Fa’ esistere l’infinito. Il Sinai, monte della maternità e della distruzione
Riflessioni sull’Ebraico e il pensiero biblico di Giuseppe Messina*, seconda parte
Car* amic* la volta scorsa abbiamo visto che l’espressione Dieci Comandamenti, non c’è nella Bibbia. Ma qual è il termine ebraico per designare le Dieci Parole, visto che è l’espressione utilizzata?
Il termine “parola”, in ebraico, si dice davar, dibur, diberah o diber. Chiunque conosca un po’ l’ebraico e la Bibbia sa che Dieci Parole si dice asseret hadiberot. Il suffisso –ot è quello femminile plurale, essendo quello maschile plurale –im: per esempio, i banim sono i ragazzi, le banot le ragazze, il singolare è ben, “figlio di”.
Ordunque, hadiberot, femminile al plurale, non è la forma utilizzata nelle Scritture, ma unicamente nel Talmud [1]. La Bibbia usa il termine “parole” al maschile plurale: devarim. Le Dieci Parole sono le asseret hadevarim. Il termine davar, che può significare sia cosa, fatto oppure parola è sia di genere femminile che maschile. Dal punto di vista grammaticale non è un caso eccezionale. È sorprendente la differenza rispetto alla Bibbia e al Talmud. Come spiegare questa divergenza? Il problema è che lo statuto della parola passa dal maschile al femminile passando dalla Legge scritta a quella orale. Siamo di fronte a due forme diverse dell’essere-uomo.
Tutti i commenti e gli insegnamenti di ogni generazione atti a spiegare la Legge scritta costituiscono la Legge orale. Una parte di questi insegnamenti è stata messa per iscritto tra il II e il IV secolo della nostra era, dando vita al Talmud. L’importanza del Talmud nel giudaismo ricorda che gli ebrei sono il popolo non tanto del Libro, ma dell’interpretazione del Libro. La lettura talmudica della Bibbia la fa letteralmente esplodere sotto l’effetto di interpretazioni date nel corso della storia e che continuano ancora oggi. Il commento e l’incessante commento del commento innovano le lettere immutabili trasmettendo così il soffio del Dio vivente!
Nell’interpretazione, o lettura per esplosioni, non c’è un unico significato, neppure un’interpretazione vera del testo scritto. Leggere significa dipanare, sciogliere, aprire a nuovi e molteplici significati, apprendere le dinamiche inedite contenute nel testo. Anche la parola Torah possiede numerosi significati. Proverrebbe, secondo alcuni fonti, dalla radice yoreh, che significa “tirare l’arco”. Altre fonti sostengono che questa parola deriverebbe dal termine haraah, insegnamento, da cui deriva horeh, genitore, e, al plurale, genitori. Anche questi ultimi termini derivano dalla radice harah, essere incinta, in stato di gravidanza.
Appunto, se ci si chiede perché i Comandamenti sono stati dati sul monte Sinai, possiamo accostarci a questa idea della gravidanza, dalla forma delle montagne. In ebraico, montagna si dice har, la cui radice è la stessa di harah, essere incinta. Orbene, la donna incinta ha, letteralmente, una piccola montagna sul ventre: la sua fecondità è visibile attraverso questa montagna.
La Torah è stata data sulla montagna perché essa dipende fondamentalmente dall’elemento femminile: essa è legata alla fecondità. Nel termine torah c’è dunque, un’allusione alla femminilità dell’essere, se così si può dire. Si tratta di un capovolgimento dei simboli attraverso i quali siamo abituati a pensare. Infatti, sebbene il termine sia femminile- la Torah, o la Legge-, assumiamo piuttosto i significati maschili di comandamento o di ordine.
Questo non è il solo capovolgimento nel contesto in cui sono state date le Dieci Parole. Ricordiamoci: i figli di Israele hanno ricevuto la Torah e i comandamenti nel deserto del Sinai. Ma il monte si chiama anche Horev la cui radice h’arav significa distruzione. È possibile concepire che vi sia una relazione tra il dono della Legge e la distruzione? Sì, se si ammette che la rivelazione della Torah è un momento di rottura dell’ordine cosmico in cui la trascendenza irrompe e si manifesta nel mondo. Secondo la tradizione, ciò avviene perché la rivelazione si determina in un luogo segnato negativamente, un luogo di distruzione.
Contrariamente a ciò che suggerisce l’ordine di un comandamento, la Torah capovolge l’ordine stabilito o, meglio, l’ordine che presuppongono i comandamenti non è l’ordine stabilito. Il termine distruzione ricorda, anche, che la rivelazione sul monte Horeb capovolge le nostre idee costituite. Dobbiamo cercare non chi è Dio in sé, ma ciò che Egli è per gli uomini. Come si è rivelato e come si rivela, ancora, agli uomini? Questa domanda non è del tutto neutrale. Il problema di Dio è quello della rivelazione di Dio. In che modo Lui, l’Infinito è entrato in contatto con il finito? In che modo si è rivelato all’umanità?
Lo scopriremo insieme la prossima settimana…arrivederci cari amici e shavua tov! (buona settimana).
[1] Si tratta di quel vastissimo insieme di tradizioni rabbiniche, costituito dalla Mishnah e dalla Ghemara, che racchiudono il corpus della dottrina giudaica, redatto dai maestri di Babilonia e Israele. Vi sono due Talmud: uno di Gerusalemme, detto anche palestinese, più antico, e uno babilonese, che è il Talmud per antonomasia. Quello palestinese ha assunto la forma attuale all’inizio del V secolo E.v.
* Giuseppe Messina è docente ordinario di filosofia e storia presso il Liceo Scientifico N. Copernico di Bologna e dal 12 marzo 2010 è presidente-fondatore dell’Associazione Amicizia Ebraico Cristiana (AEC) di Bologna, già membro dell’AEC della Romagna. Scrive articoli sul Bollettino dell’associazione AEC di Firenze. Dal 2006 studia Ebraico biblico presso la Fraternità di Charles de Foucauld di Ravenna con la maestra Maria Angela Baroncelli Molducci. Ha insegnato Ebraico biblico e Pensiero ebraico presso il Collegio San Luigi dei Padri Barnabiti di Bologna e presso il Centro Poggeschi dei Padri Gesuiti di Bologna.