Essere gay e rom è possibile?
Articolo di Rebecca Erken pubblicato su Zeit Online (Germania) il 9 luglio 2015, liberamente tradotto da Marco Galvagno
Quando Gianni (Jovanovic) abitava a Colonia (in Germania), aveva una moglie e due figli, prima di fare coming out, ora lotta con la sua organizzazione Queer Roma contro l’omofobia e il razzismo.
Durante la celebrazione del gay pride a Colonia ci ha sorpreso la presenza di un nuovo carro: un gruppo di persone sfilava con una bandiera rom e la scritta “Queer Roma” e dietro la bandiera portavano un cartello con la scritta “amore”. Il loro leader è Gianni Jovanic che oggi si mostra orgoglioso, perché ha dovuto trascinarsi tutta la vita una doppia faccia, nascondeva alla gente fuori dal suo gruppo di essere rom, ma nemmeno nella sua comunità rom poteva dire che era gay, né ai genitori, né a sua moglie.
“Fare coming out è stata la cosa più dura della mia vita, ma anche la più importante”. Da poco Gianni ha cominciato a rendere pubblica la propria vita attraverso un canale su you tube.
“Racconto tutto per quelli che vogliono ascoltarmi. Ci sono pochissimi gay rom visibili e ancor meno sono quelli che dichiarano pubblicamente il proprio orientamento sessuale. Ho deciso di parlare, invece di stare in silenzio per paura della doppia discriminazione e così la primavera scorsa è nata l’organizzazione Queer Roma anche se provengo da una famiglia estremamente tradizionale”.
A quattordici anni si è sposato con una ragazza, per lui andava bene in quel momento. A sedici anni lui e la moglie ebbero il primo figlio, un anno e mezzo dopo nacque il secondo. A diciotto anni si rese conto che in realtà amava gli uomini.
Dovettero passare sei anni…
Così trascorse sei anni reprimendo le proprie tendenze. “Avevo un’enorme responsabilità verso mia moglie e i miei figli, non volevo deluderli.” Così giovane aveva paura di mettere tutto a repentaglio, i suoi genitori e il suo lavoro per mantenere la famiglia. Per la sua famiglia era un tabù, una tragedia, ma alla fine lo hanno accolto, hanno accettato la sua vita e sua moglie fa ancora parte della famiglia. “Mi trovo bene con i miei figli e con i miei nipotini, a 37 anni, sono già nonno”.
Conosce molto bene sia l’omofobia che il razzismo. “Ho subito sia l’omofobia che il razzismo”. Gianni Jovanovic è nato a Russelheim ed è cresciuto in varie città tedesche tra le quali Norimberga e Darmstadt. Ha grandi doti oratorie, maggiori di quelle di molti politici.
Vive da undici anni con il suo compagno con il quale ha fondato un’associazione. Alcuni giorni prima del gay pride a Colonia ha parlato della sua vita al centro di appoggio e di assistenza LGTBIQ (Beratungzentrum Rubicon). Centinaia di persone erano lì ad ascoltarlo e ad applaudirlo.
“La minoranza nella minoranza ha sconfitto la maggioranza”. Una donna seduta in prima fila si avvicina e lo abbraccia insieme ai suoi figli. “La mia storia non si può generalizzare” racconta Jovanic. “La popolazione rom è stimata circa in 12.000 persone, ma non possiamo definirla un gruppo omogeneo. Alcuni vivono in Baviera e altri in Renania, ci sono più di sessanta dialetti nella lingua romanì e molte fedi diverse”.
Una cicatrice in testa
Jovanovic era un bambino con una predisposizione innata per le lingue, era stato mandato all’asilo in una scuola per bambini con bisogni particolari. È lì che il maestro si è preoccupato di fargli frequentare la scuola regolarmente. La famiglia ha cercato in tutti i modi di stabilirsi in un posto.
“Non c’era un solo luogo dove fossimo ben accolti”. Ci narra delle baracche in cui ha dovuto vivere insieme ai suoi genitori, perché per i nomadi non c’erano case in affitto. Ha ancora una cicatrice in testa a ricordo del giorno in cui una pietra gli colpì la testa, mentre la sua baracca veniva incendiata da una bottiglia molotov.
“È cambiata da allora la situazione?” Molto poco. Ho visto come persino i miei nipotini debbano affrontare questo stigma. L’ottanta o il novanta per vento dei bambini e delle bambine rom vengono mandati in scuole d’educazione speciale. Molti sono stati costretti a nascondere la loro vera identità e si fingono serbi per potere superare la situazione. I tedeschi non sanno le condizioni di vita dei rom, non ne hanno la più pallida idea. “
Jovanovic ora è un piccolo imprenditore e risiede a Colonia da anni. Ci racconta i dubbi che lo accompagnano da sempre e si chiede un po’ accigliato “Perché sono rom?, perché sono gay? Essere rom e gay è possibile?”. Poi ci recita il primo paragrafo delle leggi fondamentali dei gay di Colonia “ Sei come sei”
Testo originale: Roma und schwul, geht das überhaupt?