Famiglie fortunate. Quando i genitori cattolici incontrano i loro figli LGBT
Riflessioni di Corrado e Michela del gruppo Davide per Genitori cristiani con figli LGBT di Parma
Riflettendo con Michela questa mattina ci tornano davanti le storie e i volti dei genitori, dei ragazzi e ragazze, dei pastori, che ieri hanno partecipato a Firenze all’incontro organizzato da Kairos dal titolo “FAMIGLIE FORTUNATE”, volti di persone che hanno scoperto la bellezza di camminare insieme.
L’aiuto che ci ha dato la psicologa Arianna Petilli nel capire le dinamiche che si svelano al momento del coming out di figli e figlie e le possibili e doverose strategie che noi genitori possiamo mettere in campo, le testimonianze di un pastore e di un giovane gay, ci hanno fatto intuire quanto, come genitori, dobbiamo metterci in gioco. Conoscere persone e le loro storie amandole è l’unico modo per avvicinarle nella verità, perché l’amore è la prima e fondamentale verità.
Ripensandoci oggi, ci nasce dentro una parola che vogliamo condividere con tutti: CORAGGIO, NON TEMETE !! Si, “Non temere“, è la parola che l’angelo Gabriele dice a Maria nel momento in cui gli dichiara il mistero del progetto d’amore che Dio ha pensato su di lei. “Non temere!!”
Non dobbiamo temere perché ci è stata affidata con quest’esperienza la proposta, l’invito di un progetto nuovo e misterioso.
Ecco allora che le parole di Don Andrea: “Smettiamola di dire che la omosessualità è una patologia; smettiamola di parlare di sesso ma parliamo di affettività; so che il desiderio che vi guida è quello di avere figli e figlie felici, felici anche dal punto di vista etico; non consentite a nessuno di mettere in dubbio la vostra identità di appartenenza alla Chiesa” ci hanno rincuorato e dato forza.
Come diceva poi suor Fabrizia commentando il brano di Luca 2,39-53 (Gesù ritrovato tra i dottori del tempio) “Gesù si rivela per quello che è e che nessuno si immaginava che fosse: è un Messia fuori dagli schemi. È inciampo e scandalo e gli scribi erano “fuori di sé”.
”Perché mi cercavate?” é un rimprovero ai genitori che volevano riportarlo all’interno di un cammino noto. Ogni figlio e figlia ha un cammino proprio da percorrere. Bisogna lasciar morire l’idea che ci eravamo costruiti su di loro. È un ridare la vita, rigenerarli. E questo atto di fede ci chiede di metterci in cammino senza sapere dove andremo.
Esporci al nuovo senza difesa. Nella nostra vita che pensavamo ordinaria, si è presentato l’inatteso. Ci è chiesto un cammino di conversione, di cambiamento di rotta. Si spalanca una finestra nuova su un orizzonte ampio.
Questa proposta, questo fatto, la manifestazione del figlio, ci apre alla prospettiva di diventare famiglia di Dio. Entrare in questa prospettiva ampia è entrare in quella Parola d’amore che è detta per ciascuno, è entrare nello sguardo buono che il Padre ha su ciascuno. Ci aiuta a ritrovare e riconoscere la diversità come una ricchezza.
Ci è chiesto un atteggiamento di custodia di fronte alla complessità della vita, custodia nel cuore, custodia nel tempo che poi genera vita, come Maria che custodiva tutte queste cose nel suo cuore. Amare non è possibile a buon mercato e aprirsi all’amore è molto pericoloso perché si rischia di morire. Tuttavia non amare significa essere già morti “.
Queste parole ci danno forza e speranza, unitamente alla certezza, che ieri abbiamo sperimentato, di non essere soli. CAMMINIAMO INSIEME, perché camminando s’apre cammino!
Ecco perché osiamo definirci ”Famiglie Fortunate”, perché diciamo ai nostri figli e figlie “grazie per aver condiviso con noi il vostro cuore”; perché crediamo di aver ricevuto nella prova un dono, la possibilità cioè di aprire il nostro cuore ad un amore ed una accoglienza più grandi, di aprirlo ad un bene maggiore; perché possiamo vivere con loro un rapporto più vero ed autentico; perché possiamo incontrare altri e altre con cui condividere il cammino, le nostre difficoltà e le nostre speranze. E questo come ha detto Maurizio, diventa profezia per altri e per il futuro.
Un abbraccio forte forte e un saluto con le parole di Paolo nella lettera ai Romani (5, 3-5):
“Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato“.