Felice e Lilly. Una storia d’amore tra donne nella Berlino nazista
Articolo di Tanja B. Spitzer* pubblicato sul sito del Museo Nazionale della Seconda Guerra Mondiale di New Orleans (Stati Uniti) l’8 marzo 2021, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Lilly Wust e Felice Schragenheim si innamorano a Berlino, durante la guerra. Lettere e poesie narrano una storia di amore, coraggio e persecuzione. E mostrano anche le insidie della verità storica raccontata da una sopravvissuta, ma soprattutto sono un esempio delle molte relazioni distrutte dall’odio, dalla bigotteria e dalla crudeltà.
Lilly Wust nasce Charlotte Elisabeth Kappler nel 1913, in una tradizionale famiglia berlinese. Bambina durante la prima guerra mondiale (1914-1918), adolescente nei “ruggenti anni ’20”, un periodo tumultuoso, e non solo in Germania.
Lilly non espresse mai molto interesse verso la politica. Mentre festeggiava il suo ventesimo compleanno, Hitler fu eletto cancelliere. Più o meno nello stesso periodo, Lilly incontrò, innamorandosene, un bancario con simpatie naziste.
I due si sposarono poco dopo, con grande sconcerto dei suoi genitori, che in quanto ex membri del partito comunista dubitavano molto del nuovo regime e dei suoi seguaci. Lilly, comunque, come molti tedeschi, trovava comodo chiudere un occhio sugli sviluppi preoccupanti che avvenivano intorno a lei. Anche se ci si chiede quanto simpatizzasse con i nazisti, certamente Lilly Wust guardò da un’altra parte e non si pose domande sull’ambiente in cui la sua famiglia cresceva.
Quando scoppiò la guerra, la vita di Lilly, come quella di molti berlinesi non ebrei, non fu molto influenzata dalla notizia. Suo marito Günther era nella Wehrmacht, ma in una posizione sicura, dalla quale poteva tornare regolarmente a casa.
Il matrimonio non era felice né per lui, né per Lilly, ed entrambi ebbero molte relazioni extraconiugali, una delle quali ebbe come risultato il quarto figlio. Questo avrebbe portato la vita di Lilly in una nuova direzione, dal momento che il quarto figlio significava l’eleggibilità alla medaglia di bronzo alla maternità, riconoscimento alle donne che partorivano figli maschi per Hitler.
Il premio comportava diversi privilegi, uno dei quali era l’idoneità per avere una domestica. Per il posto si candidò una donna di nome Inge Wolf, che assistette la famiglia Wust. Inge era una giovane donna che doveva adempiere un anno obbligatorio di servizio domestico, ma soprattutto combatteva attivamente il nazismo come sostenitrice della resistenza ebraica.
La vita degli ebrei a Berlino era diventata più pericola e insopportabile a partire dall’autunno 1942. In novembre Alois Brunner, un ufficiale delle SS, segretario personale di Adolf Eichmann e responsabile di aver mandato oltre 100.000 ebrei europei nei campi di concentramento e di sterminio, fu a Berlino per un breve ma brutale periodo. La sua missione era quella di liberare la città dagli ebrei rimasti, proprio come aveva già fatto a Vienna. Durante i suoi tre mesi a Berlino deportò 56.000 ebrei.
Quelli che non avevano potuto scappare vivevano in clandestinità. Alcuni poterono nascondersi nelle case di simpatizzanti tedeschi, altri riuscirono a passare per non ebrei togliendosi la stella di David, cambiando i loro nomi e usando documenti falsi per vivere apertamente nella società nazista tedesca.
Una di questi fu Felice Schragenheim, che Lilly Wust incontrò il 27 novembre 1942, quando raggiunse Inge in un caffè in centro. Lilly fu immediatamente presa da quella bellissima donna dai capelli scuri, che si presentò come Felice Schrader.
Felice Schragenheim aveva otto anni meno di Lilly. Era cresciuta in una famiglia borghese ebrea, ed era figlia di un dentista. I suoi genitori erano morti giovani, e la pressione crescente sulla popolazione ebraica aveva obbligato i familiari a pensare di lasciare il Paese.
Felice avrebbe voluto finire gli studi, ma le leggi naziste seguite alla Notte dei Cristalli escludevano gli ebrei dalle scuole e dalle università pubbliche. Sua sorella aveva potuto emigrare in Inghilterra, e Felice aveva deciso di andare negli Stati Uniti, un progetto che non andò in porto. Aveva dovuto rimanere a Berlino, e lavorava in una fabbrica di bottiglie.
Nell’agosto 1942 vide deportare l’ultimo membro della sua famiglia, sua nonna. Quando, poco più tardi, ricevette ordini per la sua deportazione, la ventenne si diede alla macchia. Secondo i contemporanei, Felice amava il rischio. Non evitava le situazioni pericolose, e trovò lavoro, sempre a Berlino, in un giornale nazista. Dopo tutto, avrebbe voluto diventare fotografa e giornalista.
Felice faceva parte di un gruppo di donne che lavora in clandestinità, aiutando altri ebrei a scappare dal Paese o a sopravvivere nascondendosi. Tramite reti intricate ed instabili ottenevano false identità, tessere alimentari, denaro e altri beni di prima necessità per quelli che non potevano vivere alla luce del sole. Inge faceva parte del gruppo di Felice.
Dopo aver incontrato Lilly, Felice ne fu affascinata. Lilly aveva un grande appartamento e un surplus di buoni alimentari per i suoi bambini. Felice iniziò a prendere Inge al lavoro, e finì per rimanere sempre più a lungo. Era apertamente interessata a Lilly, ed era curiosa di vedere quanto in là poteva spingersi.
L’appartamento diventò una specie di punto d’incontro per il gruppo di Felice e di Inge. Lilly, che non sapeva chi stava intrattenendo, si godeva le attenzioni e il cameratismo. Il marito di Lilly, che tornava a casa ogni poche settimane, era felice di vedere sua moglie più rilassata, e si compiaceva delle premure delle molte donne giovani e carine che frequentavano casa sua.
Felice iniziò a corteggiare sempre di più Lilly. Era affascinata dall’idea e dal brivido di essere capace di attrarre una persona così vicina all’ideologia nazista (e che, secondo alcuni racconti, era in grado di sentire l’‘odore’ degli ebrei), che sembrava provare un affetto crescente e genuino per lei. Inondava Lilly di fiori, complimenti, lettere e poesie. L’identità di Felice e dei suoi amici però era opportunamente nascosta agli occhi della giovane donna.
A Berlino la situazione precipitò nei primi giorni del 1943. Il 18 febbraio Goebbels fece il suo famigerato discorso in cui affermava che i tedeschi erano pronti per la “guerra totale”, e la macchina della propaganda intensificò le sue odiose argomentazioni contro il “nemico interno”, gli Ebrei che erano stati accusati della recente sconfitta di Stalingrado.
Il 27 febbraio iniziò una nuova ondata di deportazioni. Nella cosiddetta “Fabrik Aktion” tutti gli ebrei rimasti furono rastrellati dai propri luoghi di lavoro (in molti casi si trattava di lavori forzati in fabbrica). Goebbels promise che a Berlino non ci sarebbero più stati ebrei per il compleanno di Hitler, in aprile.
Felice lasciò la città, e per non essere scoperta stette in montagna con i suoi amici. Lily era confusa dall’assenza dell’amica, ma nelle lettere che riceveva Felice l’assicurava sulla sua amicizia speciale.
Mentre Felice era via, Lilly fu ricoverata all’ospedale con una seria infezione. Ci rimase per parecchie settimane, durante le quali Felice fu finalmente in grado di ritornare a Berlino. La sua visita in ospedale venne registrata nel diario di Lilly come la prima volta che le due future amanti si scambiarono un bacio.
Da qui in poi, le due diventarono molto intime. Dopo le dimissioni di Lilly, tennero una cerimonia nuziale segreta, sigillata con il rossetto. Il marito di Lilly era stato trasferito al fronte su base più permanente di prima, e Felice si trasferì da lei, ufficialmente come assistente.
Anche se sembrava che entrambe le donne fossero incredibilmente felici di essersi trovate, la loro felicità non durò a lungo. La guerra continuava a infuriare; i raid aerei su Berlino influivano sulla vita quotidiana, e la costante paura che Felice venisse perseguitata stava mettendo a dura prova le due amanti.
Lilly non capiva le frequenti ed inesplicabili assenze di Felice, Felice sentiva che non avrebbe potuto essere sincera con la persona con cui condivideva la vita. Durante un litigio in cui Lilly minacciò di cacciare Felice dall’appartamento che condividevano, Felice finalmente svelò a Lilly la sua vera identità.
Secondo le memorie di Lilly, il risultato fu che si avvicinarono ancora di più. Lilly sosteneva le attività di resistenza di Felice, non volendo nient’altro che proteggerla, Felice dal canto suo per lo stesso motivo, raccontava raramente a Lilly i dettagli dei suoi piani. Il gruppo di Felice, comunque, era meno felice della sua confidenza con Lilly, che dopo tutto era una simpatizzante nazista: avevano paura che il fatto di conoscere la loro identità avrebbe potuto mettere a repentaglio tutto quanto, soprattutto la vita di Felice.
Le due cercarono di creare un’atmosfera domestica stabile per i figli di Lilly, ai quali, secondo le testimonianze, piaceva la presenza della “zia” Felice. Nell’estate del 1943 Lilly chiese il divorzio da suo marito, che morì sul fronte orientale nell’ottobre di quell’anno, poco dopo la sua ufficializzazione.
Tutto sommato, le due donne ebbero un anno e mezzo per sé. L’estate del 1944 vide l’ennesimo restringimento del cappio attorno ai pochi ebrei rimasti a Berlino. Il gruppo di Felice era sotto stretta sorveglianza, e alla fine decisero che il pericolo era troppo; dovevano cercare di scappare.
Felice, invece, scelse di rimanere. La sua decisione e il motivo che vi stava dietro non sono chiari. Si pensa che non volesse lasciare Lilly, e che desiderasse continuare a combattere in clandestinità. Dopo tutto, sembrava che la guerra stesse finendo, e la sua posizione, in cui viveva con una donna sposata tedesca e nazista (il suo divorzio non era stato reso pubblico), che aveva avuto la medaglia di bronzo alla maternità, era la più sicura possibile.
Nell’agosto 1944, comunque, tutte le speranze di sopravvivere indenne furono distrutte. Dopo che Felice e Lilly si erano godute una giornata di sole nei dintorni di una Berlino circondata dalle macerie, Felice fu arrestata dalla Gestapo, che aveva aspettato nel loro appartamento il ritorno delle due donne.
Rimane poco chiaro come seppero della sua identità e del posto in cui stava. Anche Lilly venne presa in custodia, ma dopo averla interrogata la lasciarono andare.
Lilly visitò Felice in prigione, e la seguì anche nella destinazione successiva, Theresienstadt, dove cercò di ottenere, senza riuscirci, il permesso di vedere la moglie. Le due non si videro mai più. Nel settembre 1944 Felice fu mandata ad Auschwitz, e da lì nel campo di concentramento di Gross-Rosen. Non conosciamo gli orrori che deve aver visto, né il trattamento che ricevette.
Nel gennaio 1945 Gross-Rosen fu evacuato, e i prigionieri costretti a marciare fino a Bergen-Belsen. È probabile che morì durante quel tragitto, o nel campo stesso.
Lilly visse fino a 92 anni. Dopo la deportazione di Felice aiutò altre tre donne a evitare lo stesso destino. Nel 1981 le fu attribuita la Bundesdienstkreuz (Medaglia di servizio della Repubblica Federale), e più tardi ricevette uno dei maggiori onori concessi da Israele, il titolo di “Giusta tra le Nazioni”.
Nel 1994 raccontò la sua storia, condividendone i ricordi, con la scrittrice Erika Fischer, che pubblicò un racconto romanzato del suo amore con Felice, il cui titolo si rifà ai nomignoli che le due si erano date: Aimée e Jaguar, che più tardi diventò un film piuttosto famoso.
Gli averi di Felice Schragenheim, compresi lettere, documenti, poesie e fotografie, vennero donate da Elisabeth Wust al Museo Ebraico di Berlino. Si possono vedere le foto di Felice Schragenheim sulla loro collezione online.
La storia d’amore di Felice e Lilly evoca tragicamente molte iniquità e ingiustizie della Storia, ma molte domande rimangono. La vita di Lilly dopo la deportazione di Felice è tormentata da una domanda: sua moglie sarebbe sopravvissuta se non fosse stato per la sua presenza a Berlino, e per il suo tentativo di vederla a Theresienstadt?
I membri del gruppo di Felice, comunque, hanno sollevato la questione del comportamento di Lilly una volta saputa la vera identità di Felice. La storia, così come la conosciamo, si basa sui ricordi di chi è rimasto, e da allora molti dei contemporanei sono morti, ma per fare un po’ di luce sulle loro vite e sulle loro emozioni abbiamo le lettere e le poesie che le due donne si erano scritte.
Una delle ultime lettere di Felice è del novembre 1944, mentre era segregata a Gross-Rosen. Scrive a Lilly: “Mia cara, un’infermiera è appena venuta e ha detto che andiamo via di qui. Prega e incrocia le dita! Sempre la tua F.” (Mein Liebes – eben kommt die Schwester und sagt, wir kämen hier weg. Bete und halte die Daumen! Immer deine F.)
* Tanja B. Spitzer è nata in Germania, ed è venuta a New Orleans poco più di dieci anni fa per studiare all’Università Tulane. È esperta di storia delle due sponde dell’Atlantico e di diplomazia culturale.
Testo originale: Felice and Lilly—An Uneasy Berlin Love Story