo è tremendo” la scrittrice riferendo di angeli che portano notizie li intende non come serafici cherubini ma come guerrieri portatori di annunci sconvolgenti.
La famiglia di Gesù comincia così, in modo assolutamente alternativo e Maria ha salva la sua vita solo grazie alla bontà di Giuseppe che, generosamente, mostrando una personalità inclusiva molto rara a quei tempi decide, per il grande amore che ha per lei, di ripudiarla in segreto. Ed ecco di nuovo l’angelo questa volta da Giuseppe in sogno, anche lui accetta.
Due scelte coraggiose, non convenzionali, alternative: una donna e un uomo timorati di Dio e obbedienti? Sicuramente sì. Ma anche una coppia che ha il coraggio di “far saltare il tavolo” rovesciando tutte le convenzioni della società in cui vivevano.
Michela Murgia scrive in “Ave Mary”: “Non c’è nulla di convenzionale in tutto ciò, ma solo determinazione di essere protagonisti della propria vita, una ragazzina e un uomo maturo che, con coraggio, si mettono in cammino per percorrere una strada per nulla chiara.
Così nasce Dio, nella fatica di dire di sì senza avere paura della vergogna e di ciò che dice la gente”.
Il nostro “angelo tremendo” è arrivato in un pomeriggio di giugno 2012 quando mio figlio di 23 anni ha fatto il suo coming out. In un momento tutte le nostre certezze sono saltate e il turbamento è stato grande.
Lo “schema” della nostra famiglia è andato di colpo in pezzi e anche noi siamo andati in pezzi, nel corpo, nell’anima e nella psiche… Un terremoto assoluto.
Oggi, dopo più di 12 anni da quel giorno possiamo dire che quell’annuncio che sembrava tremendo ci ha cambiato la vita, rendendoci persone migliori, ci ha fatto superare i pregiudizi, le convenzioni, le ottusità mentali, le chiusure a ciò che non si era messo in conto e ci ha fatto superare anche il catechismo, o almeno alcune sue parti, e la cieca obbedienza alla Chiesa.
Quando circa 8 anni dopo, anche il nostro figlio maggiore ha fatto il suo coming out è stato tutto facile: sono stati solo abbracci, sorrisi e il nostro commento pieno di gioia è stato: “Finalmente che lo hai detto!”.
Ora ci sentiamo persone scelte per portare al mondo una parola diversa, per testimoniare questa realtà così come è. Ci siamo messi in cammino e, grazie a questo gruppo, abbiamo conosciuto altre persone che vivono situazioni simili alla nostra. Ci sentiamo bene e non potremmo immaginare i nostri figli diversi da quelli che sono.
Ora, come Maria, possiamo dire “Eccomi, si faccia di me secondo la tua volontà!”.
Io che mi chiamo Giuseppe sono doppiamente interpellato nella condivisione di questa sera sui brani del vangelo che abbiamo scelto.
Come il mio patrono e anche come padre, in particolare dopo il coming out del primo figlio, mi sono trovato coinvolto in una situazione che non mi aspettavo. Non è stato facile superare tutti i condizionamenti che mi ero creato. Il progetto del mio futuro era stravolto e il Signore voleva alzare l’asticella per farmi saltare più in alto.
È comunque bastato poco tempo per amare mio figlio così come era e ancor più di prima.
Al coming out del secondo figlio poi è stato tutto più semplice e sono riuscito subito ad accoglierlo.
Proprio sull’accoglienza ho trovato molto significativa una parte della lettera apostolica di papa Francesco (Patris corde) scritta in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale. Riporto una breve parte del capitolo 4 che ci aiuterà nella riflessione di stasera.
“4. Padre nell’accoglienza: Giuseppe accoglie Maria senza mettere condizioni preventive. Si fida delle parole dell’Angelo. «La nobiltà del suo cuore gli fa subordinare alla carità quanto ha imparato per legge; e oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio».
Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia. Se non ci riconciliamo con la nostra storia, non riusciremo nemmeno a fare un passo successivo, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e delle conseguenti delusioni.
La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie. Solo a partire da questa accoglienza, da questa riconciliazione, si può anche intuire una storia più grande, un significato più profondo”.
Dopo anni credo che la reazione che ho avuto al momento del coming out non l’avrei più. Ci ha salvato l’amore che abbiamo per i nostri figli.
Le impressioni che abbiamo avuto davanti al coming out dei nostri figli, a volte aspettato a volte inaspettato, si somigliano però un po’ tutte: terremoto all’inizio, ma poi l’amore per i nostri figli ha vinto, incoraggiati da questo e dalla nostra fede piano piano abbiamo superato e ora vediamo le cose con occhi diversi.
Stiamo scoprendo oggi la fanciulla di Nazareth che si trova a vivere una storia più grande di lei, abbiamo fatto scendere Maria dagli altari. Questa Maria la sento vicina, la Maria vergine e madre, proposta come modello ed esempio alle donne, è inimitabile: nessuna donna può identificarsi in lei.
Ma sapeva davvero tutto fin dall’inizio Maria perché l’angelo glielo aveva rivelato? E allora perché, come racconta il Vangelo di Marco, era andata, insieme ai fratelli e le sorelle di Gesù, a riprenderselo, credendolo pazzo?
I Vangeli dell’infanzia che raccontano l’annunciazione e la nascita di Gesù non sono storici, non raccontano la cronaca dei fatti, eppure dicono qualcosa di vero. Luca e Matteo non sapevano come era nato Gesù, conoscevano però la sua vita e sapevano come era morto. Si immaginano così una nascita che somigli alla sua vita. Sono allora persone emarginate, come i pastori, ad accoglierlo, e un potente a perseguitarlo per ucciderlo
L’Eccomi di Maria, che appare così convinto in risposta all’annuncio dell’angelo, non sarà stato così facile da pronunciare per lei nella sua vita.
Gesù è stato un incompreso anche nella sua famiglia, che lo ha preso per pazzo e ha temuto forse che le sue cattive frequentazioni potessero infangare il buon nome dell’intera famiglia. Perciò si opposero, più o meno consapevolmente, alla sua missione. Anche la madre lo ostacolò. Neanche lei capì, non subito.
Forse Maria intravide sulla strada di Gesù l’ombra della croce. Come poteva lasciarlo andare? Come poteva non tentare di fermarlo?
Quel suo Eccomi ha richiesto tempo per venir fuori, ha dovuto fare i conti con quella morte terribile toccata al figlio: è con lui Maria ai piedi della croce – ci racconta il Vangelo di Giovanni – a condividere con Gesù il dolore, l’umiliazione, lo scandalo della croce. Non è più tempo per buoni consigli e inviti alla prudenza… Ogni resistenza cade e, dopo la morte di Gesù, Maria diventerà sua discepola. Allora il suo Eccomi sarà pieno.
Maria, sorella e compagna di cammino, nelle difficoltà che ogni giorno incontriamo a capire i nostri figli e le nostre figlie, ad accettarli per come sono, senza intrappolarli nelle nostre aspettative su di loro, a lasciarli andare per la strada che scelgono di percorrere. Una storia, la sua, così vicina a quella di tante madri che vivono il rifiuto dei propri figli e delle proprie figlie da parte della società e della Chiesa. Alla storia delle madri di persone LGBT che, dopo il coming out, fanno fatica a capire, sono schiacciate dalla vergogna e temono per la vita dei loro figli. Sarà capitato anche a Maria, come a loro, di chiedersi: dove ho sbagliato?
Ma su quel cammino impervio potrà capitare, come a Maria, di sentirsi toccate dal soffio dello Spirito Santo, che si prende la libertà di non chiedere permesso a nessuna istituzione e “come il vento soffia dove vuole e non sai né da dove viene né dove va”, in cerca di pietre scartate, per far nascere di nuovo la vita e la speranza. Un cammino in cui riscoprire una fede liberante e incontrare, insieme a Maria, il Dio del Magnificat, che “rovescia i potenti dai loro troni e gli umili innalza”.
L’angelo annuncia a Maria grandezza, ma la storia di Gesù è diversa, sembra andare in un’altra direzione. Eppure nell’annuncio c’è già tutto. Siamo noi che non riconosciamo e non vogliamo capire il progetto di Dio sui nostri figli, ma quel progetto c’è.
Questa giovinetta penso che non abbia capito subito, ma c’è una Maria, quella delle nozze di Cana, che aveva capito quello che Gesù poteva fare, mentre gli altri non l’avevano capito.
I nostri figli realizzeranno non il nostro, ma il progetto di Dio su di loro.
Maria si affida perché ciò che le annuncia l’angelo è una cosa troppo grande. Vale anche per noi: solo facendoci portare per mano da Dio possiamo accogliere quei figli che Dio ha voluto così. “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa” – leggiamo nel brano di Matteo – anche noi abbiamo preso con noi i nostri figli, li abbiamo accolti, li abbiamo fatti sentire a casa, perché in loro si potesse esprimere il progetto di Dio. Che i nostri figli, come tutti i figli, vengano dall’amore di Dio noi lo sappiamo, la Chiesa no.
“Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. Quelle parole del testo di Luca mettono Maria su un altro piano, creano distanza tra lei e le altre donne: a lei è toccato di essere piena di grazia, ma a chi questo non tocca?
Maria, che è al limite dell’accettazione sociale, è scelta, come lo sono altre donne nella Bibbia, accomunate dall’irregolarità del loro stato nei confronti della norma sociale: prostitute, donne sterili, straniere. Tra loro c’è Maria, una ragazza incinta, la cui gravidanza, fuori dal matrimonio, lascia dubbi ed espone a pesanti giudizi nella società del suo tempo.
È attraverso di loro che Dio compie i suoi prodigi. Una grazia che illumina chi è messo in ombra, mette al centro chi è schiacciato ai margini, ma al tempo stesso non semplifica la vita, non offre scorciatoie.
La grazia di Dio non ha semplificato la vita di Maria, e forse solo dopo aver vissuto quell’esperienza durissima, che mai si sarebbe scelta, Maria ha potuto rileggere quello che in lei era avvenuto come grazia di Dio.
Luca 1,26-38
Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.
Matteo 1,18-25
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
*La restituzione è una sorta di resoconto di quanto è stato detto nel corso dell’incontro. Come in un collage, sono messi insieme frammenti significativi degli interventi dei singoli partecipanti, parole e pensieri espressi da ciascuno e ciascuna.
** PAROLA… E PAROLE è un gruppo di incontro esperienziale cristiano per genitori di persone LGBT e genitori LGBT di Roma. Ci incontriamo per percorrere e tracciare insieme il cammino verso una società ed una chiesa inclusive, dove nessuno sia messo ai margini. Lo facciamo seguendo le orme di quel Gesù di Nazareth, che, sulle strade della Palestina, ha condiviso la sua vita con gli esclusi e le escluse del suo tempo. Ci incontriamo una volta al mese, normalmente il primo venerdì, alle ore 20 presso un locale attiguo alla chiesa di Sant’Ignazio. Coloro che sono interessati, possono contattarci a questi recapiti: Alessandra Bialetti cell. 346 221 4143 – alessandra.bialetti@gmail.com; Dea Santonico cell.338 629 8894 – dea.santonico@gmail.com