Trasformare le ferite in feritoie (Giovanni 16:5-11)
Riflessioni di don Fabio
Io non prego perché cambi Dio, io prego per caricarmi di Dio e possibilmente cambiare io stesso, cioè noi, tutti insieme, le cose. (David Maria Turoldo)
Giovanni 16:5-11: “Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: ‘Dove vai?’. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore”.
Il Vangelo che stiamo leggendo in questi giorni è un po’ il “testamento spirituale” di Gesù, per i suoi discepoli e per ciascuna/o di noi. Con le sue parole cerca di farci comprendere che la Croce, in realtà, non è un fallimento, come da molti è stata interpretata. Non è un fallire il suo obiettivo. Anzi! Gesù sta dicendo che le croci, le morti, le sofferenze possono diventare delle opportunità, possono essere dei punti di snodo, di cambiamento nelle nostre vite.
Questo è il “modus operandi” del Padre: trasformare le ferite in feritoie, il male in bene, le sofferenze e le morti in resurrezioni. La parola definitiva sul male ce l’ha Dio: l’unico capace di trasformare la morte in vita!
Con affetto, Fabio!