Essere genitori per la seconda volta: affrontare l’omosessualità dei figli
Articolo di Delia Vaccarello tratto dal Salvagente del 5 ottobre 2013
La rivelazione può essere volutamente casuale. I ragazzi lasciano il cellulare incustodito, il computer con la posta elettronica aperta su una mail dal contenuto inequivocabile. Possono farsi sfuggire una foto… Una conversazione telefonica… Un riferimento a un appuntamento o a una occasione amorosa.
A volte, invece, possono trovare il coraggio di dire: “mamma, papà ,sono innamorato di un ragazzo, sono gay”. I genitori non applaudono mai. Eppure in quel momento il figlio o la figlia stanno comunicando loro la gioia di un amore.
I genitori nella migliore delle ipotesi restano in ascolto, mantengono il silenzio, pronunciano frasi molto sorvegliate, tipo: voglio solo la tua felicità, spero che la vita per te non sarà troppo difficile. Poi seguono i mesi del “lutto”: il ragazzo gay o la ragazza lesbica sono vivi e vispi, ma il genitore deve smaltire la morte dell’immagine interiore.
Decadono le aspettative sul ruolo familiare attribuito al figlio o alla figlia, sul futuro del nucleo, su un figlio che corre lungo le rotaie di ciò che abbiamo previsto. Le relazioni omosessuali rappresentano un grosso punto interrogativo, laddove non ci sono pregiudizi palesi o concezioni che inchiodano all’essere “contro natura” o addirittura “malati” ciò che spiazza gli adulti è l’imprevisto: come si amano due ragazzi o due ragazze?
Che rituali sociali seguiranno una volta cresciuti, saranno rispettosi delle famiglie o “trasgressivi”? Mi vergognerò di mio figlio dinanzi agli altri che esibiranno una prole dalle conquiste rispettabili: laurea, posto sicuro, matrimonio, nipoti?
Non finisce qui. Dopo il lutto, si può rinascere. I genitori degli omosessuali che accettano di sfidare le proprie rigidità e i pregiudizi, che provano ad attraversare gli stereotipi e vogliono rendersi conto di cosa c’è dietro le maschere sociali, che sono intenzionati a comprendere la realtà, diventano genitori una seconda volta. Non tanto e non soltanto perché scoprono con una certa approssimazione ciò che i figli sono e non ciò che loro vogliono che siano, ma perché danno a se stessi la possibilità di essere genitori “nuovi”. Non è retorico il ringraziamento che molti padri e molte madri rivolgono ai figli quando si danno la possibilità di comprendere. Rifiutare un figlio gay significa rifiutare la propria immagine di genitore. Il “no” detto al figlio ne nasconde un altro, non si tollera di essere un padre o una madre di una persona omosessuale. Non a caso una delle prime domande che i genitori si pongono dopo la rivelazione è: dove abbiamo sbagliato?
E si perdono in considerazioni assurde, risalendo persino al periodo dell’allattamento. Tale e’ la resistenza ad adeguarsi a un’immagine interna del figlio e del gruppo che abbia a che fare con l’“insolito”. Soltanto dopo un percorso attento ci si rende conto che l’insolito può racchiudere l’autentico modo di essere dei figli, nonché illuminare su stessi.
– Due volte genitori
In agosto un ragazzo di 14 anni romano gay si è tolto la vita per il rifiuto subito in famiglia e tra gli amici. Perché non si ripeta più gli adulti devono cambiare. Il film “Due volte genitori” di Claudio Cipelletti, realizzato con il sostegno di Agedo, Associazione genitori degli omosessuali, mette in luce benissimo la metamorfosi di una famiglia quando un figlio o una figlia si dichiarano omosessuali. Molti genitori si mettono a nudo e aiutano lo spettatore a condividere inquietudini e liberazioni. La visione del documentario e’ altamente consigliata a tutti. Info: duevoltegenitori.com.
– La posta di Delia: l’insegnante lesbica e la gelosia di una mamma
Cara Delia, mio figlio 15enne adora la sua maestra di flauto. Non ama molto lo strumento ma la maestra si’ e ogni volta che la incontra o lei viene a casa per una lezione, mio figlio la ricolma di piccole attenzioni, le offre un dolce che magari io ho preparato per lui, coglie qualche bel fiore dal giardino, se piove è pronto ad accompagnarla con l’ombrello fino alla macchina. Non è una cotta, è una specie di attaccamento forse ancora infantile, forse idealizza questa donna perché è schietta, ha un bell’aspetto e chissà anche perché non è molto femminile a differenza di me e gli sembra un tipo diverso. Di recente ho scoperto attraverso un collega di mio marito che questa donna ha una relazione omosessuale e ne sono rimasta turbata, non avrei mai immaginato una cosa simile e ogni volta che viene in casa ho cominciato a stare a disagio.
Ho anche pensato di porre fine al ciclo di lezioni che prende mio figlio, in fondo non mi pare che stia imparando granché, ma non vorrei essere scortese con lei, e passare per una bigotta, in fondo al giorno d’oggi c’è la donna sposata che ha l’amante e c’è quella che va con una donna. Però questa cosa non mi va giù. E poi mio figlio come la prenderebbe?
Rosetta
Gentile Rosetta, l’omosessualità non è una sregolatezza, a cosa le serve accostare il rapporto tra due donne a una relazione extraconiugale? Lei dice di essere rimasta turbata dalla notizia. Se vuole un consiglio: si interroghi con onestà e non liquidi la cosa dietro un riduttivo “ormai funziona così”. Per quanto riguarda suo figlio, non credo che il lesbismo della musicista c’entri molto.
Cara Rosetta, lei è gelosa. Vorrebbe che suo figlio portasse a lei i fiori del giardino o la proteggesse dalla pioggia scortandola con l’ombrello. “La rivale” poi sembra non insegnare molto al ragazzo. Un buon motivo per farla fuori. Attenzione: le lezioni di flauto possono essere per lei una buona palestra. Presto suo figlio amerà qualcuno che lei non avrà il potere di “licenziare”. Cominci a farci i conti, anche se non è facile.