Essere cristiani in Marocco, essere una minoranza in un paese che ti rifiuta
Riflessioni di Jean-Marie de Bourqueney* pubblicate sul sito Protestants dans la Ville (Francia) il 10 novembre 2014, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Ho passato qualche giorno a Fes, in Marocco. Durante un incontro con la Chiesa del luogo siamo stati invitati a un “concerto di lode”. Non un concerto di lodi indirizzate a noi… no, un concerto di lode autentico, duro e puro! Ecco che mettono a posto il sonoro per cantare (bene, devo dire…) degli inni dalle parole improbabili: “Attorno al trono, per l’agnello immolato” (sic!). E per meglio “comprendere” queste parole, le cantano almeno quindici volte, come fossero dei mantra o delle invocazioni magiche. Lo sapevamo già, questa parrocchia marocchina è “pentecostalizzante”. È sempre un’esperienza interessante da vivere! Persino sorprendente! Si sta in piedi, si prega a mani levate. Gli altri, a dire il vero… In quanto a me, osservo. Dico fra me e me: “Dio non è mica sordo… perché tutta questa agitazione?”.
Ma mi dico anche che, a volte, le nostre celebrazioni scivolano verso l’estremo opposto della tristezza. Ancora, mi dico che questi giovani (età media attorno ai 25 anni!) subsahariani trovano qui un modo di esistere in un Paese che li rifiuta e che a malapena tollera il cristianesimo, e sempre a condizione che non sia marocchino. In breve, eccomi lì immerso nei miei pensieri, che cozzano l’uno con l’altro, quando il calore mi vince. Non il calore “spirituale” che mi avrebbe fatto perdere la ragione, ma il calore tout court, quello misurabile in gradi centigradi.
Esco a prendere una boccata d’aria e lì scopro un “fratello” che mi fa capire il senso della lode. Avrà forse quattro anni. Non vuole andare al “concerto”, malgrado gli ordini reiterati di sua madre. Piccole lacrime, provocazioni… Ed ecco che la madre, di fronte a quel visino adorabile, cede. Il bambino corre nel giardino, va verso l’area dei giochi. Lo guardo mentre si diverte sullo scivolo: una autentica felicità per lui. Ha un sorriso radioso. Il suo sorriso è autentico, non “forzato” né “liturgico”. Odo il “rumore” da una parte e condivido il silenzio felice di questo bambino. Lui ha capito tutto: la lode è un sorriso e una carezza di vita. Piccolo sconosciuto, tu sei mio fratello!
* Jean-Marie de Bourqueney è pastore della Chiesa Protestante Unita a Parigi-Batignolles. Partecipa alla redazione e alla direzione di Évangile et Liberté. Si interessa soprattutto di dialogo interreligioso e teologia del processo.