Fa’ esistere l’Infinito. Libertà significa rischiare
Riflessioni sull’Ebraico e il pensiero biblico di Giuseppe Messina*, sesta e ultima parte
Il termine etica lo conosciamo un po’ tutti e comunemente esso è collegato alla morale, all’azione buona e giusta, al bene che bisogna fare, alle buone decisioni da prendere. Con questo termine, almeno per come viene qui inteso, e come verrà ripetuto a proposito del terzo comandamento, si intende innanzi tutto, un’attitudine, un movimento, una ricerca, un frammento, una dinamica di vita.
Il primo comandamento- ma vale anche per gli altri- istituisce un’etica della parola, ossia il rifiuto della parola stabilita una volta per tutte, morta a causa dell’abitudine, divenuta insignificante e prigioniera del suo uso. Le Dieci Parole sono state enunciate cinquanta giorni dopo l’uscita dall’Egitto e rappresentano una sorta di liberazione dalla parola asservita, servile. Occorre anche liberarsi dall’idea che esse siano “incise” nella pietra. Il Talmud dice: “Non leggere “Incise” (charut), ma “libertà” (cherut)”.
La riflessione sul Tetragramma, alla quale invita il primo comandamento, va nella stessa direzione. Quattro consonanti senza vocali, parola impronunciabile, il Tetragramma invita a reinventare la parola a partire dal silenzio. Esso sottolinea che il rapporto tra vocali e consonanti non è evidente come quello tra scritto e orale. La stessa cosa va detta per il testo scritto che non è un testamento da conservare intatto e da custodire preziosamente in un cassetto. Non colma qualcosa che non abbiamo. Al contrario, nel nostro “pieno”, introduce uno spazio, un vuoto, una distanza, una domanda…E ciò che può dire va sempre al di là di quello che vuol dire.
La parola di liberazione proposta dal primo comandamento è riso e gioco. Essa si oppone al linguaggio prefabbricato e agli slogan che ritroviamo nella pubblicità e nella politica. Così come è lontana dai concetti fissati della filosofia. Questa parola si oppone all’idea che dobbiamo dire tutti la stessa cosa. Per questo i rabbini hanno spiegato che prima di ogni lezione bisogna raccontare delle storie, delle facezie che aprano lo spirito e lo facciano uscire dalla seriosità e dal conformismo. A questo proposito, nessuna lettura “fedele” è veramente importante e nessuna lettura importante è veramente “fedele”.
Tuttavia il primo comandamento non è solo invenzione nell’ordine della parola. Esso invita, anche, a porsi come innovatori nell’azione, a inventare nuove forme di vita. L’uomo che ascolta i comandamenti è uscito dalla schiavitù d’Egitto. Non lo fa per restare schiavo altrove! Il suo Dio è un liberatore. L’interpretazione, dunque, non è solo un’operazione intellettuale, uno sforzo per capire il significato dei testi. È, anche, e forse, ancora di più, un’attitudine di vita, un’esperienza di vita, un’invenzione concreta di sé.
La libertà consiste in uno sforzo costante di affrancamento rispetto a tutto ciò che impedisce d’essere se stessi. Ogni persona deve, in definitiva, diventare redentore del mondo e di Dio. Ciascuno ha una responsabilità nei confronti dell’Infinito. Ora, le scintille di ognuno sono uniche, onde, ciascuno è unico, soggetto insostituibile, e di conseguenza è obbligato a costruire il proprio cammino, a scoprire le proprie scintille, in ogni campo, sia quello dello studio che quello della vita quotidiana. Si tratta di imparare a guardare ogni volta il mondo con uno sguardo nuovo, di dare a ogni gesto, fosse anche il più semplice e insignificante, freschezza e importanza tanto da rendere la vita più gustosa e feconda.
In definitiva bisogna guardare e vivere la vita presente a partire dalla Redenzione. La Trascendenza, l’Infinito, l’Eterno non sono un pre-mondo, essi si levano e possono brillare in tutto il loro splendore, con tutte le loro scintille, in questo mondo, pienamente e con attenzione. L’attenzione è il tramite attraverso cui fluisce la gentilezza. Niente attenzione, niente gentilezza. E anche niente calore, niente cuore, niente relazione. Pensate a vostri momenti migliori con gli altri: sono sicuro che non eravate distratti.
Eravate invece attenti e disponibili. Se siamo attenti, diamo importanza e significato ad un altro essere umano e gli siamo vicini, possiamo davvero comunicare con lui e capirci. Solo se siamo presenti possiamo apprezzare e amare un’altra persona. E quando c’è un conflitto possiamo risolverlo soltanto se, anziché rimuginare o fantasticare, siamo svegli. Per tutte le nostre relazioni, l’unico momento che abbiamo è ora.
Infine, ricordiamoci sempre: ogni giorno non è la ripetizione di quello precedente. Rabbi Nachman di Breslav, grande maestro chassidico vissuto nel XIX secolo affermava da par suo: “È proibito essere vecchi”.
* Giuseppe Messina è docente ordinario di filosofia e storia presso il Liceo Scientifico N. Copernico di Bologna e dal 12 marzo 2010 è presidente-fondatore dell’Associazione Amicizia Ebraico Cristiana (AEC) di Bologna, già membro dell’AEC della Romagna. Scrive articoli sul Bollettino dell’associazione AEC di Firenze. Dal 2006 studia Ebraico biblico presso la Fraternità di Charles de Foucauld di Ravenna con la maestra Maria Angela Baroncelli Molducci. Ha insegnato Ebraico biblico e Pensiero ebraico presso il Collegio San Luigi dei Padri Barnabiti di Bologna e presso il Centro Poggeschi dei Padri Gesuiti di Bologna