Un cammino di riconciliazione tra fede cattolica e identità gay
Articolo di Brian William Kaufman* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) l’11 agosto 2020, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Un gay filippino cattolico ha scritto un memoriale sul suo formidabile viaggio alla ricerca di sé e su come ha trovato la via del ritorno a Dio e alla Chiesa. Adesso attinge alla sua esperienza per aiutare gli altri cattolici LGBTQ nelle Filippine e altrove.
In un brano molto personale su Vice Raymond Alikpala articola un robusto discernimento spirituale per armonizzare gli elementi fondamentali della sua identità: un orgoglioso uomo gay, un devoto praticante cattolico, e un filippino che fa tesoro della sua eredità culturale.
Alikpala parla della sua comprensione iniziale dell’identità, influenzata pesantemente sia dalla sua appartenenza ad un determinato gruppo etnico, sia dalla sua fede cattolica: “Come molti filippini, sono cresciuto in una devota famiglia cattolica e ho frequentato, per quasi tutta la vita, una scuola maschile guidata da preti. I miei genitori, insegnanti e amici non hanno mai parlato di omosessualità: tutto quello che sapevo era che dovevo evitarla. In realtà, ho iniziato ad aver paura di poter essere omosessuale a sei anni. Allora non lo capivo ancora, ma sapevo di essere diverso, e questo mi spaventava. Cosa sarebbe successo se l’avessero scoperto?”.
Con la paura di essere ostracizzato, Alikpala sperava che la sua identità sessuale fosse solo temporanea, e che avrebbe corrisposto alle convenzioni sociali dell’eterosessualità trovandosi una donna.
Dopo aver completato gli studi in giurisprudenza, Alikpala iniziò il noviziato presso i gesuiti, il primo passo per fare parte di questa comunità religiosa. Comunque, fu cacciato dopo un anno, perché aveva fatto sesso con un altro uomo.
Alikpala afferma, in un modo che considera ironico, che il celibato religioso era diventato un potente mezzo per inquadrare la propria sessualità come un dono di Dio.
Ma il viaggio spirituale di Alikpala per riconciliare la sua identità sessuale, la sua fede cattolica e le sue radici culturali non è stato un processo consequenziale e senza soluzione di continuità.
Egli infatti rivela la difficoltà di condividere il suo io più autentico con la sua famiglia mentre, allo stesso tempo, si interrogava sul suo spazio nella Chiesa: “Dopo aver lasciato il noviziato e fatto coming out con famiglia e amici, ho smesso di andare regolarmente in chiesa per otto anni, perché non mi sentivo più il benvenuto. Ma non ho mai smesso di riflettere sulle mie convinzioni”.
Dopo di che si è trasferito in Cambogia, dove ha lottato per i diritti civili e la tutela dei rifugiati.
Per Alikpala la distanza fisica dalle sue origini cattoliche, così come dal background culturale, è servito come percorso per ridefinire la sua relazione con la Chiesa e per riscoprirla in modo più profondo: “Vivere in un Paese non cristiano mi ha liberato dalla pressione della tradizione e del giudizio, e ho capito che era la Chiesa Cattolica a darmi la sensazione di essere a casa. Era diventata un luogo di conforto anziché di paura, com’era prima”.
Con un nuovo sentimento di gratitudine per la Chiesa, Alikpala tocca con mano l’importante ruolo di supporto che il clero può avere nel curare ferite spirituali e portare ad una più grande comprensione teologica dell’amore incondizionato per tutte le persone, inclusi i cattolici LGBTQ: “Mentre vivevo lì, una mia amica suora mi ha aiutato a capire che Dio è stato travisato ed è diventato un sorvegliante, qualcuno con una lista di dieci comandamenti che si devono seguire: andare in chiesa, vestirsi e comportarsi in un certo modo, evitare di offendere le persone. Ma il nocciolo della questione è che Dio è amore, e un Dio d’amore non può creare qualcosa di malvagio”.
Sottolinea anche come il pontificato di papa Francesco, insieme all’accoglienza del clero locale in tutto il mondo, stanno creando spazi inclusivi per i cattolici LGBTQ: “Apprezzo come papa Francesco, a modo suo, stia di nuovo accogliendo le persone LGBTQ nella Chiesa. Ci sono poi preti come il gesuita padre James Martin, consigliere vaticano, conosciuto per la sua attività di raccordo tra la Chiesa Cattolica e la comunità LGBTQ. Conosco anche personalmente molti preti filippini che stanno facendo lo stesso”.
Le intuizioni di Alikpala sulla società e sulla cultura filippina ci mostrano perché i leader religiosi dovrebbero lavorare attivamente per guarire la diffidenza spirituale che la Chiesa ha inflitto alla propria comunità di fedeli LGBTQ.
Per Alikpala, la chiave è il ministero diretto e la sensibilizzazione da parte dei sacerdoti: “Nella comunità gay delle Filippine, molti non si interessano più di far parte della Chiesa. Non hanno bisogno che essa li definisca, perché è più facile parlare dei diritti LGBTQ senza tirare in ballo Dio”.
Mentre Alikpala riflette sulla propria sensibilizzazione e il suo impegno nei confronti dei cattolici LGBTQ, la sua è una testimonianza della realtà della presenza di un luogo sacro e inclusivo per le persone LGBTQ nella vita liturgica della Chiesa, comprese le persone che stavano per rinunciare alla propria vita: “Sapendo che la Chiesa è ancora un valore per le persone LGBTQ, ho cercato, come sono capace, di creare ponti. Nel 2010, ho scritto un memoriale intitolato “God Loves Bakla” (edito più tardi, a livello internazionale, come “Of God and Men: A Life in the Closet”): un documento per aiutare altri cattolici filippini che potrebbero vivere le stesse situazioni. Ho ricevuto molte risposte positive e, almeno in due casi, mi è stato detto che ha prevenuto anche un suicidio”.
La riconciliazione spirituale di Alikpala è un progetto formidabile che descrive, tra atteggiamenti pervasivi di omofobia, transfobia e intolleranza, l’incondizionato e amorevole abbraccio di Dio.
Il suo coraggio di sopportare profonde ferite spirituali e capire che esiste una comprensione profondamente diversa di Dio e della Chiesa mostra che il percorso per armonizzare la nostra sessualità, la nostra fede cattolica e le nostre tradizioni culturali non è solo possibile, ma anche favorito da numerosi religiosi e leader a tutti i livelli della Chiesa.
Alikpala conclude le sue riflessioni con un commovente messaggio sull’amore di Dio per coloro che lottano per riconciliare quelle che sembrano identità non conciliabili: “Vorrei poter dire queste cose a molte più persone e dare loro un abbraccio, perché posso ancora sentirne il dolore, e il mio cuore sanguina per i giovani che stanno ancora combattendo come ho fatto io. Spero possano sentire che Dio li ama, invece di tutte le frasi piene di odio che dice la gente. L’amore di Dio è come una radio con un volume altissimo. Non importa ciò che facciamo, Dio non può amarci di più o di meno. Come si può superare l’infinito?”.
* Brian William Kaufman ha completato i suoi studi al Boston College, dove ha studiato il ruolo della religione negli affari internazionali e la teologia etica cattolica. Prima di laurearsi in giurisprudenza alla Emory University School of Law, Brian ha studiato e lavorato all’estero per quattro anni, a Parigi. Ha lavorato anche per numerose organizzazioni che si dedicano alla giustizia sociale, come il National Center for Lesbian Rights (Centro nazionale per i diritti delle lesbiche) e la American Constitution Society (Società per la Costituzione americana). I suoi studi e la sua esperienza professionale si concentrano sulle intersezioni tra sessualità, genere, religione, legislazione e politiche sul benessere dell’infanzia. Attualmente Brian è coordinatore liturgico e sorvegliante di dormitorio alla Georgetown Preparatory School, un liceo maschile gesuita nei dintorni di Washington.
Testo originale: Filipinx Gay Catholic Writes About Finding Way Back to God and to the Church