Essere gay in Brasile nelle favelas di Rio
Articolo di Anna Vigna tratto dal mensile Tétu (Francia), n°212, Luglio-Agosto 2015, pp.54-59, libera traduzione di Marco Galvagno.
La vita è diventata rosa nelle favelas del Brasile? Si potrebbe crederlo dopo la seconda edizione del gay pride al Maré, una delle più grandi bidonville di Rio. Un gay Pride che ha ricevuto il sostegno dei locali trafficanti di droga, ma non quello delle autorità. Ma se le giovani generazioni LGBT carioca non esitano a farsi notare, quelle delle favelas devono ancora lottare contro il razzismo nei confronti dei poveri, presente pure tra i gay.
La notte cala sull’insieme di favelas di Maré a Rio de Janeiro e come ogni domenica le strade sono animate. Nell’arteria principale del quartiere le terrazze del bar straripano di gente. I venditori ambulanti occupano tutti gli angoli possibili e i bambini corrono dietro alle mamme che escono dalla chiesa protestante, chiacchierano o fanno la spesa. In questo gioioso chiasso è stata costruita un palco e le casse sputano fuori musica funk. Il complesso organizza stasera la sua terza Parada gay, cioè il gay pride. Il movimento è iniziato nella favela Rocinha nel 2010, sotto l’impulso della popolazione GLBT presente tra i suoi abitanti.
Il successo è stato immediato e l’anno dopo varie star del piccolo schermo vi hanno partecipato. Non ci voleva niente altro, perché i gay pride coinvolgessero altre favelas e oggi 5 grandi complessi di favelas organizzano ogni anno un gay pride.
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Nuove generazioni
Questa domenica al Maré non ci sono carri con spot commerciali, ne palloncini, ma solo un vecchio camion prestato da un deputato in campagna elettorale e qualche striscione arcobaleno. Dando una rapida occhiata si vede subito che il pubblico è della favela, non c’è nessun gay della zona sud come chiamano a Rio i gay della classe medio-alta.
L’età media non oltrepassa i 25 anni e la notte sarà lunga. Da quando parte la sfilata la popolazione del quartiere si unisce alla festa cominciando dai bambini: tutti raccolgono i preservativi, si dimenano, salutano i travestiti. L’omofobia sembra così lontana, le prediche cariche d’odio di alcuni pastori protestanti sono lontane anni luce. Cosa è successo?
Anche se non c’è ancora stata una netta diminuzione dei reati a carattere omofobico, sembra che le persone GLBT stiano trovando il loro posto all’interno delle favelas grazie al ruolo particolare che svolgono, al fascino e al loro atteggiamento. È ovvio che questa realtà non è emersa dall’oggi al domani. E le nuove generazioni sono le prime a poter assaporare i frutti della libertà. Ma questa emancipazione e questo riconoscimento è dovuto all’impegno dei giovani: i primi ad aver fatto coming out, che hanno potuto e dovuto accettare apertamente la propria sessualità.
A capo di questa seconda edizione della Parada gay delle favelas Mandela e Maquinhos nel complesso di Maré c’è Raphael, ma lui aggiunge con modestia “siamo un piccolo gruppo di amici”. Tuttavia il loro gay pride è stato un successo. La settimana dopo verranno contattati dal sindaco e dagli assessori di Rio che propongono loro convenzioni.
Raphael relativizza tuttavia la portata dell’avvenimento: “ancora una volta nonostante il design del cartellone pubblicitario, che richiamava l’attenzione, non è venuto nemmeno un gay della (ricca) zona sud”.
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1632 gay
Raphael incarna la storia di molti ragazzi che scoprono di essere gay in favela e non possono ne vogliono nasconderlo. Suo padre, trafficante di droga non sopportava l’idea di aver un gay nella propria famiglia “ma nemmeno l’idea che un gay gli passasse vicino. Non si era mai immaginato che uno dei suoi figli potesse essere gay. Quando l ha saputo è diventato matto, mi ha picchiato a sangue, minacciava di ammazzarmi”. Il papà trafficante è stato ucciso da una fucilata quando il ragazzo aveva 17 anni. Dopo il dolore, la liberazione Raphael decide d accettarsi, perché sua madre imitata dai fratelli e dalle sorelle lo sostiene.
Gira per le case per incontrare la popolazione GLBT della sua zona. Nel 1990 erano solo 25 quelli che si accettavano, l’anno scorso ne ho contati ben 1632 su una popolazione di 100 mila abitanti dice senza batter ciglio e ci spiega il suo metodo per arrivare a questa cifra. “È molto semplice quando incontravo un gay gli chiedevo chi tra i suoi vicini lo fosse così ho fatto il giro completo della favela”.
A fianco di Raphael il 44 enne José Carlos, chiamato Duda lo ascolta con ammirazione. Per lui il gruppo di Raphael è un miracolo, qualcosa di impensabile 20 anni fa. La sua giovinezza è stata molto diversa, fatta di secreti, di vessazioni, di paure che ti salivano bello stomaco certe sere.
“È semplice, spiega Duda, non avevamo il diritto ad essere noi stessi per la strada, allora le mie avventure le ho sempre vissute lontano da qui. Mai e poi mai avrei tenuto un ragazzo per mano per strada ne mostrato il mio lato femminile come fanno i ragazzi adesso”.
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I trafficanti finanziano
Oggi Duda vive con un uomo nella favela, ma ammette di essere molto discreto in pubblico, anche se tutti sanno che stanno insieme. Il suo metodo per sopravvivere nella favela è sempre stato quello di rendersi indispensabile, di essere il migliore per essere accettato.
“Le nuove generazioni di trafficanti di droga hanno anche lasciato che gli sguardi cambino, mi ordinano delle scenografie o dei costumi di carnevale, sanno che noi gay li facciamo meglio degli altri”. Oggi fa il decoratore dopo esser stato per anni un parrucchiere di lusso, molto ricercato dai trafficanti.
“La prova inconfutabile del cambiamento di mentalità è il fatto che i trafficanti abbiano finanziato una parte del gay pride. È incredibile, ma vero, hanno pagato il biglietto d’ingresso allo show del pride, ma non solo, ci chiamano anche alle loro feste private, perché facciamo animazione meglio degli altri”.
Il ragazzo riconosce il fatto che i gay ballino il funk, accettando o mostrando la propria femminilità, è una delle chiavi del loro successo.
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Con la polizia la situazione è tesa
Allora la vita è diventata rosa e fiori qua in favela? “ Niente affatto” rispondono in coro gli amici che Raphael ha riunito sulla terrazza di Ernesto. Questo tetto trasformato in terrazza, tipico delle favelas, è il loro principale punto di ritrovo. Mentre la mamma di Ernesto porta una caraffa di succo di frutta, suo figlio di 22 anni va dritto al nocciolo del problema. “Quella che non è cambiata è la polizia sempre omofoba, come prima”.
Questi giovani gay sono ben informati sui propri diritti e gli unici insulti ai quali non rispondono sono quelli della polizia. “Quando veniamo fermati da una pattuglia la situazione è sempre tesa. Dobbiamo sopportare la loro ironia, i loro scherzi di cattivo, gusto senza fiatare” aggiunge Raphael.
Sanno che su 6 crimini omofobi avvenuti recentemente ben 4 sono avvenuti nelle favelas. Crimini rimasti impuniti, come avviene quasi sempre. Che la polizia abbia coperto gli assassini o che vi abbia addirittura preso parte è per loro un’evidenza.
Dato che il “quartiere è pacificato”, cioè è sotto il controllo della polizia, Raphael ha dovuto chiedere l’autorizzazione per organizzare il pride. “Durante il primo pride il capitano aveva accettato senza problemi, quest’anno il nuovo capo ha tentato di vietarlo, ma non lo abbiamo lasciato fare” aggiunge il ragazzo.
“Ad esempio un ragazzo gay può avere voglia di diventare truccatore, parrucchiere, sarto o stilista dato che sono ambienti tolleranti e che consentono una crescita professionale, ma ora questi corsi sono riservati esclusivamente alle ragazze”. Attraverso i mass media il pride obbliga il governo a guardare ciò che avviene nelle favelas. Esistiamo e vogliamo dei progetti sociali per i giovani”.
Quando chiediamo loro cosa significa essere gay in favela oggi si leva un coro di risposte all’unisono. “È molto difficile, bisogna avere molta personalità, è un atteggiamento, non devi mai mollare, perché gli altri ti rispettino. Se sei una checca devi accertarti per quello che sei” aggiunge Ernesto.
Per Claudiano di 18 anni. “È soprattutto quando sei piccolo il problema, ti prendono in giro, la tua famiglia non è a suo agio con te, ti rifiuta. Quando diventi adolescente e ti ribelli e trovi il tuo posto. “
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Razzismo sociale
Ma esistono discriminazioni che non sembrano passare, stranamente sono quelle che troviamo tra i gay stessi. La divisione della società brasiliana in gruppi ermeticamente chiusi è molto forte. I gay delle favelas possono anche andare nelle stesse discoteche dei ricchi, nella famosa zona sud di Rio come CopaCabana e Ipanema. Anche Duda ci andava da adolescente, dato che non ci sono discoteche e bar gay nelle favelas.
“Ma è sempre la stessa storia appena varchiamo la porta d’ingresso ci squadrano dall’alto in basso e non certo per la nostra bellezza i loro sguardi, sembra che dicano ecco i frocetti delle favelas sono venuti a rubare” afferma Ernesto con un gesto di delusione.
“Del resto nessuno di noi ha mai avuto avventure con qualcuno della classe media o ricca. Non ci parliamo, non ci mescoliamo, è un mondo che per noi è totalmente chiuso” aggiunge Raphael. Anche la spiaggia gay d’Ipanema non è un luogo propizio agli incontri tra classi sociali diverse.
Tuttavia i bofés delle favelas cioè i gay muscolosi che spesso sono bisex piacciono enormemente ai gringos, cioè i turisti stranieri in vacanza in Brasile. “Sono spesso amori nascosti e tristi, perché i bofés non si accettano” si rammarica Raphael. “Ma è vero che c’è meno discriminazione con i gay stranieri, che tra brasiliani”.
Il cineasta Rodrigo Felha, che abita nella grande favela Città di Dio, è autore di vari film sulle favelas, l’ultimo dei quali si intitola Favela gay, anche lui pensa che il problema sia brasiliano.
“Gli stranieri hanno uno sguardo più aperto. La discriminazione non è appannaggio dei gay, è identica anche tra gli eterosessuali dipende dalla nostra cultura e dal nostro razzismo. Inoltre il movimento GLBT non è unito, tuttavia Favela Gay ha ricevuto un’ottima accoglienza a Rio de Janeiro.
Rodrigo Felha pensa che i gay siano curiosi di sapere ciò che accade nelle favelas? “La popolazione gay che abita nelle favelas oggi fa coming out, dato che adesso gli abitanti di questi quartieri li accettano. Mi aspetto di vedere la stessa tolleranza nella comunità gay”.
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Titolo originale: Avec les homos des favelas. Reportage au cœur de la Parada Gay de Maré, l’un des bidonvilles de Rio