Viaggio tra cattolici LGBT+ in Cina: la missione di Padre Joseph tra fede e esclusione
Intervista a Padre Joseph, pubblicate nel libro “Blessed Are Those Who Mourn: Chinese Tongzhi Catholics’ Tales” (Beati coloro che piangono: racconti di cattolici Tongzhi cinesi) curato da Eros Shaw, Mark Larrimore e Michael Clifton, editore SIRD (Malesia), 2022, pp.336-344. Liberamente tradotta dai volontari del Progetto Gionata
Padre Joseph offre assistenza pastorale (in Cina) alla China Catholic Rainbow Community dal 2014. Durante tutto il suo ministero pastorale, non si è mai discostato dall’insegnamento della Chiesa cattolica. Tuttavia, all’inizio del suo cammino pastorale, non era pienamente immerso nella vita dei cattolici omosessuali.
Per questo motivo, la sua esperienza pastorale è particolarmente preziosa. Ci auguriamo che, attraverso questa intervista e gli scritti di Padre Joseph, sempre più sacerdoti e pastori possano comprendere la realtà vissuta dai cattolici LGBT+ (in Cina) e sentirsi motivati a offrire loro un’adeguata cura pastorale. Qui riportiamo il testo completo di un’intervista concessa a un media cattolico, ma pubblicata solo in parte. […]
Quando ha iniziato a offrire assistenza pastorale alla China Catholic Rainbow Community?
La mia conoscenza del mondo omosessuale derivava principalmente da libri e giornali, e credevo che si trattasse di un fenomeno molto raro. Nella piccola società in cui vivo, non avevo nemmeno la percezione della loro esistenza. Pensavo che le persone omosessuali vivessero solo nelle grandi città. Inoltre, la mia impressione era molto negativa: nella mia mente li consideravo peccatori, persone da condannare.
Un giorno, all’improvviso, un ragazzo adolescente che conoscevo bene venne da me e mi rivelò apertamente di essere gay. Mi fece questa confidenza perché si fidava di me, dopo un lungo periodo di osservazione.
Mi parlò delle sue sofferenze legate all’amore, al matrimonio, alla famiglia e alla sessualità. Aveva vissuto in un seminario per oltre un anno. Fu lui ad aprirmi una finestra su un mondo che non conoscevo, facendomi scoprire una realtà invisibile alla società in generale. Mi introdusse a un gruppo di chat formato da cristiani gay.
All’inizio, non osavo parlare in pubblico e mi limitavo ad ascoltare, cercando di non far scoprire la mia identità. Tuttavia, alcuni temi trattati mi irritavano e non potevo fare a meno di intervenire nelle discussioni. Citavo la Bibbia per dimostrare che l’omosessualità era condannata e ammonivo i partecipanti a non parlare con leggerezza.
Tuttavia, il mio atteggiamento ebbe un effetto negativo: non piaceva a nessuno. Durante questi scambi, i membri del gruppo scoprirono che ero un sacerdote, e questo suscitò in loro curiosità. Cominciarono a contattarmi individualmente, ponendomi numerose domande, alcune delle quali mi misero in imbarazzo:
- Padre, è un sacerdote gay? Cosa pensa dell’omosessualità?
- Qual è l’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti delle persone omosessuali?
- Padre, ci accetterebbe? È peccato per una persona omosessuale avere una relazione?
- Sono ferito, sono molto infelice. Ha qualche consiglio che possa aiutarmi?
- Sono gay. Subisco enormi pressioni dalla mia famiglia. I miei genitori mi spingono a sposarmi. Cosa dovrei fare?
- Ho un partner meraviglioso, ma mi sento in colpa. Cosa dovrei fare?
- Perché Dio crea persone omosessuali? Non voglio essere gay, ma sono attratto dai ragazzi. Cosa posso fare?
- Odio la Chiesa tradizionale, perché condanna gli omosessuali. Lei cosa ne pensa?
- Come soddisfa i suoi bisogni sessuali? Vive davvero in castità?
- Dio vuole che tutte le persone omosessuali vivano in castità?
- Padre, sono sposato, ho una famiglia e amo mia moglie e i miei figli. Ma quando vedo un ragazzo che mi piace, non riesco a resistere. Odio me stesso per questo, ma ogni volta perdo il controllo. Potrebbe pregare per me?
Attraverso questi dialoghi, ho scoperto una realtà di vita di cui non ero a conoscenza. Queste persone sentono un forte bisogno di fede e di accettazione da parte di Dio. L’espressione “Gesù ama le persone omosessuali” è per loro un grido di fede, che rivela il loro desiderio di Dio e di accoglienza. Tuttavia, nella vita reale affrontano rifiuti, condanne e discriminazioni, anche all’interno della Chiesa.
Nonostante possano apparire forti, sono in realtà molto sensibili e fragili. Spesso basta una parola fuori posto per ferirli profondamente. Questo riflette i nodi interiori che portano con sé. Da un lato, desiderano una relazione, una famiglia, la gioia dell’amicizia e dell’affetto familiare; dall’altro, vedono tutto ciò come impossibile a causa della loro omosessualità. Molti vivono isolati, all’interno di piccoli gruppi di amici omosessuali, cercando affetto e un senso di appartenenza.
Alcuni si ammalano di malattie sessualmente trasmissibili o di HIV/AIDS. Tanti vengono da me e mi chiedono: “Padre, perché Dio mi ha creato così? Non voglio essere omosessuale, ma non posso cambiare il mio orientamento. Cosa devo fare?”
Molti mi dicono che la mia sola presenza, indipendentemente dalle mie opinioni, li conforta. Desiderano un sacerdote che li ascolti, che dia loro riconoscimento, conforto e qualche risposta. Per loro è già molto sapere che un sacerdote si interessa a loro senza giudicarli.
Attraverso queste conversazioni, ho stretto amicizia con molti di loro. Ho visto come la mia compagnia li aiuta a rafforzare la loro fede e a comprendere che Dio li ama e non li abbandona. Con il tempo, ho capito che questa missione richiede pazienza e tanto amore. Ho imparato ad accoglierli e amarli con la compassione di Gesù.
Cosa pensa la Chiesa in Cina dei cristiani omosessuali?
Direi che la questione è avvolta nel mistero. Nella mentalità comune, parlare di omosessualità fa subito pensare alla città di Sodoma, e il giudizio morale tende a equiparare l’omosessualità al peccato. Manca completamente una riflessione pastorale e un’assistenza concreta per queste persone. I sacerdoti evitano di affrontare l’argomento […]
Come fornisce solitamente assistenza pastorale a queste persone?
Le moderne telecomunicazioni hanno reso più facile la diffusione della notizia della mia presenza. Le comunità cristiane omosessuali in tutto il paese mi hanno incluso nei loro gruppi di chat. Questi gruppi non sono solo virtuali, ma rappresentano una vivace comunità cristiana gay. Esistono in diverse città, costituendo un vero e proprio mondo a sé.
Di solito utilizzo le chat WeChat o QQ per interagire con loro. Ma, con il tempo, alcune persone hanno iniziato a venire direttamente a trovarmi per condividere con me le loro esperienze e cercare orientamento spirituale. Alcuni di loro si sono persino confessati.
Tra loro c’erano persone che non si confessavano da anni per paura di essere riconosciute dai sacerdoti o, ancora peggio, di essere emarginate dalla Chiesa. Alcuni venivano da me con le loro famiglie, approfittando di un viaggio, per cercare l’occasione di confessarsi.
Altre volte, quando dovevo viaggiare per motivi di lavoro, ne approfittavo per incontrarli. Ho anche iniziato a partecipare ai loro incontri comunitari. Fino ad ora ne ho presenziati diversi. Ogni volta venivo accolto con entusiasmo e mi chiedevano di parlare su un tema specifico. In genere rifiutavo, spiegando che non ero lì per predicare, ma per essere un amico, per condividere e ascoltarci a vicenda.
La maggior parte di loro è di fede protestante, ma mi hanno accolto con grande calore, nonostante fossi un sacerdote cattolico. Non sentivano nessuna barriera denominazionale tra noi. Un gruppo più numeroso di cattolici mi ha persino invitato a celebrare la Messa per loro. Ho potuto vedere con quanta devozione partecipavano, così come i loro amici protestanti.
Dopo la Messa, ho imposto le mani su di loro per benedirli e ho visto le lacrime scendere dai loro volti. È stato un momento profondamente toccante. Vivo vicino a Pechino, quindi ho maggiori contatti con la comunità della capitale. Con il tempo, hanno iniziato a fidarsi di me sempre di più e mi invitano ai loro incontri mensili e alle celebrazioni festive. Pur avendo i miei impegni pastorali, cerco sempre di essere disponibile per loro. Ogni volta che mi cercano, non li respingo. Gesù non ha mai respinto nessuno.
Qual è la percezione generale della Chiesa cinese riguardo ai cristiani omosessuali?
Direi che la situazione è complessa e paradossale. Quando si parla di omosessualità, il pensiero corre subito alla Bibbia e alla storia della città di Sodoma. La coscienza collettiva tende ancora a identificare l’omosessualità con il peccato.
Nella Chiesa in Cina c’è una completa mancanza di studi pastorali su questo tema, così come di un’assistenza concreta per queste persone. I sacerdoti evitano di affrontare la questione. Ho sentito parlare solo di una suora che offre cura pastorale a un gruppo di persone gay nella sua città natale.
Un sacerdote, in passato, aveva permesso ai cattolici omosessuali di tenere incontri domenicali nella sua parrocchia. Ma ha subito una forte opposizione da parte di alcuni parrocchiani. Si diffusero voci negative su di lui e, alla fine, il gruppo fu costretto ad andarsene.
Ha mai ricevuto critiche da parte di vescovi o altri sacerdoti per questo ministero?
Non parlo spesso di questo mio servizio pastorale in modo dettagliato, perché so bene come la Chiesa e la società reagiscono al tema dell’omosessualità. In alcune occasioni, ho discusso dell’argomento con sacerdoti e religiose, ma ho notato che avevano una conoscenza molto limitata, derivata esclusivamente dai libri di teologia.
Non avevano mai approfondito la questione né avevano avuto contatti diretti con persone omosessuali, se non in confessionale o in sporadiche conversazioni private.
Le loro reazioni erano per lo più negative. Mi hanno sempre messo in guardia, dicendomi di essere prudente.
Qual è stata l’esperienza più significativa nella sua missione pastorale con le persone omosessuali?
Ne ho vissute molte, ma una in particolare mi ha colpito profondamente. C’era un giovane della provincia di Hebei. Non era cristiano, ma era attratto dalla Chiesa. Ci eravamo conosciuti tramite QQ e avevo percepito che portava dentro di sé un grande dolore. Spesso mi telefonava e parlava per più di un’ora.
Io non facevo altro che ascoltare e, di tanto in tanto, rispondevo con poche parole. Un giorno ho sentito che era il momento giusto per incontrarlo di persona. Mi accolse con grande entusiasmo. Era un giovane istruito, ben educato, con un modo di pensare molto chiaro ed espressivo. Lavorava come funzionario pubblico ed era una persona estremamente sensibile, con una gestualità delicata.
Mi raccontò di non riuscire ad accettare il proprio corpo maschile e di avere il desiderio di sottoporsi a un intervento di riassegnazione di genere. Solo in seguito ho capito che il suo era un caso di disforia di genere, non di omosessualità.
Il suo conflitto interiore si rifletteva anche nella sua vita sociale. La sua famiglia era molto orgogliosa di lui e lo spingeva a sposarsi. Colleghi, amici e superiori cercavano di presentargli delle ragazze, ma lui non sapeva come gestire la situazione. Non voleva rivelare la verità e, allo stesso tempo, si sentiva soffocato dalle aspettative degli altri.
Suo padre era sempre più irritato per il fatto che non si sposasse. Era una questione di “onore” per la famiglia. Sua madre, invece, lo amava profondamente e avrebbe voluto tenerlo sempre accanto a sé. Lui, però, voleva andarsene dalla sua città natale per sfuggire alle pressioni e vivere in libertà, senza il peso delle aspettative sociali.
Abbiamo parlato a lungo e lui si è sentito sollevato dalla mia visita. Per la prima volta, si era confidato completamente con qualcuno. Non avevo soluzioni da offrirgli, ma potevo ascoltarlo e comprendere il suo dolore. Dopo il nostro incontro, abbiamo continuato a sentirci. Mi raccontava dei suoi pensieri, della sua crescita interiore e della sua ricerca di fede.
Un giorno mi scrisse un messaggio: “Quando lascio andare tutto, Dio mi dona una pace che supera ogni aspettativa. Anche se il futuro mi preoccupa, sto imparando ad affidarmi a Lui. Gesù ha detto: ‘Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò ristoro’ (Matteo 11,28). Pensando a queste parole, il mio peso si fa più leggero. Quando affido tutto a Dio, provo una pace che supera ogni comprensione (Filippesi 4,6-7).
Prima pensavo di dover fare affidamento solo su me stesso. Ma ora sto imparando a pregare. Mi sento come se fossi nato di nuovo. Questo cambiamento è un miracolo. La vita stessa è un miracolo. E credo che ci saranno altri miracoli. Grazie per il suo affetto, Padre. Invece di preoccuparsi per me, perché non mi benedice per un futuro migliore?”.
[…] Quali cambiamenti ritiene necessari affinché la Chiesa universale possa offrire un’adeguata cura pastorale alle persone omosessuali?
Innanzitutto, è necessario eliminare i pregiudizi radicati e seguire ciò che insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, ovvero che le persone omosessuali “devono essere accolte con rispetto, compassione e delicatezza” (CCC §2358).
In secondo luogo, la Chiesa nel suo insieme dovrebbe mostrare maggiore attenzione nei loro confronti. Mentre nelle Chiese europee e americane si sono aperti molti dibattiti sull’argomento, la Chiesa in Cina ha completamente ignorato la questione.
Terzo, è fondamentale elaborare un piano pastorale specifico per loro. Dovrebbero esserci più studi e ricerche in questo ambito, e sacerdoti preparati ad affrontare con competenza questa tematica. Dato che si tratta di una questione particolarmente delicata, è necessario offrire un accompagnamento con pazienza e prudenza.
Inoltre, la Chiesa deve difendere i diritti umani delle persone omosessuali e promuovere il rispetto verso di loro, affinché non siano discriminati o trattati con ostilità.
Un altro passo importante è aprire un dialogo autentico. La Chiesa deve essere un luogo di ascolto, dove le persone possano discernere il progetto di Dio per loro, distinguendo il bene dal male. La Chiesa dovrebbe offrire accoglienza e diventare una famiglia per loro, affinché possano sperimentare l’amore materno della Chiesa Madre.
Infine, sarebbe utile istituire un dipartimento specializzato o assegnare personale qualificato per fornire assistenza pastorale alle persone omosessuali.
Come passo ulteriore, la Chiesa dovrebbe incoraggiare i cattolici omosessuali con una fede fervente a formare gruppi parrocchiali, in modo che possano ricevere supporto spirituale e umano. Con il giusto accompagnamento, potrebbero crescere nella fede e nella vita comunitaria, sentendosi parte della Chiesa senza paura di essere emarginati.
*”Are Those Who Mourn: Chinese Tongzhi Catholics’ Tales” è una raccolta di testimonianze che esplora le esperienze di vita e di fede dei cattolici Tongzhi (termine cinese che significa “omosessuale” o “persona LGBTQ+”) in Cina. Un libro, che offre un raro e prezioso sguardo sulla realtà delle persone LGBTQ+ all’interno della Chiesa cattolica cinese, evidenziando le sfide che affrontano, tra discriminazione, ricerca di accettazione e tensioni tra fede e identità.
Attraverso storie personali, lettere e riflessioni, il libro racconta il percorso di queste persone, le loro lotte interiori e le loro speranze, mettendo in luce la necessità di un accompagnamento pastorale più inclusivo. Questa raccolta ha un valore non solo pastorale, ma anche sociale e culturale, in quanto offre uno spaccato della condizione delle persone LGBTQ+ nel contesto cattolico cinese, spesso poco conosciuto a livello internazionale.
Testo originale: Fr Joseph’s Interview with a Catholic Media Outlet