Famiglie cristiane. Perchè cercare una chiesa accogliente con le persone LGBT
Testo tratto dal libretto “Faith in our Families”, pubblicato da PFLAG* (Stati Uniti) nel 1997, pp. 8-10, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Ogni comunità cristiana è diversa. Ogni pastore, ministro di culto, rabbino, prete o leader religioso ha uno stile diverso e le comunità sono piene di personalità e di idee uniche. Se vi sentite a disagio con il modo di porsi della vostra comunità cristiana nei confronti delle persone LGBT potreste considerare di trovarne un’altra dove vi sentite meglio.
A volte anche i leader religiosi che appoggiano i diritti LGBT hanno bisogno di congregazioni più accoglienti, come dice Howard Bess, un pastore battista americano: “Nella mia chiesa ad Anchorage alcune persone non si sentivano a proprio agio con il mio coinvolgimento con il movimento per i diritti dei gay. Preoccupato che questo potesse spaccare la mia chiesa, alla fine mi sono dimesso. Il mio attivismo ha reso molto difficile trovare un’altra collocazione, così sono andato in pensionamento anticipato e sono andato via. Ho trovato una piccola congregazione che condivideva le mie convinzioni e aveva bisogno di un nuovo pastore.”
Sebbene molte religioni abbiano congregazioni accoglienti o gruppi di supporto, si può non essere in grado di trovare un ambiente favorevole che sia anche adatto a noi. Di fronte a questo dilemma, alcune persone scelgono di creare quell’ambiente nelle loro comunità di origine. Si può anche comprendere come l’energia spesa per la sensibilizzazione all’interno di un’organizzazione religiosa è meglio spesa altrove, come nota Carole Benowitz: “Non andrei mai in una sinagoga dove il rabbino è omofobo. Non posso passare tutta la vita a combattere”.
In anni recenti, molte strutture religiose hanno sviluppato ministeri per le persone LGBT. Nella tradizione ebraica molte sinagoghe riformate e conservatrici accolgono i gay e sono state create sinagoghe prevalentemente gay, molte delle quali accolgono volentieri gli eterosessuali.
Tra i cattolici, più di quaranta vescovi hanno autorizzato speciali ministeri per la pastorale LGBT nelle loro diocesi. Questo è un segno di progresso, tuttavia gli stessi vescovi insegnano ancora che i comportamenti omosessuali sono peccaminosi.
Molte denominazioni protestanti sono coinvolte nel Welcoming Congregation Movement (Movimento delle congregazioni accoglienti). Grazie ad esso, ogni congregazione studia l’omosessualità alla luce della propria tradizione per un anno o più. Quando è pronta, la congregazione o il comitato vota per dichiarare pubblicamente che gay e lesbiche sono ben accetti e incoraggiati a partecipare a tutti gli aspetti della vita della congregazione. Le Welcoming Congregations hanno nomi diverse nelle varie tradizioni. Per le altre tradizioni, come i quaccheri o gli unitariani universalisti, l’omosessualità non è mai stata una barriera.
Esplorare altre denominazioni
Può capitare di non poter trovare aiuto nella propria denominazione. Lasciare una congregazione – che è stata a lungo una casa e un rifugio spirituale – può essere una decisione difficile e dolorosa. Ma, in definitiva, una nuova congregazione può offrire un ambiente più confortevole. Rhea Murray ha lasciato la sua congregazione presbiteriana nell’Indiana rurale dopo essersi scontrata con le reazioni negative dei pastori e dei parrocchiani. “Ho sentito osservazioni omofobe in chiesa, sia da parte dei membri che dal pulpito. Il pastore mi disse che la congregazione, lui incluso, era spiacente per noi. Quando un parrocchiano mi venne vicino, ignorando mio figlio che mi stava accanto, e mi chiese con pietà se stessi bene, capii che quello era il mio ultimo giorno in quella chiesa. Per un po’, il locale parco naturale divenne il mio santuario, poi sentii di una piccola e accogliente ccomunità episcopaliana. I membri della nuova chiesa continuano a stupirmi – anche offrendomi spazio nel loro bollettino parrocchiale per le notizie di PFLAG”.
Trovare la fede in se stessi
Può essere difficile, per ragioni spirituali e sociali, lasciare la propria fede religiosa per un’altra. E lasciare del tutto la religione organizzata può anche essere scoraggiante. Alcune persone, comunque, sentono che le loro obiezioni sono più forti dei legami storici o emotivi con un particolare gruppo.
Una madre, Carolyn Golojuch, ha capito che, nonostante anni di dedizione, la Chiesa Cattolica non era più casa sua. “Sono cresciuta da cattolica, ho frequentato una scuola cattolica, ho insegnato catechismo ai bambini e agli adulti. Mettevo in discussione alcuni degli insegnamenti della Chiesa, ma la posizione sull’omosessualità è stato l’ultimo chiodo nella bara. Se la Chiesa non aveva posto per mio figlio, allora non aveva posto neanche per me.”
Judith Ulseth alla fine ha lasciato la sua congregazione a causa dei suoi atteggiamenti sull’omosessualità e non ne ha trovato un’altra. “Vorrei lavorare con la Chiesa se fosse importante per me, ma credo che non lo sia. La lascio agli altri. Sono cristiana e ho un rapporto personale con Dio. Parlo parecchio in pubblico e racconto la mia storia, ma il fulcro dei miei sforzi non è la Chiesa.”
Altre opzioni
Se trovate che nessuna scelta sia quella giusta per voi, ricordate che ci sono tante scelte quante sono le persone. Un’intensa ricerca delle vostre convinzioni, il dialogo con i leader religiosi, i membri della famiglia e gli amici, una disamina delle alternative possibili, possono essere il primo passo del vostro viaggio.
Educare gli altri
Prendere la decisione di lasciare o stare in una comunità o nella propria religione, non deve essere la fine del vostro viaggio spirituale. Per tutti noi questo viaggio è in continua evoluzione. Vi potete trovare a confrontarvi con nuove tematiche e opportunità di esplorare la vostra fede e le decisioni che avete preso. Mentre diventate più aperti verso i membri della vostra famiglia o i vostri amici LGBT, potreste trovare qualcuno nella vostra comunità che inizi a supportarvi. I vostri leader religiosi potrebbero venire da voi e farvi domande su questioni LGBT. Molti accolgono queste opportunità per dare delucidazioni ed educare gli altri. Carole Benowitz ricorda: “Qualche anno fa ho presentato una risoluzione per l’uguaglianza di gay e lesbiche alla convention nazionale del Women’s League for Conservative Judaism (Lega femminile dell’ebraismo conservatore). Per il resto della convention, le donne sono venute da me sussurrando, ‘Ho un figlio che è…’. Non potevano nemmeno pronunciare la parola. Volevano disperatamente qualcuno con cui parlare.”
Per qualcuno, queste discussioni informali alla fine si sviluppano in un vero e proprio attivismo volto al cambiamento delle istituzioni religiose. Mitzi Henderson è una di queste persone. “Ho parlato per la prima volta in modo ufficiale di mio figlio gay in un discorso sulla mia vita che ho tenuto alla congregazione. Singhiozzavo terribilmente. Metà della gente ha applaudito, l’altra metà si è seduta sulle mani. Da quella prima esperienza io e mio marito abbiamo continuato ad essere coinvolti – anche a livello nazionale. Ho portato la mia testimonianza davanti al consiglio dell’assemblea generale e mi sono incontrata con diversi pastori in tutto il Paese.”
Millie e Gary Watts, mormoni da tutta la vita, hanno interrotto la loro regolare partecipazione al culto quando il loro figlio gay venne scomunicato, ma sentirono di poter essere di aiuto ad altri mormoni in simili situazioni. “Quando abbiamo parlato a nostro figlio, gli abbiamo chiesto cosa potevamo fare per aiutarlo. Ha detto ‘Raccontate la mia storia. Non lasciate che succeda a qualcun altro.’ A quel punto diventammo degli attivisti, cercando di educare le persone – persone buone che semplicemente non capivano. Copresiediamo un gruppo di mormoni genitori di figli gay, il Family Fellowship (Alleanza famigliare) e ci siamo adoperati per tenere unite le famiglie mormoni. La gente che ci conosce bene, e conosce nostro figlio, sta adesso riconsiderando l’omosessualità.”
È quasi impossibile, comunque, sostenere pubblicamente l’accoglienza delle persone LGBT in una religione organizzata senza imbattersi in persone che la pensano nell’una o nell’altra maniera. Mentre è difficile affrontare qualcuno che afferma che un tuo caro o un tuo amico è un “peccatore” o è “immorale”, bisogna ricordarsi le proprie convinzioni quando si tratta con gli altri. Mentre educare gli altri è importante, non si deve comunque essere necessariamente d’accordo con loro.
* PFLAG (Genitori, famiglie e amici di lesbiche e gay), fondata nel 1972, è una delle più grandi organizzazioni di attivismo LGBT degli Stati Uniti. Le famiglie italiane possono contattare l’AGEDO (Associazione Genitori di Omosessuali).
Testo originale (PDF): Faith in our Families