Essere musulmano e omosessuale in Marocco. Io e la mia lotta con Kifkif
Intervista di Mouna Izddine a Samir Bergachi, coordinatore dell’Associazione Kifkif per la difesa dei diritti degli omosessuali, tratta da Maroc Hebdo n.829 del 6-12 marzo 2009, pp.22-24, liberamente tradotto da Dino
Si parla poco o nulla di omosessualità nel mondo arabo. Vi proponiamo questa interessante intervista a Samir Bergachi, coordinatore dell’associazione dei gay marocchini gay “KifKif” (Siamo tutti uguali) che è ritornato da Madrid, dove ha sede la sua ONG, a Rabat (Marocco) per farsi intervistare e “rompere il silenzio ed eliminare ogni ambiguità circa gli obiettivi della nostra associazione”, perchè in Marocco vogliamo uscire dalla clandestinità insieme a tanti gay marocchini stanchi di non esistere’ per il loro paese.
Lo scopo della vostra visita in Marocco era quello di presentare la vostra associazione?
Riguardo a Kifkif sono state dette molte cose sbagliate. Prima di tutto non si tratta della mia prima visita in Marocco. Dalla nascita di Kifkif nel 2004, vengo regolarmente in Marocco, dove Kifkif dispone di rappresentanti attivi in diverse città del paese, in particolare a Casablanca.
E poi Kifkif, riconosciuta in Spagna e in altri paesi europei, in Marocco non è una vera associazione, ma un gruppo, visto che il legislatore marocchino, che sanziona l’omosessualità (l’articolo 489 del Codice penale condanna da sei mesi a tre anni di prigione e ad una ammenda ogni persona che abbia commesso un atto omosessuale), logicamente non può riconoscere un’associazione che difende i diritti degli omosessuali: e per omosessuali intendo gay e anche lesbiche, bisessuali e transessuali: concludendo, Kifkif è tollerata, ma non riconosciuta.
Ma perchè questa scelta di fare oggi questo coming out mediatico?
Sentiamo che in questo momento in Marocco c’è un clima propizio per il dibattito sull’omosessualità, sui i diritti delle minoranze sessuali e i diritti dell’Uomo in generale.
Vogliamo anche approfittare della maggior visibilità degli omosessuali in altri paesi arabo-musulmani, come l’Algeria (associazione Amal), la Tunisia, l’Egitto e anche l’Iran, per far avanzare la causa delle minoranze sessuali in Marocco e lanciare un messaggio storico per il loro diritto ad un’esistenza libera.
Poiché, nonostante altri siano di parere contrario, l’omosessualità non è un fenomeno marginale nel nostro paese. L’ultima inchiesta realizzata dall’IGLA (International Gay and Lesbian Association), ritiene che sia almeno il 10% la parte di popolazione marocchina che abbia un orientamento sessuale diverso dall’eterosessuale.
Khadija Rouissi, presidente di Bayt Al Hikma, ha denunciato lo sfruttamento della sua ONG per la promozione della vostra…
Effettivamente ho incontrato Khadija Rouissi, insieme ad altri militanti dei diritti dell’Uomo e rappresentanti della società civile.
Durante il nostro incontro, Madame Rouissi ha parlato in modo diverso da come ha fatto qualche giorno più tardi in un’intervista con un quotidiano del posto, nella quale in sostanza dichiara che mi ha sì ricevuto, ma “è chiaro che l’attuale contesto della società marocchina non è favorevole ad un dibattito sull’omosessualità” e che Bayt Al Hikma non è “una copertura per Kifkif, come essi vogliono far credere al grande pubblico”.
Tutto ciò che posso dirvi al riguardo è che sono deluso da questa ritrattazione e dalla mancanza di fermezza delle posizioni di quella militante di lunga data che è Madame Rouissi, lei che aveva una posizione molto chiara sull’argomento. Ma nello stesso tempo la capisco un po’.
A parte Khadija Ryadi, la presidente dell’AMDH, prima ONG nel mondo arabo-musulmano ad aver chiesto la decriminalizzazione dell’omosessualità subito dopo gli avvenimenti di Ksar El Kébir nel novembre 2007, la maggior parte delle persone, militanti della società civile, intellettuali come ufficiali, che ho incontrato in Marocco hanno preteso che queste nostre interviste rimangano confidenziali.
Insomma, in privato parecchi notabili del Marocco hanno idee molto progressiste, ma una volta in pubblico non osano più esprimerle apertamente.
Perchè, secondo voi?
Per timore della vergogna sociale, di seguiti giudiziari, anche di aggressioni fisiche contro la loro persona. Esiste infatti una fortissima omofobia all’interno di alcuni componenti della società marocchina, in particolare islamisti.
Tutto sommato la società marocchina è fondamentalmente indulgente. Il marocco non è certamente mai stato un “gayland”, un paradiso per omosessuali, ma questi ultimi vi hanno sempre vissuto in una certa tranquillità, anche negli ambienti sociali popolari e tradizionalisti.
Ma, disgraziatamente, in questi ultimi anni, con la salita al potere degli islamisti radicali, gli omosessuali in Marocco sono preda di una vera persecuzione.
Gli oscurantisti ci rifiutano persino il diritto ad esistere e, allo stesso modo di certe fonti di stampa, strumentalizzano in un’ottica scandalosa la nostra causa per fini politici o commerciali, per guadagnare voti o incrementare le vendite del loro giornale.
Non c’è nulla a che vedere con quanto è successo a Ksar El Kébir nel dicembre 2007, con la condanna da 4 a 10 mesi di carcere duro di sei uomini accusati di aver organizzato un preteso matrimonio gay, diffuso in Internet.
Ma noi abbiamo ricevuto il nostro primo colpo già nell’estate 2004, all’indomani dell’arresto arbitrario, durante una festa a Tétouan, di giovani omosessuali… che hanno commesso il solo crimine di avere un diverso orientamento sessuale.
Voi parlate di semplice “diversità”, quando l’omosessualità continua ad essere considerata come una devianza, come una malattia mentale, da numerosi Marocchini.
Ascoltate, noi siamo diversi, ma normali. Siamo stanchi di dover dimostrare la nostra normalità. Insieme, gays, lesbiche, bisessuali e transessuali, vogliamo definitivamente spezzare i pregiudizi che gli integralisti nelle loro prediche indirizzano verso di noi.
L’omosessualità non è una malattia mentale nè un vizio morale. Essa non è sinonimo di dissolutezza. E’ un orientamento sessuale con il quale si nasce e che viene scoperto da ciascuno in un determinato periodo della vita. E’ la sola cosa che ci distingue dai comuni cittadini.
Qualche anno fa voci di corridoio parlavano dell’organizzazione di un Gay Pride a Marrakech. Kifkif sarebbe dell’idea per il 2009?
Non siè mai fatta l’ipotesi di un Gay Pride a Marrakech, nè altrove in Marocco. Le “riunioni scandalose” tirate in ballo all’epoca da una certa parte della stampa di fatto non erano altro che discussioni riguardo alla grave assimilazione tra omosessualità, pedofilia e prostituzione e i mezzi da mettere in opera per combattere il turismo sessuale ed evitare di trasformare il Marocco in una nuova Thailandia e i suoi omosessuali indifesi in una volgare mercanzia per turisti vogliosi di erotismo esotico.
E per rispondere alla vostra domanda, Kifkif non prenderà mai l’iniziativa di un Gay Pride, nè oggi, nè domani. Non siamo certo qui per fare parate o per provocare.
Ma allora, che cosa infine richiedete? Il diritto al matrimonio e alla genitorialità come in Spagna?
Non siamo ancora arrivati a questo punto! Anche se personalmente conosco molte coppie omo che non aspettano l’autorizzazione del legislatore per vivere pacificamente insieme nelle grandi città come Casablanca o Tangeri.
Ogni cosa verrà fatta a tempo debito. La lotta delle minoranze sessuali sta ancora muovendo i suoi primi passi in Marocco. Per il momento quello che vogliamo è depenalizzare l’omosessualità. E sensibilizzare la società alla sofferenza e alla discriminazione che devono patire gli omosessuali in Marocco.
Molti omosessuli si rifugiano nello studio, oppure esteriorizzano il loro malessere e il loro male di vivere nell’arte o nella scrittura, ma sono anche in molti, soprattutto durante l’adolescenza, a rinchiudersi in se stessi, fino a darsi la morte. I casi di suicidi di omosessuali nel nostro paese sono frequenti.
Vale a dire che siamo ancora lontani dai Pacs francesi o dal matrimonio gay belga. Ma il Marocco è in piena transizione democratica, e noi vogliamo approfittarne per lanciare un messaggio politico sul necessario miglioramento della condizione omosessuale nel nostro paese. E’ per questo che, malgrado tutto, noi di Kifkif restiamo ottimisti.
Kifkif esiste da cinque anni. Come si finanzia?
In Spagna Kifkif beneficia di aiuti della società civile per gestire le sue sezioni a Madrid, ma anche a Parigi e Bruxelles, tra le altre sedi. In Marocco, in compenso, dove risiede la maggior parte degli aderenti a Kifkif, tutte le nostre attività sono finanziate dai contributi degli stessi membri del gruppo.
D’altra parte queste attività si limitano a piccole azioni discrete, ma che riteniamo efficaci, come la sensibilizzazione dei giovani all’AIDS e alle malattie a trasmissione sessuale, la distribuzione di opuscoli e preservativi gratuiti nei luoghi di ritrovo degli omosessuali o dei prostituti gays, travestiti e transessuali.
Ultimamente Kifkif ha pubblicato un libro di consigli, Rad Balek (prendi le tue precauzioni), il primo manuale nel mondo arabo-musulmano che si indirizza agli adolescenti omosessuali. Abbiamo anche pubblicato un lessico dei termini omosessuali, destinato ad eradicare i qualificativi peggiorativi e denigranti nei confronti delle minoranze.
In che modo Kifkif recluta i suoi aderenti… e la ballerina Noor ha veramente chiesto di farne parte?
Kifkif attualmente conta un po’ più di 1000 aderenti. Noi non li reclutiamo, sono loro che vengono da noi. In Marocco, in cui la maggioranza delle adesioni vengono fatte tramite il nostro sito Internet, riceviamo circa 10 domande di iscrizione al giorno, ma tutti esigono l’anonimato e la confidenzialità, per paura di rappresaglie da parte della famiglia o della polizia.
La maggior parte dei nostri membri sono giovani e adolescenti, che hanno un reale bisogno di essere ascoltati e di esprimersi.. Ma non soltanto questo.
Abbiamo anche dei membri più in età, appartenenti ad ogni categoria sociale, ma in maggior parte istruiti. Kifkif annovera anche dei simpatizzanti tra le militanti femministe.
D’altra parte noi ci riconosciamo pienamente nella lotta delle donne per l’uguaglianza, la dignità, il diritto di disporre liberamente del loro corpo, e contro la discriminazione sociale, economica e politica a causa solamente dell’appartenenza sessuale.
Infine Noor, che sostiene pubblicamente Kifkif, non ha mai chiesto di unirsi a noi. Detto questo, lei è comunque la benvenuta a Kifkif.
Chi sono i vostri membri fuori dal Marocco?
Molti tra loro sono di origine marocchina, dei Marocchini residenti all’estero e dei membri della dispora giudeo-marocchina nel mondo, in Europa, ma anche negli Stati Uniti e in Israele. Il sito web di Kifkif (gaymaroc.net) è il principale mezzo di comunicazione tra noi, vorrei addirittura dire il nostro Quartier Generale.
Sul sito i membri e i visitatori, il cui numero ha raggiunto 28.058 dal 1° gennaio al 3 marzo 2009, possono tenersi al corrente dell’attualità omosessuale in Marocco e nel mondo, ma anche intervenire nei forum di discussione o chiedere dei consigli gratuiti al nostro psicologo. I nostri aderenti sono musulmani, ebrei, cristiani o atei, e questo è uno dei valori chiave di Kifkif: la coabitazione interconfessionale e il rispetto della diversità.
Noi richiediamo solo di vivere in pace, secondo le nostre convinzioni e senza temere per la nostra vita. Tuttavia siamo convinti di una cosa: il Marocco non diventerà mai l’Iran o Cuba, dove la dittatura religiosa e comunista mettono a morte freddamente gli omosessuali.
La lotta omosessuale in Marocco ci metterà dei decenni se necessario, ma raggiungerà il suo scopo.
Chi è in realtà Samir Bergachi?
E’ un giovane uomo di 22 anni nativo di Nador, ma che è cresciuto a Tangeri e Casablanca, città meno conservatrici e meno maschiliste rispetto alla sua piccola città natale nel Rif.
All’età di dieci anni ho lasciato il Marocco per la Francia e poi la Spagna, dove ho studiato la civiltà islamica all’università di Madrid.
Sono sempre residente nella capitale spagnola, dove dedico tutto il mio tempo all’attività di coordinatore generale di Kifkif.
Ma, anche se oggi vivo lontano dal mio paese, ci vado regolarmente per le mie attività militanti e per far visita alla mia famiglia e ai miei amici. Samir Bergachi non ha mai rinnegato le sue origini, malgrado tutte le minacce di morte di cui è, e continua ad essere, oggetto.
Al contrario, sono orgoglioso delle mie radici. Non ho mai avuto alcun dubbio sulla mia identità. Sono Marocchino e musulmano. E omosessuale, lo so dall’età di 14 anni.
Ti proclami musulmano anche se ora l’Islam considera l’omosessualità come un peccato…
Sono musulmano, non ho mai affermato di essere pio o religioso. E lo ripeto, l’Islam non è contro l’omosessualità, ma contro la dissolutezza sessuale (sull’esempio del popolo di Loth), sono gli oscurantisti e gli altri inquisitori dei tempi moderni che alterano l’essenza di questa religione nobile e tollerante per occulti scopi di interesse personale e di potere.
L’Islam non è omofobo, ci sono anche degli hadits sulla problematica dell’eredità riguardante i transessuali. D’altra parte, come può questo Dio che mi ha creato omosessuale, punirmi per il fatto di esserlo??
Testo Originale
10% des Marocains sont homos (file pdf)