Eurobarometro. L’omofobia istituzionale cresce sempre più in Europa
Articolo di Ben Van Duppen e Yvan Brys pubblicato sul sito del periodico Solidaire (Belgio) il 30 ottobre 2020, liberamente tradotto da Marta Pistilli
A fine agosto scorso, il primo ministro [ungherese] Viktor Orbán ha pronunciato un discorso durante l’inaugurazione di un monumento che commemora la fine della Prima Guerra Mondiale. Ha colto l’occasione di questa cerimonia per fare riferimento a uno dei suoi cavalli di battaglia: ha chiamato l’Europa Centrale a difendere “i valori e i princìpi cristiani” e ha dichiarato di unirsi alla Polonia in qualità di leader, definendo il suo Paese come “portabandiera”.
Orbán stesso si era opposto ad una convenzione del Consiglio d’Europa nel 2015, che chiedeva alla Commissione Europea di contrastare le discriminazioni verso la comunità LGBT+: secondo lui, queste persone non hanno nessun posto nella società cristiana conservatrice che lui e i suoi simili auspicano.
I “centri di conversione”
Uno degli assi portanti della “guida” che intende essere la Polonia è una politica che rende la vita praticamente impossibile alle persone LGBT+, anche qui, in nome di “valori cristiani” e con il sostegno della Chiesa Cattolica. Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha espresso il suo sostegno, in occasione di un programma radiofonico, a un progetto dei vescovi cattolici volto a creare speciali “centri di conversione” per le persone LGBT+. Questi centri avrebbero il compito di gestire le terapie per coloro che vogliono ritrovare il loro “orientamento sessuale naturale”.
Le terapie di conversione sono pericolose. Un recente studio olandese indica come questo tipo di psicoterapia abbia effetti negativi sul benessere psichico e sulla vita privata e sociale delle persone che la seguono.
Nel 2018 il Parlamento Europeo ha invitato gli Stati membri a vietare tali terapie, opinione condivisa dalle Nazioni Unite, che definiscono queste pratiche come disumane. Attualmente, nei Paesi Bassi come anche in Belgio, questo tipo di terapia non è ancora vietata.
I responsabili politici del governo polacco non fanno mistero nell’esprimere la loro avversione nei confronti di coloro che hanno un orientamento o un’identità di genere diversa. Il 20 agosto 2020 il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha nominato un nuovo ministro degli affari esteri, Zbigniew Rau, professore di diritto ed ex governatore provinciale. Rau parla volentieri di “ideologia LGBT+” che ha descritto su Facebook come una “civiltà della morte anticristiana”.
Zone libere dalle persone LGBT
Andrzej Duda, il presidente polacco recentemente rieletto, ha promesso di vietare i matrimoni omosessuali, l’adozione da parte di persone omosessuali e l’insegnamento LGBT-inclusivo nelle scuole.
Ovviamente si è anche opposto alla liberalizzazione del matrimonio delle coppie omosessuali, e alla possibilità di adottare dei bambini. Questo divieto è inserito nella Costituzione polacca, che prevede che il matrimonio non possa avvenire che tra uomo e donna.
Duda ha qualificato i diritti LGBT+ come “un’ideologia più distruttiva del comunismo”. Le conseguenze di questa affermazione non sono irrilevanti: il governo polacco ha recentemente annunciato di voler limitare l’educazione sessuale, affinché i bambini smettano di essere “pervertiti” dalla masturbazione e dall’omosessualità.
Nel 2019, ottanta enti locali e regionali si sono dichiarati “zona libera dalle persone LGBT”. I bar gay e le manifestazioni come il Gay Pride sono vietati. Ciò fa sì che da un po’ di tempo queste manifestazioni siano bersaglio dell’estrema destra polacca. Le “zone libere dalle persone LGBT” ricordano il regime di apartheid del Sudafrica, con le sue zone riservate ai “bianchi” e le altre riservate ai “non bianchi”.
In un paese situato nel cuore dell’Unione Europea, questa nuova discriminazione istituzionale è sempre più ampia. Le autorità locali ricevono un sostegno economico da parte del governo nazionale per resistere alla pressione internazionale.
Dove c’è l’oppressione, c’è anche solidarietà
Dove c’è l’oppressione, c’è anche resistenza e solidarietà. È il caso della Polonia. Il gruppo Stop Bzdurom (“Stop alla follia”) ha decorato il 7 agosto scorso alcuni monumenti di Varsavia con delle bandiere arcobaleno, simbolo internazionale della solidarietà LGBT+, e questo gesto ha dato luogo all’arresto di quarantotto militanti. Il giorno successivo, diverse migliaia di persone scendevano per strada per protestare contro tale repressione.
In occasione della presentazione di giuramento del presidente Duda, i membri dell’opposizione indossavano mascherine arcobaleno. Jakub e David, una giovane coppia omosessuale, hanno deciso di partecipare alla lotta contro il coronavirus, pur esprimendo la loro opposizione all’omofobia; a tal fine, hanno realizzato le proprie mascherine con i colori dell’arcobaleno e le hanno distribuite agli abitanti di Gdańsk, Gdynia e Sopot.
L’opposizione alla politica omofobica attualmente in vigore in Polonia beneficia del sostegno internazionale, soprattutto in Belgio, dove il 19 agosto alcune persone LGBT+ si sono riunite nella rotonda Schuman di Bruxelles per esprimere la loro solidarietà nei confronti dei loro omologhi polacchi.
Il Vlaams Belang apprezza l’approccio reazionario polacco
Quando la Commissione degli affari esteri ha approvato una proposta di risoluzione che invitasse il governo belga a condannare le zone libere dalle persone LGBT della Polonia, il Vlaams Belang [partito fiammingo di destra, n.d.r.] si è astenuto. Non si tratta di negligenza politica. Questa astensione cela una visione politica omofobica e transfobica radicata nel partito fin dalla sua creazione.
Il programma ufficiale del partito non dice nulla riguardo i diritti delle persone LGBT+; tuttavia, la posizione omofobica e transfobica del partito è stata rapidamente confermata poco dopo le elezioni da due nuovi eletti del Vlaams Belang: Filip Brusselmans e Dominiek Sneppe.
Filip Brusselmans ha confermato la sua posizione fino a quel momento, ossia che le persone transessuali e LGBTI saranno sempre anormali. Ha espresso le sue perplessità sul fatto che “la procreazione e l’amore possano essere due cose distinte”. Dominic Sneppe ha dichiarato dal canto suo: “La famiglia tradizionale rimane la pietra miliare della nostra società”. Tom van Grieken si è affrettato a spegnere questi fuochi, anche se ciò non ha impedito al grande pubblico di constatare che la nuova generazione del Vlaams Belang abbia le stesse opinioni sulla sessualità e il genere dei suoi predecessori.
Testo originale: L’extrême droite n’aime pas les droits des personnes LGBT+