Essere orgogliosi senza umiliare il prossimo (Lc 14:7-14)
Riflessioni bibliche* di Helene Tallon Russell, Charles W. Allen e Marti J. Steussy tratte dal progetto Out in Scripture (Stati Uniti), del gennaio 2008, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
“Principio dell’orgoglio […] è il peccato” dice Siracide 10:13, ed è quello che dicono spesso anche i cristiani. Ma Marti Steussy si chiede “L’orgoglio è sempre una brutta cosa?”.
Chi fra noi è stato etichettato come “malato” spesso trae forza dalle celebrazioni del Pride: sono occasioni in cui ci diamo l’un l’altro il posto d’onore (“Amico, punta in alto”) all’interno di una cultura che ci darebbe al massimo “l’ultimo posto” (Luca 14:10). L’orgoglio sembra essere un problema soprattutto per chi già gode di privilegi.
Quando prendiamo alcune delle letture di questa settimana che parlano di Dio che intronizza gli umili al posto dei governanti (Siracide 10:14), possiamo pensare che la giustizia sia finalmente tra noi.
Ma Charles Allen rileva che cambiare le carte in tavola non può essere la soluzione. Se non prestiamo attenzione alla maniera sistematica con cui alcuni di noi vengono relegati ai margini, rimarremo dipendenti da un sistema in cui qualcuno rimarrà sempre umiliato. Abbiamo anche sentito parlare di un potere che annulla questo circolo vizioso con la celebrazione dell’amore reciproco, che noi crediamo sia la natura stessa di Dio.
Quando la ricerca di una posizione lascia il posto alla reciprocità, possiamo trovare altre ragioni per “dire con fiducia: Il Signore è il mio aiuto, non temerò. Che mi potrà fare l’uomo?” (Ebrei 13:6).
– “Orgoglio” è una brutta parola per voi? Possiamo avere orgoglio per noi stessi senza umiliare qualcun altro? Quale linguaggio usereste per celebrare l’incommensurabile bontà, agli occhi di Dio, di essere voi e nessun altro?
Luca 14:7-14 sembra, a prima vista, un esempio di saggezza casalinga (simile a Proverbi 25:6-7): evitate ogni imbarazzo di fronte a chi vi ospita; invitate i poveri a pranzo e guadagnerete dei bei punti al momento della resurrezione. Marti Steussy si chiede se c’è per caso qualcos’altro. Qui Gesù sta cercando di immaginare una società in cui le persone sono valutate non solo per i favori che possono restituire? La risposta, come suggerisce Charles Allen, sta nel modo in cui questo passo rientra nel piano del vangelo di Luca e della predicazione di Gesù: noi “guadagniam
o” la nostra vita lasciandola entrare nella vita comune di Dio, e la nostra “ricompensa” è una vita nuova, libera dall’ossessione del potere, del privilegio e della posizione sociale, non un qualcosa che possiamo depositare in un conto bancario o appendere al muro.
– Chi invitate ai vostri incontri, la gente con cui vi divertite? Cosa potreste guadagnare passando del tempo con gente che non solletica nemmeno il vostro interesse?
Helene Russell trova i lineamenti di tale vita comune, la vita di reciprocità, in Ebrei 13. L’autore ha la visione di una comunità in cui gli stranieri e i prigionieri sono accolti e ricordati, i cui membri sono non solo disposti, ma lieti di condividere ogni cosa. Alcuni potrebbero leggere “il talamo sia senza macchia” (versetto 4) come un affronto al matrimonio omosessuale, ma Marti Steussy suggerisce che questa ammonizione riguardi la comunità che deve riconoscere e fornire un sostegno continuo alle relazioni intime.
L’amore reciproco in comunità deve rispettare i limiti quando è in gioco l’intimità. Charles Allen considera la pratica dell’amore reciproco niente di meno che la pratica della presenza di Dio. Il fondamento di questa pratica è la promessa di Dio “Non ti lascerò e non ti abbandonerò” (versetto 5).
– La promessa di Dio di non abbandonarci vi suona vera? Ci pensate mai? Quando avete sentito la presenza di Dio? Quando avete sentito la sua assenza, e cosa vi ha fatto andare avanti?
Dio forse promette di non abbandonarci, ma Geremia 2:4-13 ritrae il suo sgomento nell’essere abbandonato dal suo popolo. Dio appare come il sopravvissuto perdente di un matrimonio fallito con Israele e di un matrimonio vicino alla fine con Giuda; nel versetto 5 chiede “Quale ingiustizia trovarono in me i vostri padri, per allontanarsi da me?”.
In questo e in altri passi di Geremia il genere del coniuge di Dio si alterna continuamente tra maschile e femminile! Seguendo Kathleen O’Connor nella New Interpreter’s Study Bible (Abingdon Press, 2003, p. 1059), Charles Allen nota che Geremia forse usa la figura della donna infedele per svergognare i lettori maschi. È una mossa pericolosa che può perpetuare il patriarcato e l’abuso coniugale. Ma, qualunque sia lo scopo retorico e i suoi rischi, se il coniuge di Dio continua a cambiare di genere, Dio non sembra per questo molto eterosessuale!
Helene Russell vede un collegamento tra il rifiuto di Dio da parte di Israele, la sorgente di acqua viva (versetto 13) e l’”arroganza” che gli altri testi denunciano. Il popolo di Dio rigetta Dio non per un altro dio, ma per un semplice nessuno, punto (versetto 11)! Rigettano l’acqua viva per scavare pozzi asciutti, osserva Marti Steussy.
– Quando le persone che amate ignorano come vi sentite, come reagite? Riuscite a dare un nome al vostro dolore e alla vostra rabbia? Riuscite a tenere la porta aperta alla riconciliazione?
Il Salmo 80 (81) immagina Dio, stranamente, sia come una madre che allatta al seno che come un guerriero che punisce. Marti Steussy si chiede “Perché non riusciamo a immaginare Dio che ama noi senza che debba odiare qualcun altro?” Come Geremia, il salmista ritrae Dio che desidera che Israele gli permetta di prendersi cura di lui e di proteggerlo. Ma la protezione viene concepita come una violenza verso gli estranei. “Che mi potrà fare l’uomo?” (Ebrei 13:6) diventa infatti “Ecco cosa Dio farà loro.”
Il Salmo 111 (112) è vicino a “Che mi potrà fare l’uomo?”. Il salmista si delizia della sorte dei nemici, ma sembra che sia la loro stessa rabbia a farli indebolire (versetto 10). In gran parte, nonostante questo salmo faccia il paio con l’avvertimento del Siracide contro l’orgoglio, è nella celebrazione del suo orgoglio che il popolo di Dio può trarre incoraggiamento. Ma, lo ripetiamo, tali celebrazioni possono essere viziate e oppressive se non sono modellate dall’amore reciproco della vita comune di Dio.
La nostra preghiera
Tu Dio di Grazia
tu ci incontri
tienici con te e mettici alla prova nella nostra vita con gli altri;
trasfigura le nostre relazioni perché l’amore reciproco possa continuare
fino a che ci troveremo accolti nei luoghi altissimi
che hai riservato per tutti i tuoi figli
attraverso la tua Parola e il tuo Spirito.
Amen
* I passi biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI
Testo originale: Ordinary Time through Reign of Christ Sunday Year C