Quale posto per le persone omosessuali nella Chiesa cattolica?
Articolo pubblicato sul sito del settimanale cattolico Pèlerin (Francia) il 9 settembre 2015, liberamente tradotto da Dino
Pèlerin ha deciso di approfondire il dibattito dando la parola ad una persona interessata, a Véronique Margron, teologa morale, e al padre assunzionista Jacques Nieuviarts, uno dei nostri redattori.
Su questo argomento nel mondo si trovano a confrontarsi diverse sensibilità. “Se una persona è omosessuale e cerca il Signore, chi sono io per giudicarla?” ha detto papa Francesco. I documenti preparatori del Sinodo affermano che “ogni persona, indipendentemente dalla sua tendenza sessuale, deve essere rispettata nella sua dignità, accolta con sensibilità e delicatezza“. Pur ricordando che il matrimonio tra un uomo e una donna è una realtà diversa da quella delle unioni omosessuali, questi documenti richiedono “una particolare attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone che hanno una tendenza omosessuale”.
Testimonianza di Julien Pointillart, 35 anni, ingegnere, volontario al Soccorso Cattolico. Cristiano impegnato e omosessuale.
Sono cresciuto in una famiglia cattolica, praticante, piuttosto aperta. Sono stato scout, poi capo, responsabile del servizio di cappellania della mia scuola di ingegneria e anche del raggruppamento regionale. Nella mia infanzia non si parlava di omosessualità: da adolescente sapevo già di non essere attratto dalle ragazze, non facevo progetti di matrimonio e interpretavo questo fatto come un richiamo ad una vocazione religiosa.
Quando poi, a 20 anni, ho incontrato Bruno, ho compreso di essere omosessuale. Perché è così, lo si scopre, non lo si sceglie. Mi è sembrato subito evidente che ero chiamato a vivere questo rapporto d’amore; nemmeno per un momento ho pensato che questo fosse contro il disegno che Dio aveva per me. Sapevo bene che c’era un conflitto con le regole della Chiesa e sono andato a controllare nel Catechismo della Chiesa cattolica: ho letto contemporaneamente “accoglienza benevola delle persone omosessuali” e “atto intrinsecamente disordinato”. Ma c’erano talmente tante cose positive in questa relazione, mi rendeva talmente felice, quello che mi stava succedendo era talmente bello che ho rifiutato la contraddizione: avrei valutato in seguito cosa, dietro a queste parole, si poteva applicare a me.
Per i genitori di entrambi fu un cataclisma. Si chiesero in cosa avessero sbagliato nella nostra educazione, temevano che saremmo stati sventurati, rifiutati, condannati all’instabilità affettiva, si chiedevano come accompagnarci o aiutarci a cambiare. I miei genitori si sono fatti aiutare da un amico monaco, che aveva lavorato in questo campo.
Sono convinto che la loro fede ha consentito di attribuire una gerarchia ai loro valori: cos’era più importante? Un percorso entro la norma oppure che il loro figlio vivesse felice e nella verità? Per i miei fratelli e le mie sorelle è stato più facile: tramite i loro amici si erano già confrontati con questa realtà. Sotto i 30 anni non si vede dove sta il problema! In seguito siamo stati accolti in modo completo nelle nostre due famiglie. Ma so che non per tutti è così.
Una bella vita di coppia animata dalla fede
Io stesso ne ho subito parlato a un amico prete: per lui l’argomento era una novità ed ha avuto la delicatezza di dire “non so come gestire la cosa”, affermando comunque che la nostra amicizia, la condivisione nella fede, erano l’aspetto più importante. Lui, ed anche altri che facevano con forza queste affermazioni, hanno spinto Bruno e me a riflettere: c’era un conflitto e l’avremmo approfondito insieme. Non ho l’impressione di vivere una successione di “atti intrinsecamente disordinati” ma una vita di coppia bella e complessa, animata dalla fede. Ho molto rispetto per chi sceglie la lotta spirituale dell’astinenza; la mia scelta è diversa. Adesso sono quindici anni che Bruno ed io viviamo insieme, una vita di coppia ufficiale, senza ostentazione, cercando di non provocare né col nostro atteggiamento né con le nostre rivendicazioni.
Abbiamo cercato di integrarci nella nostra parrocchia, ma non siamo inquadrati in alcuna categoria di attività, né la preparazione al matrimonio o al battesimo, né le riunioni di coppia… Non è che proprio si venga giudicati, ma piuttosto emarginati. Che siano omo o eterosessuali, i ghetti non ci interessano: noi volevamo lavorare sulla nostra coppia dal punto di vista cristiano e abbiamo desiderato far parte di un gruppo parrocchiale. Ma non siamo riusciti ad essere accettati, anche senza molte formalità. Alla fine abbiamo creato un gruppo di coppie omosessuali partendo dalla fede che ci riunisce. Anche noi, cattolici omosessuali, abbiamo delle cose da dire sulla fedeltà, il perdono, la fecondità della coppia… Cominciamo con l’affermare che siamo tutti fratelli e sorelle, accomunati dalla nostra fede cristiana, coi nostri problemi vissuti da cristiani: ci dobbiamo arricchire gli uni gli altri.
Un momento molto intenso
Cinque anni fa, dopo il nostro pacs, abbiamo chiesto al nostro parroco di organizzare un momento di preghiera con le nostre famiglie e i nostri amici, per rendere grazie. Lui ha accettato a condizione che non fosse una parodia di matrimonio. Abbiamo letto una preghiera scritta da noi, un momento molto intenso il cui ricordo mi emoziona ancora. Eravamo un centinaio: alcuni venivano per noi, ma “a ritroso”, o per verificare che non venissero superati i limiti. Tutti sono ripartiti, credo, rassicurati o commossi. Ci sposeremo. Ci manca davvero molto un accompagnamento: mai nessuno ci ha chiesto se viviamo dolorosamente il fatto di non poter avere figli biologici.
La domanda si pone come per qualsiasi coppia, per qualsiasi prete o religiosa: fondare una famiglia, trasmettere ciò che abbiamo ricevuto, è un desiderio profondo dal quale non si è esenti per il fatto di essere omosessuali. E io, che ritengo di aver ricevuto molto, ho desiderio di donare altrettanto! Ora, la Chiesa giustamente propone una riflessione sulla paternità spirituale, fornisce degli strumenti a chi non vive la paternità biologica. Io non so se ho davvero deciso di non avere dei bambini.
Comprendere, non giudicare
Durante la bufera “Manif pour tous” alcuni nella Chiesa hanno vissuto dei momenti di violenza ben poco fraterni, come anche i loro genitori. Le questioni sull’omosessualità, la procreazione medicalmente assistita, la gestazione surrogata sono state istericamente mescolate. Tutte queste problematiche ritorneranno e la Chiesa, in quanto esperta di umanità, dovrà riflettere su quale apporto essa può fornire. Papa Francesco forse ha cambiato il punto di vista, ha anteposto la misericordia al giudizio. Il mio parroco ha accettato che io faccia parte dell’équipe sinodale. Si è forse evoluto anche lui?
E poi c’è il mio impegno nel Soccorso cattolico. Un concorrere di circostanze, tutte in linea con ciò che io sono. Avevo fatto uno stage in Romania durante i miei studi e per questo parlo la lingua rumena. Il gruppo di accompagnamento aveva bisogno di traduttori nelle bidonvilles, presso le famiglie, per ascoltarle, aiutarle nella scolarizzazione dei bambini, per le pratiche amministrative. Non conoscevo niente della questione dei Rom, ma è evidente che in essi io mi ritrovo, che sono sensibile alle loro difficoltà. Prima di tutto in essi vedo fratelli e sorelle, ancor prima della loro reale natura di “ladri di polli” o di mafiosi.
Tutto ciò che riguarda l’accettazione dell’altro nelle sue diversità mi coinvolge: prima di giudicare bisogna cercare di comprendere, di andare più lontano… Per esempio, ho ammirazione per una coppia di amici eterosessuali che, dopo la sollecitazione durante la messa a partecipare alla “Manif pour tous”, ci hanno invitato a pranzo: “Non riusciamo a comprendere, si potrebbe parlarne?”
“Non mento mai”
Anche se la mia omosessualità non è la prima cosa che ho da dire su di me, la nostra situazione “ai margini” crea un clima favorevole per parlare di argomenti difficili; riceviamo molte confidenze. Ed è così che si è rivolta a noi, al momento di abortire, un’amica che si era ritrovata incinta: proprio a noi, senza dubbio i più cattolici tra i suoi amici, quelli che avrebbero dovuto essere i più turbati dalla sua decisione! Mi sono stabilito la regola di non mentire mai: non dico “mia moglie” allo scopo evitare domande. E questo innesca tantissime discussioni. Così è per la mia fede: sei cattolico? E omosessuale? E i Rom? E io rispondo, perché sono un chiacchierone e mi piace discutere sulle questioni di fondo, è una condivisione di umanità.
Preghiera
Signore, nove anni fa ci siamo incontrati e ci siamo amati.
Questo amore vissuto tanto intensamente ci ha messi di fronte alla nostra libertà di figli di Dio.
Abbiamo sempre sentito accanto a noi la Tua presenza indefettibile, ostinata.
Negli occhi delle nostre famiglie e dei nostri amici, in alcune parole di Chiesa, incontri e scambi di confidenze, Tu c’eri.
Signore, per questi anni di felicità e di amore, vogliamo renderti grazie.
Qualunque siano stati e siano gli interrogativi, abbiamo scelto di cercare di vivere una vita di coppia sincera e fedele. Noi costruiamo un quotidiano impegno l’uno verso l’altro, un impegno che desideriamo sia vivo e fecondo.
Se questo nostro cammino ti piace, aiutaci a continuare a seguirlo con onestà, umiltà e fedeltà.
Signore, sulla nostra strada siamo stati circondati da benevolo ascolto e amore. Siamo coscienti dell’immensità di questo dono che Tu hai ispirato.
Fa’ che con la nostra vita sappiamo rendere grazie di questo dono, essendo noi stessi una sorgente d’amore e di accoglienza per gli altri.
Aiutaci ogni giorno con la forza dello Spirito Santo a fare della nostra coppia una fonte di prosperità e di gioia che ci disseti e che si irradi tutt’intorno.
LA POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA. Intervista a Véronique Margron, religiosa domenicana e docente di teologia morale
Cosa dice la Bibbia sull’omosessualità?
La Bibbia non dà risposte alla questione dell’omosessualità in quanto tale, e ancora meno secondo l’attuale concetto di amore omosessuale, come viene definito dalle recenti conoscenze nel campo delle scienze umane… Essa parla, poco, di atti omosessuali, inglobandoli spesso negli atti di violenza sessuale (Genesi 19) o considerandoli come atti di idolatria. La loro condanna è allora dura e senza appello (Levitico 18).
La relazione omosessuale non è in grado di ottemperare a una duplice vocazione umana: l’alterità e la discendenza, questioni centrali per il popolo ebraico. Queste poche decine di versetti tra il Nuovo e l’Antico Testamento non contemplano il concetto di amore, né quello di fedeltà. Essi quindi non possono assumere valore di pensiero globale sulla questione e oggi esigono una più ampia interpretazione.
E cosa dice oggi la Chiesa?
Innanzitutto non ne parla spesso. Ma la sua posizione, come quella espressa nel 1975 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nella dichiarazione Persona humana su “alcune questioni di etica sessuale”, è assolutamente chiara. L’atto sessuale deve essere coerente con le sue finalità; queste ultime sono legate alla teologia del matrimonio: amore, fedeltà, diversità dei sessi e apertura alla filiazione.
La Bibbia quindi condanna gli atti contrari a questi principi di finalità. Qui si fa riferimento proprio agli atti, e non all’inclinazione delle persone. È sempre in relazione alle finalità del matrimonio che la Chiesa chiede la continenza alle persone omosessuali. Ricordiamo che l’orientamento omosessuale non è considerato un peccato, perché la Chiesa ha ben compreso che il soggetto non ne è responsabile. Egli sarà invece soggetto attivo di ciò che decide riguardo al modo di vivere la sua omosessualità.
Ci sono delle evoluzioni recenti?
Da più di venticinque anni la Chiesa invita all’accoglienza attenta delle persone. Non può non interrogarsi di fronte ai cambiamenti delle nostre società. Prima di tutto, davanti a valutazioni etiche, noi siamo prudenti, perché nessuno può entrare nell’intimo delle persone. Si tratta di ponderare ciò che costituisce la cosa migliore, ciò che sostiene la vita, il legame, il rispetto dell’altro e di se stessi. La fedeltà affettuosa di una coppia è molto diversa da pratiche vagabonde. Non tutte le persone e le situazioni sono da mettere “nello stesso mazzo”. Pur senza avallare alcuni stili di vita, la Chiesa può modificare il suo punto di vista, dar valore ad atteggiamenti di impegno, di apertura ad una fecondità sociale… E soprattutto deve consentire a ciascuno di avere un posto, di vivere la propria fede nella situazione in cui si trova. Si pone l’accento sulla misericordia e il rispetto verso le persone, gli unici atteggiamenti che consentono un cammino di verità.
APRIRE LE PORTE
La cronaca di padre Jacques Nieuviarts, assunzionista
“Mi trovavo in fondo ad un baratro, in una rabbia interiore, non stavo affatto bene…”. Marie trova finalmente le parole per esprimere ciò che ha vissuto quando Pierre e lei hanno appreso che il loro figlio Philippe era omosessuale e aveva trovato un compagno. È stato un momento molto duro, addirittura violento.
A chi parlarne? Pierre era rinchiuso in una totale incomprensione: “Lui non entrerà mai in casa nostra!…”. Poi la coppia ha avuto qualche scambio con persone molto vicine ed ha apprezzato queste parole semplici, arrivate come miele su una ferita: “Grazie per essere venuti a condividere questo con noi!”. Effettivamente, la pena condivisa era un po’ meno pesante. Sono stati importanti anche i gesti di amici attenti, fatti con delicatezza. Ci sono stati anche questi… 80 Km in bicicletta, percorsi chiacchierando con dei buoni compagni! E le parole di uno di essi: “In pratica l’accoglierai, no?”. Un prete loro amico aveva già detto: “Non puoi non accoglierlo!”. Erano parole molto umane che stabilivano dei punti di riferimento, riaprivano lo spazio della comprensione e consentivano a Pierre e Marie di dare via libera al loro cuore e al loro sicuro istinto di padre e di madre. “Ciò che mi ha aiutato – dice oggi Pierre – è stato il fatto di essere padre: era impensabile una rottura con mio figlio, non era certo facile per lui scoprirsi omosessuale! Abbiamo imparato ad amarlo così com’era.
Oggi il suo compagno è accettato e dà prova di una vera gentilezza nei nostri confronti”. Marie ricomincia a recitare il Padre Nostro, che non riusciva più a pronunciare. “Sia fatta la tua volontà!…”. Ma lei continua “ad avere nel suo cuore una ribellione verso la Chiesa, troppo dura…”. Suo figlio Philippe dice di non avere più la fede. Marie non può crederlo: “È il suo posto nella Chiesa che Philippe non trova più” afferma. “Bisogna smuovere le cose.” Sì, si devono attingere alla sorgente del Vangelo vie di vera tenerezza e di fraternità. E aprire la nostra porta, quella delle nostre famiglie come quella della nostra Chiesa. A tutti!
Iniziativa in parrocchia
Quando Padre Lathuilière, parroco di Francheville (Rhône), in occasione della giornata di ripresa delle attività parrocchiali propone di mettere in programma una questione “di cui non è possibile parlare da nessun’altra parte”, Henri Fayot, membro del gruppo pastorale, parla dell’omosessualità del proprio figlio. Lui e sua moglie hanno scoperto questo universo a loro sconosciuto quando il giovane, dopo un lungo periodo di malessere e di tensioni famigliari, ha detto loro: “Sono gay, è uno stato, non una scelta…”.
Parlandone con i conoscenti, i genitori hanno scoperto che anche altri erano direttamente coinvolti dallo stesso problema e che alcuni ragazzi venivano esclusi dalle loro famiglie per questa ragione. L’incontro con genitori nella stessa situazione, impegnati nella parrocchia, consente di formare un gruppo di riflessione con l’aiuto di Régine Maire, una laica che ha ricevuto dal cardinale Barbarin un incarico di accompagnamento delle persone omosessuali.
“Se ci sono tanti tabù, tante sofferenze e tanta esclusione, la Chiesa ha una parte di responsabilità e deve cambiare il suo atteggiamento; essa si sta evolvendo” afferma Henri Fayot. Il gruppo vuole essere di ispirazione cristiana ma è aperto a tutti: raggruppa da venti a quaranta persone. Così sono state ascoltate le testimonianze di omosessuali, psichiatri, rappresentanti di associazioni…
Testo originale: La place des personnes homosexuelles dans l’Église