Essere pietre vive
Riflessioni del pastore Jonathan M. Terino
La prima lettera dell'apostolo Pietro fu scritta per incoraggiare persone emotivamente sfinite e disorientate a essere "pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio". L’immagine delle pietre ci invita "a vederci insieme, non come mucchi di rocce o pietre sparpagliate lungo il paesaggio di una terra di nessuno, ma come pietre appartenenti a una struttura edificata su Cristo. Un’immagine splendida di appartenenza". Ma Pietro incoraggia i suoi destinatari a non essere osservatori passivi di eventi traumatici o vittime impotenti dei (pre) giudizi altrui. Piuttosto, conferisce a noi un potere decisionale. Non ci dobbiamo domandare dove sarà Dio ora ma possiamo scegliere di essere noi il luogo della presenza di Dio nel mondo, qui ed ora, solo così saremo davvero popolo di Dio. A ognuno di noi il compito di decidere se accettare o no questa sfida.
"… come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore. Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo.
Si legge infatti nella Scrittura: Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso. Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, sasso d'inciampo e pietra di scandalo.
Loro v'inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia" (I Pietro 2, 2-10)
Viviamo in un mondo fluido caratterizzato da un pluralismo che tende a sminuire il valore dell’individuo. La ricerca dell’identità è diventata una questione che interpella individui e Chiese. Noi tentiamo di scoprire la nostra identità in quei tratti che ci distinguono dagli altri, che ci rendono unici.
Essa è legata al nostro senso di appartenenza, alla consapevolezza di far parte di un corpo, di un organismo, di una comunità. Non possiamo riconoscere la nostra libertà di figlie e figli di Dio se non nel nostro appartenere a Lui e gli uni agli altri, dove siamo di casa, ci sentiamo a casa.
1 Pietro fu scritta per incoraggiare della gente emotivamente sfinita e disorientata per via degli eventi storici traumatici, che dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, la Dimora di Dio, sperimentano l’alienazione e la sofferenza in quanto estranei al sistema sociale e politico.
Pietro invita i lettori a continuare a venire a Gesù e a farsi inserire nella costruzione del tempio spirituale, la casa di Dio: buona notizia per persone private di una dimora fissa, che si chiedevano dove fosse Dio in questa dispersione. Non si devono mettere a cercare una patria o la presenza di Dio; possono scegliere di essere il luogo della sua presenza. Il contesto di questo capitolo è l’unità domestica della famiglia di Dio. I credenti da poco nati o rinati e inseriti nell’unità della chiesa sono gli “eletti che vivono come forestieri dispersi nel Ponto, nella Galazia …”.
Pagani e barbari, che prima non facevano parte del popolo di Dio, sono ora inseriti come pietre viventi nella sua casa, dove Gesù è la pietra vivente e angolare. Pietre rifiutate dai non credenti, ma confermate da Dio.
La Comunità è una sola comunità “Una razza scelta, un sacerdozio regale, una nazione santa, il popolo stesso di Dio”. Alcune di queste espressioni risuonano nelle nostre orecchie come slogan pericolosi e molto vicini a noi, che rafforzano il senso dell’appartenenza esclusiva. In nome della religione anche cristiana sono state perpetuate atrocità contro etnie che non venivano riconosciute come parte della propria civiltà.
Appellandosi alle proprie radici cristiane, molti europei rivendicano il diritto di affermare i propri simboli religiosi e i privilegi consolidati nei secoli, nella società civile. Ma qui l’identità è strettamente collegata alla storia del rigetto, che è esperienza comune dei credenti. L’immagine della pietra però non descrive solo il rigetto e la riabilitazione. Fa parte della nozione della costruzione.
La salvezza non è solo una promessa ad individui per offrire loro speranza individuale. È una chiamata rivolta alla comunità. L’immaginario delle pietre ci invita a considerarci come pietre e vederci insieme, non come mucchi di rocce o pietre sparpagliate lungo il paesaggio di una terra di nessuno, ma come pietre appartenenti a una struttura edificata su Cristo. Un’immagine splendida di appartenenza.
Per essere inclusiva, la Chiesa deve conoscere i suoi confini e la sua ragion d’essere. Pietre vecchie, recenti, forti, lucide, solide, di forma diversa – c’è posto per tutti. I Pietro incoraggia i suoi destinatari a non essere osservatori passivi di eventi traumatici o vittime impotenti dei (pre) giudizi altrui. Piuttosto, conferisce ai lettori un potere decisionale.
Non dovranno cercarsi una casa; possono scegliere di essere casa e famiglia per i senzatetto. Non si devono domandare dove sarà Dio in tutto questo: possono scegliere di essere il luogo della presenza di Dio nel mondo, qui ed ora. È così che sono il popolo di Dio.
L’autore non pensa a due ordini, uno sacerdotale e uno laico, ma all’intero popolo che svolge un ruolo sacerdotale. Non distingue tra sacerdozio universale e ministeriale. La comunità rappresentata come edificio costruito su Cristo – la pietra d’angolo rigettata – deve essere il luogo della santità, una comunità impegnata nella liturgia e nei sacrifici di lode. Questo si rifletterà nelle diverse pratiche del culto, ma riguarda più gli effetti del culto che le sue pratiche. La gente che ha ricevuto misericordia ha ricevuto il dono di Dio e si trova insieme per celebrare e condividerla con tutti.
Questo dono è un ostacolo sulla via di chi persegue il potere: La pietra, per non parlare dell’edificio, non può che irritare chi nega la misericordia. Ma l’immagine si può trasformare in una struttura pomposa e ambiziosa. Stranamente, quando la Chiesa fa una figura troppo bella e pare abbia la stabilità per vivere in eterno, perde il collegamento con le sue fondamenta.
Il linguaggio dell’appartenenza al Tempio ha un senso solo dove siamo dislocati ed emarginati, dove la Chiesa non si sovrappone alla società. Una comunità inclusiva, aperta, proprio nella sua precarietà storica.