Essere un ex prete gay nella Polonia “libera dall’ideologia LGBT”
Articolo di Thomas Giraudeau pubblicato sul sito dell’emittente Radio France Internationale (Francia) l’11 ottobre 2019, liberamente tradotto da Fabiana Ceccarelli
Dopo otto anni trascorsi all’interno della Chiesa cattolica polacca, Łukasz Kachnowicz ha deciso di lasciare l’abito talare. Disgustato dalle affermazioni dell’arcivescovo di Cracovia in merito alla cosiddetta “peste arcobaleno” e dall’omofobia sempre più presente all’interno dell’istituzione, Łukasz Kachnowicz ha fatto il suo “coming out” e ora vuole lasciare la regione in cui risiede.
La situazione è quasi divertente… Łukasz Kachnowicz, 34 anni, forse oggi è uno degli omosessuali più conosciuti in Polonia, da quando quest’estate ha fatto il suo coming out, che ha avuto un forte impatto mediatico. Ciò nonostante vive a Puławy, una città che lo scorso maggio si è dichiarata libera dalla “ideologia LGBT”.
Qui i consiglieri comunali hanno voluto impedire sia l’introduzione di corsi di educazione sessuale, inesistenti in Polonia, sia le lezioni contro le discriminazioni all’interno delle scuole. Corsi che potevano essere tenuti da associazioni LGBT, come avviene a Varsavia, la capitale del paese, 130 km più a nord.
“La peste arcobaleno”
D’altra parte Puławy non è la liberale Varsavia. 50.000 abitanti, situata a sud-est della Polonia, è cattolica, ultraconservatrice, e i suoi abitanti votano in massa per il partito Diritto e Giustizia, attualmente al potere.
Il 1° agosto 2019 l’arcivescovo di Cracovia, la seconda città del paese, pronuncia un sermone incendiario contro le persone LGBT. Parla di “peste arcobaleno”, che oggi avrebbe rimpiazzato la “peste rossa comunista”. Questo è davvero troppo. Łukasz decide di rivelare la sua omosessualità e prende le distanze dalla Chiesa: “Io sapevo di essere gay ancora prima di entrare in seminario, ma non pensavo che questo sarebbe stato un problema. Dio ama ogni individuo, in teoria, chiunque esso sia, e la Chiesa è una casa che dovrebbe accogliere tutti indistintamente”.
“Mai stringere la mano a un omosessuale”
Cresciuto in una famiglia non credente, scopre la fede al liceo, e decide di servire Dio attraverso il sacerdozio: “Quando ho iniziato nella mia prima parrocchia, ho capito subito che non potevo dire apertamente ai fedeli o al mio superiore, il vescovo, che ero gay”.
Ricorda un episodio che lo ha particolarmente segnato: “Ero andato a cena da amici assieme ad un altro prete della mia parrocchia. Durante la serata egli disse che non avrebbe mai potuto stringere la mano ad un omosessuale. Chiaramente non sapeva che io lo fossi”.
Gli anni passano. L’omofobia nella Chiesa è sempre più tangibile. Febbraio 2019, il sindaco di Varsavia firma una dichiarazione LGBT+, che prevede la creazione dei famosi corsi di educazione sessuale.
Prontamente la Chiesa Cattolica denuncia un testo “che rimette in discussione la visione cristiana dell’Uomo, e che costituisce una minaccia per il futuro del continente europeo”.
L’alleanza tra il trono e l’altare
Decine di sacerdoti e vescovi, preoccupati che certi ambienti LGBT possano entrare in contatto con le scuole, iniziano a denunciare, durante le prediche delle messe domenicali, una determinata ideologia: “La Chiesa pronuncia parole sulle persone LGBT che sono in totale contraddizione con i messaggi di tolleranza di Papa Francesco”, protesta Łukasz.
In un Paese dove, secondo le cifre della Conferenza Episcopale, poco meno del 40% dei Polacchi va regolarmente a messa, il peso politico della Chiesa ha ancora la sua importanza. A questo si deve aggiungere poi il potere dei media cattolici, tra cui Radio Maryja, ultraconservatrice e sostenitrice dell’attuale governo: “Il primo ministro e i membri dell’esecutivo partecipano ogni anno all’anniversario di questa stazione radio. Una messa grandiosa viene celebrata dal proprietario di questi media, padre Tadeusz Rydzyk. Il partito al potere, il PiS, in questa occasione, si presenta ufficialmente al suo fianco. È l’alleanza tra il trono e l’altare” spiega Łukasz
La Chiesa e il PiS, Diritto e Giustizia, condividono la stessa visione conservatrice della società. Sono entrambi per una limitazione dell’aborto, contro la fecondazione in vitro e per il mantenimento delle lezioni di religione a scuola. Sono quindi contro “l’ideologia LGBT”: “Questo partito ci ha dichiarato guerra, e la Chiesa lo ha seguito”, deplora Łukasz, che aggiunge: “Lo scorso aprile il vescovo Mering, durante una messa, si è rivolto al capo del partito al potere, Jarosław Kaczynski, e gli ha detto: I vostri successi sono i nostri successi”.
Una Chiesa politicizzata e omofoba
Di recente, a fine settembre, un sacerdote di Lublino, la più grande città del sud-est della Polonia, non lontano da Puławy, ha lasciato che un candidato del PiS facesse campagna elettorale davanti alla sua chiesa, poco prima della messa. E durante la funzione, ha invitato apertamente i fedeli a votare per costui.
“Non mi sentivo più a mio agio all’interno di questa Chiesa politicizzata e omofoba. Ho mandato una mail al mio vescovo dicendo che dovevo andar via. Ho preso questa decisione agendo secondo coscienza”, racconta Łukasz.
Łukasz si sente tradito dalla Chiesa Cattolica polacca. Vuole lasciare la città di Puławy, che ha firmato la dichiarazione contro l’ideologia LGBT, e andare a vivere col suo compagno in una grande città, dove conta di trovare più tolleranza.
Testo originale: « Łukasz, ex-prêtre et gay, dans une ville libre de «l’idéologie LGBT»