Famiglia o famiglie? Come fraintendere i messaggi del Papa
Riflessioni di Massimo Battaglio
Lunedì 25 marzo, festa dell’Annunciazione, papa Francesco si è recato a Loreto per promulgare il documento conclusivo del Sinodo dei Giovani. Data l’occasione liturgica e il luogo in sui si trovava (il santuario in cui è custodita la “casa della Madonna”) ha pronunciato un discorso incentrato su Maria. Ha proposto tre aspetti della sua vita: figlia, sposa e madre. E ha ricordato la famiglia (e le famiglie), i malati e i giovani.
Non sono l’avvocato del papa – dico spesso con sollievo – ma …
Immediatamente, i media ne hanno approfittato per leggere, tra le sue parole, una sorta di endorsement al Congresso della Famiglia che si sarebbe tenuto quattro giorni dopo a Verona.
Ora: e’ vero che Francesco ha detto alcune parole che potrebbero essere intese in difesa della famiglia tradizionale. Cito:
“Nella delicata situazione del mondo odierno, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna assume un’importanza e una missione speciale”.
Ma è anche vero che ha proseguito dicendo:
“Ogni famiglia, nelle sue diverse componenti, trova qui accoglienza”.
Ed è altrettanto vero che ha aggiunto:
“Non cediamo alla cultura dello scarto che viene proposta dalle molteplici colonizzazioni ideologiche che oggi ci attaccano”.
Capisco la tentazione di chiamare in causa il papa per sostenere una propria posizione o negarne un’altra. Corrisponde un po’ a quella manìa che hanno molti, di spulciare la Bibbia per trovarci qualche versetto che sacralizzi propri pregiudizi. E’ una brutta abitudine ma comprensibile. Ma sia la Bibbia e sia i discorsi del papa, vanno esaminati bene, soprattutto quando non si tratta di dichiarazioni a braccio ma di documenti scritti. Anche una virgola può fare la differenza, quando si tratta di condannare o assolvere qualcuno.
Osserviamo quindi più da vicino il discorso di Loreto
Per l’appunto non c’è una virgola e nemmeno una pausa tra il termine “famiglia” e la specificazione “fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”. Il che significa che il papa, ribadendo che l’istituto matrimoniale tradizionale ha bisogno di maggior attenzione (e come dargli torto?), riconosce che la famiglia fondata su di esso non è l’unica possibile.
Che il matrimonio sia in crisi, e che lo sia soprattutto il matrimonio religioso, non è un’opinione. E’ una questione di numeri, di rilevazioni ISTAT.
In Italia, dal 1989 a oggi, il tasso di nunzialità è passato dal 66% al 44,9%. Significa che, se trent’anni fa risultavano sposate due persone su tre, oggi, più della metà della popolazione non lo è. Nello stesso periodo, i divorzi sono quadruplicati. La percentuale di matrimoni civili ha superato quella dei matrimoni religiosi (59% gli uni, 32% gli altri). Se si esaminano i soli matrimoni in prime nozze, il dato si inverte un po’ (42% contro 45%). Ma ciò significa che i divorzi sono più numerosi tra le coppie sposate in chiesa che tra quelle in municipio. Ciò che risulta più fragile è proprio il matrimonio sacramentale.
Dall’agosto 2016 si è assistito all’ondata felice delle Unioni Civili. L’anno scorso sono arrivate a rappresentare il 9% dei vincoli coniugali celebrati, e il 13% di quelli celebrati in prime nozze. E’ un fenomeno importantissimo, dal momento che la popolazione omosessuale dichiarata in Italia è stimata in un risicato 5%. Sigifica che le persone lgbt hanno una propensione a sposarsi più alta delle altre. Tre volte più alta.
E’ logico che il papa sia preoccupato. Vede un Paese in cui il peso del welfare grava sempre più sulle famiglie, e vede una famiglia tradizionale fortemente in crisi. Ha presente quel 35% di coniugi che non ce la fanno; forse è ben informato anche sulla violenza che in famiglia si consuma sempre più. Credo che non gli sfugga l’aumento di denunce per abuso di minori, nè l’esplosione del fenomeno del femminicidio. Non può non chiedere maggiore attenzione per le famiglie. E in particolare, per quelle fondate sul matrimonio inteso come sacramento.
“Ogni famiglia, nelle sue diverse componenti”
Nel discorso di Loreto, Francesco non torna più sul tema della famiglia tradizionale. Anzi, ribalta subito il punto di vista e parla di “ogni famiglia”. Non accetta la logica di chi sostiene che la famiglia deve essere una sola, magari con un capo, una schiava e due o tre pupi trattati come trofei. Comprende che una ripresa dell’istituzione familiare si potrà avere solo se si sostengono tutte le famiglie.
Le colonizzazioni ideologiche
Quando il papa parla di “colonizzazioni ideologiche”, c’è subito qualcuno che cerca di intendere “l’ideologia del gender”. Farei allora notare che Francesco non ha mai avuto timore, quando gli sembrava opportuno, di citare “l’ideologia del gender” esplicitamente. A costo di rendersi sgradevole, di deludere e di dare adito a fraintendimenti, quando voleva dire “gender”, lo ha detto.
Negli ultimi da quattro anni, si è ben guardato da ripetere questa solfa. Forse si è reso conto che era ormai stanca o priva di senso. Questa volta ha parlato proprio di “molteplici colonizzazioni ideologiche”. Significa che gli attacchi a cui la famiglia deve rispondere sono come minimo molti e non provengono da una sola direzione. Significa probabilmente che non approva l’idea del single a vita, ora fidanzato e ora no ma sempre refrattario a qualunque vincolo. Ma significa anche che non gli piacciono quei politici che usano la famiglia solo come slogan buono per far voti. Non posso non dedurre che, tra le “colonizzazioni” intendesse anche quelle che al Congresso di Verona hanno trovato il loro funereo palcoscenico.
Penso che a papa Francesco dispiaccia molto constatare che tanti cattolici, neanche tanto in buonafede, si dichiarano talmente appassionati dall’idea di famiglia da averne fondate almeno due o tre, e che brandiscono crocifissi come spade per addossare ad altri i propri fallimenti.