Fare la differenza. Il mio cammino col progetto Gionata
Testimonianza scritta da Giacomo Tessaro, volontario e webmaster di Gionata
Mi chiamo Giacomo, ho 34 anni e sono eterosessuale. Un po’ di tempo fa scrissi una presentazione di me e del mio percorso pubblicata su Gionata e recentemente riproposta, ma ritengo sia giunto il momento di aggiornare il mio stato, visti i numerosi cambiamenti occorsi nella mia vita da qualche anno a questa parte. Ho cominciato a fare il traduttore per Gionata (il mio cammino, perché anch’io sono un “compagno di cammino” all’interno di Gionata) ormai quattro anni fa. Cosa mi spingeva, e perché Gionata?
Mi spingeva la mia passione per le lingue e per la traduzione e il mio desiderio di rendermi utile nel modo a me più congeniale, scrivendo (senza dimenticare la mia propensione ai lavori sedentari). Ho scelto Gionata perché portavoce di una minoranza a cui avevo iniziato a interessarmi qualche anno prima: alla condizione di maggioranza, amata e ricercata da molti, al voler essere maggioranza ho sempre opposto l’orgoglio di essere minoranza (nelle mie scelte non comuni, nel mio essere introverso e poco mondano) e l’interesse per tutto ciò che è minoranza di religione (con la mia adesione sempre più convinta alla Chiesa Valdese), di stile di vita, di orientamento sessuale e in generale tutto ciò che dalla maggioranza viene trascurato se non disprezzato apertamente.
Per me tradurre quei testi (che conservo ancora tutti nella mia chiavetta) era un passo indispensabile nel mio apprendistato di traduttore, un lavoro che sognavo di fare da molti anni ma che ho sempre sentito precluso per il fatto che non possiedo una laurea; essere traduttore di Buona Novella (oltre che per altri siti) voleva dire, all’epoca, darmi finalmente da fare, uscire da un guscio di inattività comodo ma logorante, prendere contatto con le mie potenzialità.
Il mio lavoro procedeva, approfondivo le tematiche LGBT e sviluppavo sempre più la passione per la traduzione: adesso sapevo finalmente cosa voleva dire essere un traduttore e vedere il proprio lavoro pubblicato, non in un blog solipsista ma in un sito creato da qualcuno che ha fiducia in te. Poco a poco Innocenzo (o Nucenze, come amo chiamarlo) ha voluto conoscermi e affidarmi altri compiti di responsabilità, tanto che un paio di volte mi sono sentito sovraccarico di incombenze: io pensavo di limitarmi a tradurre pezzi e a ricevere mail di avvenuta pubblicazione, non di diventare una rotella molto importante del Progetto Gionata. Invece l’amicizia con Nucenze ha cominciato a svilupparsi, il lavoro in comune ha preso sempre più piede e molto spesso lui si rivolgeva a me per traduzioni complesse o compiti vari, fino a includermi nel comitato di redazione. Accanto a tutto questo però abbiamo cominciato a confidarci sempre di più, ed ecco che dalle prime mail, in cui vedevo ripetuto ossessivamente “un bel pezzo pieno di speranza” o “lo trovo molto interessante” (all’inizio mi ero fatto una pessima idea di quelle espressioni stereotipate), si passava piano piano a mail più amichevoli e a inviti a sentirci al telefono.
Ancora molta acqua è passata da allora, ulteriori passi sono stati fatti da Gionata e da me, cambiamenti spesso vertiginosi. Sono stato accolto a pieno titolo nella famiglia di Gionata, anche se a dire il vero il mio rapporto con gli altri collaboratori è quanto mai saltuario; i miei altri progetti mi impediscono di approfondire, il motore iperattivo di questa impresa resta sempre Nucenze, quasi tutto parte da lui e tutto attraverso lui deve passare (come vedete lo ammiro incondizionatamente, è per questo che ho fatto carriera in Gionata!).
Molta acqua è passata ancora, come dicevo: a partire più o meno da quando ho iniziato il mio servizio gionatino la vita ha cominciato a realizzarsi sempre meglio, mi sono preso molto di quello che mi era sempre stato negato e ho potuto dare molto, a Gionata e soprattutto nella Chiesa e negli altri progetti in cui sono coinvolto. Ho camminato con Nucenze sotto il sole della Toscana tessendo progetti e mi sono seduto a tavola con lui e Carlo, il suo compagno, ho camminato accanto a loro per il Chianti e a San Gimignano: tutte cose impensabili solo pochi mesi prima.
Quando guardo il cammino fatto negli ultimi quattro anni, capisco appunto il significato dell’espressione “compagno di cammino”: all’inizio mi dicevo “Ma come? Compagno di che? Sono solo uno che sa bene l’inglese e il francese, cosa vuoi che conti quello che faccio? Non sono nemmeno gay, e non conosco personalmente i volontari!”. Non posso sapere, non saprò mai cosa pensano tutti coloro che hanno letto i testi che ho tradotto, non posso conoscere i loro cammini di vita, prima di imbattersi in Gionata e “dopo la cura”. Qualche volta però penso a loro. Ad alcuni i testi di teologia ed esegesi queer non interesseranno, ad altri le esperienze transgender diranno poco. Ma abbiamo qualcosa da dire a chiunque. Chi cerca conforto spirituale (una esigenza che al giorno d’oggi non è certo venuta meno solo perché non ne parliamo più), che sia una persona etero o LGBT, spulciando Gionata non può rimanere deluso/a. Non possiamo coprire tutto il mondo LGBT e tanto meno tutto il mondo cristiano, altri si occupano di altri aspetti di queste questioni e dobbiamo mettere tutto fiduciosamente nelle mani del Signore, certi che Lui suscita suoi servitori in altri progetti.
Nel mio minuscolo posso essere certo di non aver lavorato malaccio: i pochissimi testi di spiritualità transgender disponibili in italiano (per fare un piccolo esempio) li abbiamo pubblicati noi, e gran parte di essi li ho tradotti io: saranno serviti? Chi li ha letti, chi li ha trovati edificanti e chi (il Signore lo voglia!) illuminanti tanto da dare una svolta alla propria vita? Cosa possiamo fare noi con i nostri talenti?
Non possiamo cambiare il mondo contando solo sulle forze dei volontari di Gionata o di una parrocchia, possiamo però raggiungere molte più persone di quanto non immaginiamo. So per certo che Gionata fa la differenza, e ne fa molta: del resto non devo preoccuparmi, ci pensa già Qualcun altro.