La fatica del coming out all’interno di una famiglia evangelica
Research by Grace Pappas (School of Social Work, Portland State University, USA) published in the scientific journal LGBTQ+ Family: An Interdisciplinary Journal, volume 20, number 4, year 2024, pp. 321–335, freely translated by the Gionata Project volunteers
Many studies have analyzed the identity construction process of LGBTQ+ people, focusing on the experience of declaring one's identity to others, through "coming out". This moment represents a particularly complex challenge for those who come from Christian families, where traditional values can conflict with the identity of a homosexual or transgender person.
In questo studio, ho analizzato le sfumature delle relazioni tra persone LGBTQ+ e i loro genitori evangelici. Ho condotto interviste qualitative con nove partecipanti e, utilizzando l’analisi tematica e la teoria dell’affetto di Sara Ahmed (in particolare il concetto di “oggetti felici”), ho identificato quattro temi principali:
- Apprendere il carico emotivo legato all’essere LGBTQ+.
- Sentire gli effetti emotivi associati a questa identità.
- L’influenza delle opinioni genitoriali sulle relazioni tra genitori e figli.
- Essere percepiti come “guastafeste” all’interno della famiglia.
Sebbene siano noti i numerosi ostacoli che le persone LGBTQ+ devono affrontare, questa ricerca vuole sottolineare l’importanza di conoscere i sistemi e le strutture che generano queste difficoltà, piuttosto che perpetuare l’idea che essere una persona LGBTQ+ sia un problema.
I risultati della ricerca mostrano che non sono solo le azioni di accettazione o di rifiuto dei genitori a causare delle difficoltà, ma anche le convinzioni trasmesse alle persone secondo cui essere una persona LGBTQ+ è “sbagliato”. Queste idee, spesso radicate in una visione religiosa conservatrice, influenzano profondamente il benessere emotivo delle persone coinvolte.
Il National Coming Out Day: un giorno simbolico con molteplici significati
Dal 1988, negli Stati Uniti si celebra l’11 ottobre il National Coming Out Day, una giornata dedicata alla consapevolezza sull’importanza del coming out. Il logo della giornata, creato dall’artista Keith Haring, raffigura una figura androgina gialla che salta fuori con entusiasmo da una porta arancione, simbolo dell’“uscire dall’armadio”, verso una stanza dai colori accesi. Il messaggio visivo trasmette gioia, entusiasmo e liberazione.
Tuttavia, per molte persone LGBTQ+, il coming out non è solo un momento di celebrazione. Per quanto possa rappresentare un’affermazione di amore e autenticità, spesso è accompagnato da ansie e timori profondi, specialmente in contesti familiari religiosi. Dichiarare la propria identità può essere percepito come una rottura con le aspettative familiari, e talvolta con le norme sociali e religiose.
Il coming out e le relazioni familiari
Il coming out è un passaggio cruciale per molte persone LGBTQ+. Esso comprende sia il riconoscimento della propria identità, sia la sua condivisione con gli altri, in particolare con i genitori. Gli studi hanno dimostrato che le risposte genitoriali possono avere un impatto significativo sul benessere mentale e fisico, specialmente nei giovani LGBTQ+.
I genitori possono reagire in modi molto diversi: alcuni accettano e sostengono apertamente i figli, migliorando il rapporto familiare; altri reagiscono con rifiuto o distanza, causando una rottura nelle relazioni. Alcuni studi suggeriscono che il genere del genitore influenzi l’esperienza del coming out: i giovani tendono a confidarsi più facilmente con le madri, considerate più empatiche o curiose rispetto ai padri.
Anche l’età del coming out è significativa. Le generazioni più giovani tendono a dichiararsi prima rispetto al passato, grazie a una maggiore visibilità e accettazione sociale delle identità LGBTQ+. Tuttavia, il contesto culturale e religioso continua a giocare un ruolo determinante: le famiglie religiose, in particolare quelle evangeliche, possono rappresentare un ambiente di particolare sfida.
Le influenze della religione
La religione gioca un ruolo fondamentale nel determinare come le persone LGBTQ+ vivono e percepiscono il coming out. Le tradizioni religiose più conservatrici nell’ambito evangelico spesso trasmettono l’idea che essere LGBTQ+ sia un peccato o una deviazione morale. Questa convinzione può portare al rifiuto da parte dei genitori e impedire ai figli di dichiararsi apertamente.
D’altra parte, alcuni genitori, dopo il coming out dei figli, riconsiderano le proprie convinzioni religiose, arrivando a trovare un equilibrio tra fede e accettazione.
Anche per le persone LGBTQ+, vivere l’identità sessuale e la fede religiosa può rappresentare una sfida, con il rischio di perdere i rapporti con la loro comunità di fede o la vicinanza con Dio.
Metodologia
Questo studio è basato su interviste qualitative condotte con nove adulti LGBTQ+ cresciuti in famiglie evangeliche. Le interviste, della durata di circa 45 minuti, hanno esplorato temi come il rapporto con i genitori, le credenze religiose familiari e l’impatto di queste sul coming out e sulle relazioni familiari.
Le risposte sono state analizzate utilizzando la teoria degli affetti di Sara Ahmed, che esplora come le emozioni siano legate ai valori attribuiti agli oggetti o alle idee. Questo approccio ha permesso di identificare le dinamiche emotive e relazionali vissute dai partecipanti, portando alla definizione dei quattro temi principali.
I RISULTATI
Imparare il carico emotivo associato all’essere LGBTQ+
Fin dall’infanzia, molti partecipanti hanno percepito che l’essere LGBTQ+ fosse associato a qualcosa di sbagliato o negativo. Per esempio, Eli ha raccontato un episodio in cui, durante una parata, aveva ammirato delle drag queen, ma la madre lo aveva corretto dicendo: “Non guardarle“.
Questo tipo di interazioni ha insegnato ai partecipanti a percepire la loro identità attraverso il filtro delle reazioni altrui, piuttosto che tramite i propri sentimenti.
Sperimentare gli effetti emotivi dell’identità LGBTQ+
Many participants described how the fear of being rejected or judged affected their self-esteem and emotional well-being. Lydia, who had not yet come out to her parents, says:
"I'd rather live with this and let them think they know me completely, even if they don't. This causes me pain, but I can tolerate it if it means they will continue to see me as a whole person."
How parents' opinions influence family relationships
Parental reactions to being LGBTQ+ often determine the quality of future relationships. Some parents have forced a choice: accept their vision or lose the family bond. River said:
“My parents told me, 'You can be a lesbian or our daughter, but you can't be both.'”
Being perceived as a “killjoy”
Many participants reported feeling guilty for upsetting the family balance simply by declaring their identity. Edie explained:
"They make you feel like you're hurting someone just by trying to be who you are. As if they would rather you were someone else to make them happy.”
Conclusions
This study highlights how being LGBTQ+ is not in itself a source of pain, but becomes so due to the beliefs and reactions of the people around us. To promote more inclusive family relationships, it is necessary to intervene not only on support for LGBTQ+ people, but also on the religious and cultural beliefs that perpetuate stigma towards them.
Original text: Exploring Affective Experiences of Queer Individuals Navigating Relationships with Evangelical Parents