Fa ancora paura un educatore omosessuale?
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Email inviataci da Paola di Parma
Arriva un link da un’amica ad un video su YouTube, un giorno, fra tanti che ricevo. “È di un nostro amico, guardalo, ne vale la pena.”
È la storia di Luca, un ragazzo di Carpi, nell’ambito delle “Storie di Speranza”. Da subito mi piace: è un ragazzo empatico, col viso pulito e il sorriso aperto. Mentre Luca racconta la sua storia, rivedo un po’ la mia: nato all’interno di una famiglia cattolica praticante, inserito in parrocchia e in Azione Cattolica. Un’infanzia ed un’adolescenza vissuta nella condivisione di esperienze con i coetanei, fino a che la passione e la gratitudine nei confronti di un’associazione che ha fatto tanto per te si trasforma nel desiderio di mettersi a servizio dei più piccoli per contribuire alla loro crescita nella fede. Proprio come me.
Poi, però, come in una sorta di Sliding doors, le nostre esperienze si differenziano: la mia storia va avanti con la formazione di una famiglia “tradizionale”, marito, figli ed impegno ecclesiale ed associativo. Con disagio ascolto l’esperienza di Luca che, ad un certo punto, a causa del palesarsi del suo orientamento sessuale, viene invitato a non ricoprire più incarichi associativi. Luca racconta una “storia di speranza” che è evidentemente frutto di un percorso faticoso, che ha attraversato sofferenza, fatica, illusione e delusione.
La cosa che maggiormente mi colpisce è il modo in cui Luca parla dell’Azione Cattolica, il mondo che ci accomuna e in cui io continuo il mio servizio con passione, ma che in questo momento mi crea un po’ di imbarazzo, lo ammetto. Avrebbe avuto il sacrosanto diritto di esprimersi con toni molto duri nei confronti di chi l’ha rifiutato dopo averlo educato, formato ed avuto come educatore. Lo avrei capito.
Luca sceglie invece di parlarne con delicatezza, senza acredine, ma mostrando l’evoluzione di quel dolore, che si esprime nella domanda finale: come possiamo evitare che le persone si allontanino dall’AC, o dalla Chiesa, o dal Vangelo stesso, a causa di qualcosa che non ha niente a che fare con il messaggio di Gesù?
Cerco di andare un po’ oltre e mi chiedo: cosa è che fa paura in un educatore omosessuale? Sinceramente fatico a trovare una risposta che vada ad di là degli stereotipi frutto di una tradizione atavica e superficiale. Gli stessi stereotipi di cui, peraltro, gli omosessuali sono vittime anche nella società civile.
Eppure, credo che qualcosa si stia muovendo, anche se molto lentamente. Lo vedo nel mondo della scuola, dal mio osservatorio privilegiato di insegnante di scuola superiore. Ho visto spesso, soprattutto nel passato, discriminazioni più o meno palesi nei confronti di studenti, ma anche di colleghi omosessuali: spesso il loro orientamento sessuale era sufficiente per dubitare della loro professionalità di docenti- educatori. Anche oggi ho colleghi omosessuali, ma per fortuna viene riconosciuto loro, anche da studenti e famiglie, il giusto valore e la competenza disciplinare ed educativa.
Questo mi fa pensare che anche nella Chiesa ci sia speranza, anche grazie alla testimonianza di persone che, come Luca e tanti altri, non si sono fermate allo Stop, ma hanno saputo elaborare il dolore del rifiuto in una paziente attesa, parlando con le persone ed aprendo nuovi orizzonti.
Così, anche l’Azione Cattolica mi sembra si stia muovendo. Si inizia a parlarne, nei gruppi, negli incontri, ci si inizia a porre delle domande, ad ascoltare testimonianze, spesso a fare dei mea culpa. Purtroppo la strada è ancora lunga, ma l’importante è che ci si muova.