Famiglia e famiglie. Quale relazione per i nostri figli LGBT?
Riflessioni Corrado e Michela Contini* pubblicate sulla rivista trimestrale Matrimonio, anno XLIV, n.4, dicembre 2019, pagg.21-28
Da più parti si avanzano riserve per quanto riguarda il rapporto tra “Mondo LGBT” e “Famiglia” che verrebbe vista come una contraddizione ai diritti dei singoli e quindi contrastata o ritenuta sorpassata. Desideriamo offrire un contributo alla riflessione su questo tema declinandolo all’interno della esperienza di cristiani e cristiane LGBT (Lesbiche, Gay, bisex e trans).
Sentiamo il dovere di farlo come sposi uniti da 44 anni di matrimonio, genitori di tre figli e con cinque nipoti, con una storia familiare che, ricca di gioie ma anche di fatiche, ci ha fatto assaporare la bellezza di questa realtà. La famiglia è da sempre al centro del nostro cuore e per essa abbiamo speso le energie migliori della nostra vita. Lo testimonia anche il servizio reso negli ultimi 25 anni alla comunità cristiana di Parma nella pastorale familiare come animatori dei percorsi dei fidanzati che si preparano al matrimonio e di gruppi di famiglie.
Tuttavia, il contributo che vogliamo offrire alla riflessione di tutta la Chiesa riguarda l’esperienza maturata negli ultimi quattro anni come genitori di un figlio gay sia camminando con un gruppo di genitori credenti con figli e figlie LGBT, sia dall’incontro avuto con numerosi gruppi italiani di cristiani/e LGBT di cui molti giovani e giovanissimi e con altri genitori in tutta Italia.
La prima riflessione che nasce proprio da quanto abbiamo potuto sperimentare è che quando la famiglia accoglie l’esperienza, la realtà, di questi figli e figlie, questa famiglia si rinnova. Il manifestarsi della omoaffettività dei figli e figlie, il cosiddetto “coming-out” -uscire dall’armadio- è sempre una esperienza dirompente in ogni famiglia ove questo accada, perché inaspettata, nuova, al di fuori di progetti o idee che i genitori avevano pensato o “sognato” per i loro figli/e.
Talora per rielaborare questo “lutto” occorre un lungo cammino fatto di domande, talora di rabbia e dolore, spesso di lunghi silenzi e ”nell’armadio” dello sconforto e delle paure entrano i genitori. Noi possiamo testimoniare che quando le famiglie, spesso aiutate in questo dalla fede e da altri gruppi di genitori, riescono a percepire tale realtà come un diverso progetto d’amore per i loro figli e figlie, quelle famiglie rinascono alla speranza.
I genitori accogliendoli, generano per la seconda volta i propri figli e i figli sentendosi accolti fanno esperienza reale e tangibile dell’essere amati per come si è. Rinasce un clima di serenità che rende possibile da parte dei genitori vedere il bene e il bello che questi figli e figlie portano in sé e da parte dei figli la possibilità di intessere relazioni stabili e significative.
Noi conosciamo tutti i nostri figli e di questi possiamo dire che non sono “intrinsecamente disordinati” ma semplicemente che hanno una diversa capacità d’amare e che per le nostre famiglie sono stati un dono proprio perché gay. In particolare nella esperienza di casa nostra tutti i figli, indipendentemente dal loro orientamento affettivo, hanno sempre avuto il diritto di sedere alla stessa tavola, di mangiare lo stesso cibo, di parlare con sincerità di cuore, di essere ascoltati con pazienza, di ricevere le stesse cure.
L’esperienza vissuta con il nostro terzogenito, ci ha resi sposi migliori attraverso un dialogo tra noi più intenso, incessante, talora anche aspro che ci ha costretti a verificare e/o modificare le nostre idee, ma che ci ha rinsaldati nella nostra alleanza sponsale: ci siamo ri-innamorati l’uno dell’altra. Inoltre abbiamo toccato con mano ancora di più la bellezza, la ricchezza, il profumo della diversità e che ogni figlio è un dono unico e prezioso, che racchiude in sé un progetto speciale che noi dobbiamo delicatamente scoprire e accompagnare. E’ cresciuta la nostra fede in un rapporto più intimo e intenso col Padre, pregando insieme e dicendoci: “Cosa vuoi Signore da noi in questa realtà? Dove ci vuoi portare? Qual è la tua volontà che ci chiedi di vivere con questa esperienza?»
La risposta non si è fatta attendere: è nato un gruppo di genitori e con loro abbiamo condiviso esperienze e vissuti dolorosi e gioiosi, abbiamo letto, approfondito, pregato… Poi ci siamo aperti all’incontro con altri gruppi, altre esperienze, altre realtà. Tutto questo ha dilatato il nostro cuore: abbiamo abbracciato altri figli e figlie, abbiamo sperimentato di non essere più soli in questa terra “straniera”. Abbiamo gustato la gioia di camminare insieme e abbiamo incontrato in tante persone un modo molto profondo di vivere la fede che difficilmente avevamo sperimentato altrove.
Questa esperienza (perché di vita si tratta!) ci sta rendendo più sensibili verso ogni discriminazione ed intolleranza aiutandoci a cambiare il nostro sguardo, dapprima miope ai bisogni e intrappolato da stereotipi e aspettative distorte, in uno sguardo benevolo, capace di accoglienza e libertà, di fiducia e di speranza e che non ha paura di imbattersi nella dignità umana là dove si trova.
Ecco perché affermiamo che da questa esperienza le famiglie possono rinnovarsi. La seconda riflessione si riferisce più specificatamente alla domanda: ma questi nostri figli e figlie cosa pensano di sé e del loro futuro? come percepiscono la famiglia? Questa riflessione nasce da una esperienza condotta personalmente negli ultimi due anni con 13 coppie gay e lesbiche in un cammino di accompagnamento e discernimento: abbiamo costruito con loro un percorso fatto di racconti e di esperienze, di confronto e di riflessione su come “integrare sempre più la dimensione sessuale nella propria personalità, crescendo nella qualità delle relazioni e camminando verso il dono di sé” (D.F.XV° Sinodo dei Vescovi n. 150).
È stato un percorso che ha cercato di ragionare su termini quali: il nostro vissuto, identità personale e di coppia, dialogo, ascolto, intimità, passione, tenerezza, progetto, castità, fedeltà, fecondità nel generare l’altro. Abbiamo notato come questi termini siano gli stessi che caratterizzano ogni vita di coppia, sia etero che omo, e che rimandino anche in loro al desiderio di una vita buona, al desiderio del bene dell’altro, al desiderio di costruire insieme quel sogno che dall’”IO” arriva al “NOI”, in una parola alla vocazione all’amore.
E’ stato un percorso itinerante in diverse città italiane sempre connotato dalla calorosa e generosa ospitalità delle comunità religiose che ci hanno accolto, segno tangibile di quella Chiesa che, come auspicato, “si faccia accogliente e vicina, dia spazio al dialogo, sia testimonianza di fraternità. Una Chiesa che sappia creare spazi dove risuonino le voci dei giovani” (Christus Vivit n.38). L’incontro con l’altro/altra e il sentirsi amati per come si è, è stato per tutti e per tutte una svolta nella loro vita e per alcuni il modo tangibile e concreto di sperimentare l’amore del Padre.
“Vedo la nostra vita di coppia in un progetto di fede. Mi sento accettata e amata da Cristo”… “Adesso non sono più solo, mi sento più forte”…” Vale la pena vivere questa scelta, dare meno importanza alle mie paure”…” Vedo in lui e nel nostro rapporto cose che altri non vedono e per questo sono disposto a rinunciare al mio lavoro, a cambiare città”…”Ho messo il NOI davanti ad ogni altra cosa”…” Abbiamo iniziato a confrontarci e dialogare, a capire che ancora tante cose l’uno dell’altro ci sono nascoste”…” La nostra vita di coppia ci ha fatto crescere nella vita di fede. La vita di fede ci accomuna”.
Queste brevissime testimonianze raccolte dalle coppie partecipanti rendono bene ragione del fatto che in ognuno di loro è chiara e accolta come profondamente costitutiva, anche nella propria omoaffettività, la percezione del limite di sé e che l’incontro con l’altro porti ad una vita bella e ricca di bene.
Noi coppia di sposi e genitori abbiamo gioito grandemente nel vedere come i valori fondanti la nostra relazione sponsale e quella degli altri nostri due figli sposati, siano gli stessi della loro relazione d’amore a conferma della validità universale e per tutti che quel bene – la relazione d’amore – può assumere tanti volti. Essi avvertono come irrinunciabile il desiderio di una vita a due in cui poter assaporare la gioia di amare ed essere amati per quello che si è, in cui portare a compimento la propria umanità nel perseguire un amore degno di essere vissuto.
E questo desiderio di vita buona a due, noi genitori cristiani, affermiamo con tutta forza essere cosa degna e giusta per il loro bene e benessere avendo visto per contro quanta sofferenza si generi nelle esperienze di amori promiscui. Si tratta di un “piccolo resto” rispetto al variegato “Mondo LGBT”, ma và riconosciuto, rispettato, sostenuto, non negato o taciuto. Come vivano poi la Chiesa, famiglia di Dio e comunità di salvati, sarà il tema di una prossima riflessione.
* * Corrado e Michela Contini sono genitori cristiani aderenti al Gruppo Davide di Parma e alla Rete Viandanti e sono stati membri del Comitato organizzatore del V° Forum Nazionale dei Cristiani LGBT- Albano Laziale 5-7ottobre 2018.
*Membri del Comitato organizzatore del V° Forum Nazionale dei Cristiani LGBT (Albano Laziale 5-7ottobre 2018).