Essere gay in Turchia
Articolo tratto da kelma.org tradotto da Domenico Afiero
Il sociologo francese Philippe Schmerka Blacher nel dicembre 1997 illustrava i primi risultati delle sue ricerche sull’omosessualità in Turchia, uno stato mussulmano particolare, sempre sospeso tra integralismo e mentalità occidentale. In questa sua intervista spiega come le sue ricerche hanno rilevato che i gay turchi si comportano come una vera e propria minoranza etnica o religiosa della società turca, con le sue varianti: travestiti, transessuali e lesbiche, anche se vivono meglio rispetto ai gay dei Paesi arabi confinanti, come in Siria o in Iraq ad esempio. Il che è tutto dire.
Per le Sue ricerche sull’omosessualità in Turchia, quali sono le conclusioni?
C’è un movimento gay, ben strutturato, che si è organizzato in Turchia. Un movimento che si avvicina a quello che noi conosciamo già in Occidente. E’ un movimento che nasce negli anni ’80 e si è' diffuso lentamente nel Paese.
Si tratta, oggi, di un movimento aperto, in cui si ritrovano artisti ed intellettuali. E’ vero che nella Turchia urbana, la sessualità è vissuta in maniera più libera rispetto a prima. Tra le organizzazioni che hanno partecipato alla nascita di un’identità di questo movimento gay turco, abbiamo il gruppo ‘Lambda’.
Lambda organizza vari incontri settimanali che hanno come tema le ricerche in gender studies (ndt –studi sul genere – in inglese nell’originale). Inoltre, molti gay hanno diffuso delle pagine personali su internet.
Esistono alcuni paesi, come la Bosnia, la Macedonia o la Bielorussia, in cui vi sono leggi che sanzionano le relazioni gay, ma nel codice penale turco non esiste un arsenale giuridico proibitivo. Così, gli omosessuali rappresentano una vera lobby oggi.
Infatti, non è un caso se, per le prossime elezioni, la candidata transessuale Demet Demir del partito ÖDP (Partito della Libertà e della Solidarietà) è oggetto di una campagna discriminatoria. Ma vi sono anche cambiamenti all’interno della comunità gay: la dicotomia di un tempo fra l’elemento attivo (maschile) e quello passivo ( femminile) della coppia gay tende a scomparire a profitto di nuovi valori , di cui il più tangibile è la parità tra i due individui. o fran :
Vuole dire, quindi, che non ci sarebbero più differenze con i gay occidentali?
Diciamo che si potrebbe parlare, anche per i gay, di globalizzazione. Abiti, moda e musica sono praticamente uguali dappertutto. La prevenzione contro le malattie sessualmente trasmissibili, come l’AIDS o l’epatite, fanno ugualmente oggetto delle campagne preventive sulla salute. I gay turchi sono diventati una componente della grande famiglia gay mondiale. Se si fa un giro sull’Avenue Istiklâl a Istanbul, vedrà che gli omosessuali che passeggiano somigliano in tutto a quelli che potrà incrociare in una strada di Parigi o Sao Paolo.
Potremmo dire che proprio in questo i gay turchi rappresentano la parte della società più occidentalizzata. Molti gay hanno studiato al Robert College,si vestono secondo le ultime novità della moda e adottano un comportamento tipico della borghesia turca.
Una borghesia che fa da portabandiera dell’occidentalizzazione in questo Paese.Molti gay somigliano, di fatto, ai gay europei. Direi che la principale differenza tra un gay tedesco e un gay turco di oggi, ma giusto per stare all’humour, sta nella differenza del colore dei capelli.
Così, se la Turchia dovesse aderire a pieno titolo nell’Unione Europea , si potrebbe pensare che i gay turchi siano i meno spaesati in un nuovo contesto geo-politico. I gay , dunque, rappresentano una comunità che io considero una vera e propria minoranza, alla stregua di una minoranza etnica o religiosa, con le sue varianti:travestiti, transessuali e lesbiche.
E’ una minoranza organizzata in quanto tale?
Si. Una minoranza organizzata che interessa sempre più i ricercatori europei ed americani.
Perché?
Perché è un Paese diverso. La Turchia è musulmana, ma non araba. E’ nell’Unione doganale, ma non è un Paese membro dell’Unione Europea. Fa parte della NATO , ma deve ancora risolvere con la Grecia la questione cipriota.E’ in conflitto latente con tutti i paesi vicini e , in Medio Oriente, ha ottime relazioni diplomatiche con Israele.
Ma , allora, perché interessarsi così tanto agli omosessuali turchi?
Proprio per queste ragioni che Le ho appena elencato. E’ davvero un paese di contrapposizioni.
Quali sono, secondo Lei, le sfide che i gay di questo Paese devono denunciare?
Credo che la liberalizzazione sessuale dei gay ( o almeno la cessazione della pressione poliziesca e politica su di loro) vada di pari passo con la democratizzazione della Turchia. Come dire, l’accettazione dell’omosessualità in Turchia passa attraverso l’occidentalizzazione di questo Paese.
In Europa , si ama parlare di libertà, ma non dimentichiamo che la donna turca ha ottenuto il diritto al voto, per esempio, prima di quella francese. La parità tra uomo e donna era iniziata sotto la spinta repubblicana di Atatürk. Gli omosessuali, oggi, ne sono gli eredi diretti.
Essi sembrano più aperti e più ‘moderni’dei gay dei Paesi con cui confinano: Siria e Grecia per esempio. Il cinema turco,poi, sino a qualche anno fa, un film come “Donersen, islik çal” (“Siffle si tu reviens”, cioè ‘Fischia se ritorni” ndr) diretto da Orhan Oguz non era che una caricatura dell’omosessualità. Si trattava di una storia d’amore tra un travestito e un nano, insistendo , soprattutto, sulla marginalità degli individui nella società.
Oggi, invece, il film “Hamam” di Ozpetek, una storia d’amore tra un uomo d’affari italiano e un giovane turco, inserisce l’omosessualità come una sessualità che prende piede nella società turca. Abbiamo uomini bruni e biondi, maschi e donne, omosessuali e eterosessuali.
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