Figli, genitori, partner, etero e gay. Storie di famiglie sieropositive (HIV+)
Testimonianze tratte dal sito AVERT.org (Inghilterra), liberamente tradotte da Laura M.
Ecco una selezione di testimonianze inviate ad AVERT.org* da persone che hanno un amico o un parente affetto dal virus dell’HIV.
Storie di uomini, donne e giovani (etero e gay) che convivono con l’HIV e l’AIDS da tutto il mondo.
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Una testimonianza anonima: Il mio fidanzato ha la febbre da più di una settimana. Inizialmente, i dottori sospettavano potesse trattarsi del virus dengue, ma non erano presenti sfoghi cutanei. Gli hanno consigliato di fare il test dell’HIV e oggi ha saputo di essere positivo (HIV+). So che si è pentito per ciò che ha commesso in passato e ora si preoccupa del futuro, ma non lo lascerò solo ad affrontare tutto questo. Lo faremo assieme.
Alicia: I rapporti tra me e mio padre sono sempre stati tesi perché non c’è mai stato durante la mia crescita. L’ho incontrato finalmente la scorsa estate ed è stato allora che ho scoperto la sua sieropositività. Durante tutti questi anni l’ho odiato, ma ora mi spaventa il pensiero di perderlo.
Il mio papà positivo: Quando a mio padre venne diagnosticata l’HIV era il 1995 e aveva solo 34 anni. Ce lo tenne nascosto per quasi 5 anni. Il giorno in cui lo abbiamo scoperto è stato il più triste di tutta la mia vita. Volevo che fosse felice, ma purtroppo, durante la sua vita, aveva fatto scelte sbagliate: era ancora molto giovane quando aveva iniziato a fumare erba per poi passare a droghe più pesanti e infine all’eroina, che ha continuato ad assumere per quasi tutta la mia infanzia, durante la quale è entrato e uscito varie volte di galera.
Le droghe presero completamente il controllo e lasciò me, mio fratello e mia sorella da soli. Cominciò anche a condividere le siringhe e avere rapporti sessuali non protetti con donne che in cambio promettevano di procuragli la droga o di dargli i soldi per la dose di entrambi. Come se avere un genitore sieropositivo non fosse abbastanza, pochi anni dopo scoprimmo che aveva contagiato anche mia madre. È triste.
Mio padre è mancato nel 2003 e mia madre nel 2004. Vorrei fare un appello: vi prego, usate SEMPRE delle precauzioni. Non sarete gli unici a soffrire per i vostri errori.
A.: Mi chiamo A. e vivo in Kenya. Non sono io ad aver contratto il virus, ma la mia sorella maggiore di 28 anni. L’uomo che l’ha contagiata è andato all’estero tanto tempo fa e lei vive da sola lontano da me e dalla sua famiglia. Non so come aiutarla. So che è devastata e stressata perché spesso si lamenta con me dei mal di testa e gli sfoghi cutanei, così tento di confortarla per telefono, ma sento che non è abbastanza. Non so a che stadio sia della malattia perché deve ancora scoprirlo. Inoltre, la mia famiglia non ha ancora appreso la notizia e non so come reagiranno. Sono molto preoccupata e questo si sta ripercuotendo sul mio lavoro, specialmente quando penso a lei. Vorrei dire alle persone che vivono con questa malattia di essere forti: Dio non abbandona nessuno nel momento del bisogno. Le voglio un mondo di bene e continuerò a pregare per lei ogni giorno.
Net: Ho voluto raccontare la mia storia dopo aver letto quelle di altre donne risultate positive all’HIV. Sono molto credente e quando incontrai questo ragazzo magnifico, dopo anni di relazioni sbagliate, pensai che finalmente Dio mi aveva mandato il mio principe azzurro. Ebbi un rapporto sessuale non protetto con quest’uomo, ma sentivo che c’era qualcosa di sbagliato. Pregai Dio di proteggermi. Una settimana dopo mi disse che al centro commerciale facevano i test per l’HIV gratis e voleva farlo anche lui. Lo guardai e gli chiesi come mai volesse fare il test e lui mi rassicurò che si trattava solo di un controllo. In realtà non sapevo che la sua ex ragazza lo aveva chiamato al telefono dicendogli che presto lo avrei lasciato. Lui non sapeva che fosse sieropositiva, ma sapeva che qualcosa in lei non andava, così fece il test. Risultò positivo e, non sapevo come darmi la notizia, chiese alla clinica di farlo per lui. Il mio test risultò negativo. Era felice per me, ma allo stesso tempo scioccato e ferito dai suoi risultati perché non è mai stato il tipo di uomo che va a letto con donne diverse. La sua ex ragazza non lo aveva avvisato e voleva che contagiasse anche me. Lo ha chiamato al cellulare per dirgli di tornare da lei e che io lo avrei lasciato perché ero risultata negativa. Ora sono nel reparto medico della casa di cura per malati terminali. Credo che Dio abbia fatto sì che io entrassi nella sua vita per aiutarlo. A volte mi chiedo perché è dovuta andare così con un uomo così fedele a me, ma prego Dio di darmi la forza per stare al suo fianco. Lo amo. Ho sempre pregato per un brav’uomo nella mia vita e l’ho avuto. Ripeterò il test tra un paio di mesi. Sono sicura che Dio ci proteggerà entrambi. Amen!
CC.: Questa è la storia del più adorabile dei fratellastri. Quando lo conobbi aveva 11 anni. Giocherellone. Divertente. Doveva sempre avere opinioni opposte su politica e religione. Tuttavia, ora è troppo tardi per aiutarlo. Non ci ha mai detto quanto stesse male. Non ha mai chiesto aiuto. Era depresso perché non sapeva come dire ai suoi genitori chi fosse. Sono così arrabbiata con i suoi genitori per non aver capito che aveva bisogno di aiuto. L’ultima volta che l’ho visto in salute era Maggio 2008. Poco tempo dopo venne ricoverato in ospedale e morì nel giro di pochi mesi per un linfoma primario del sistema nervoso centrale causato dall’AIDS. Il suo compagno non riuscì a rimanere nella stanza mentre staccavano il respiratore. Alcune persone non ci riescono. Dal quel giorno mi manca più della vita stessa. Darei tutto per riaverlo con me un altro paio di anni e potergli dire, ogni giorno, quanto gli voglio bene. Mia nipote lo conosce dalle foto e dice il suo nome. Lei è speciale, ma lui non potrà mai conoscerla. Dio lo ha accolto tra le sue braccia e so che è felice. Vorrei che la gente sapesse che l’AIDS può toccare qualsiasi famiglia in ogni momento. Per favore, non fate l’errore di escluderli dalla vostra vita. Un giorno vi mancheranno da morire. Aveva 34 anni quando è morto.
Tuo fratello è perso senza di te.
I tuoi nipoti hanno un solco nel cuore.
E la tua sorellastra ti vuole bene e sente la tua mancanza.
So che ora puoi camminare.
So che non soffri più.
Ci rivedremo.
Jojo: Ho perso il mio amato fratello a causa dell’AIDS. Era il mio eroe. È passato un mese ormai, ma è dura pensare che se n’è andato. Sapevo della sua malattia sin dal 1996 e per qualche motivo si dimostrava molto forte e aveva accettato e combattuto la malattia come se non fosse niente di preoccupante. Ero io a preoccuparmi ed era lui a dire alle persone di parlare con me. Il giorno che è morto aveva preferito stare dentro casa e aveva iniziato a mandare messaggi di incoraggiamento e amore a tutti i suoi contatti telefonici.
Quando tornai a casa da lavoro era molto allegro e scherzava come amava fare con tutti…Gli dissi che ero stanca e lui mi consigliò di riposarmi sul divano, cosa che feci dopo 20 minuti. Mi svegliai agitata senza capire il motivo, andai nella sua stanza dove stava mandando i messaggi agli amici e vidi che se n’era andato con il cellulare ancora in mano. Era in pace, sicuramente. Non so se ringraziare Dio per averlo preso con se in questo modo o chiedergli perché non mi ha fatto capire che stava morendo.
Anon: Ho perso il mio unico fratello per colpa dell’AIDS l’11 Settembre 2007. Nel Settembre 1996 gli fu diagnosticata l’AIDS in fase conclamata e gli diedero 6 mesi di vita. Io e lui fummo gli unici due a esserne a conoscenza per due anni: se ne vergognava e sentiva di potersi fidare solo di me. Sono più grande di lui di 12 anni e gli sono sempre stata molto affezionata. Era il mio migliore amico. Viaggiavamo per il paese assieme e mi diceva tutti i suoi segreti. Prenotammo le visite mediche a un’ora di distanza perché aveva paura di andare da un dottore più vicino a casa sua. All’inizio era un gigante: 1 metro e 92 per 114 kg, ma nel giro di poco tempo perse circa 30 kg. Con la terapia farmacologica recuperò qualche kilo e andò avanti così per altri 5 anni. Un mese dopo aver scoperto la malattia, nostra madre subì un intervento di triplo baypass e pregai segretamente che morisse: pensavo che sarebbe stato meglio per lei non sapere e non vedere la morte del figlio. Era il più piccolo in una famiglia di 3 figlie e un solo maschio. Era un gigante buono, come lo chiamavano anche i suoi colleghi. Sul posto di lavoro aveva una buona assicurazione ed era stato promosso supervisore, ma nell’ultimo anno e mezzo della sua vita aveva perso così tanti giorni di lavoro da essere degradato e messo a lavorare con i nuovi impiegati che pensavano avesse appena iniziato come loro. Venire degradato dalla compagnia a cui aveva dato tutto se stesso fu un duro colpo per la sua autostima, ma continuò a lavorare fino a un mese prima di morire. Sulla natica aveva un’infiammazione grande quanto un piattino a causa delle 9 ore al giorno seduto su una sedia a lavoro. Lavorava per V., la compagnia più competitiva che io abbia mai conosciuto. Per loro gira tutto attorno al denaro. Il suo compito era cercare di vendere sempre di più a persone che già faticavano ad arrivare a fine mese. Alla V. non importava dei loro clienti e ancora meno di mio fratello. Era costretto a parcheggiare così lontano dal portone da doversi riposare a metà strada per riuscire ad arrivare a lavoro. Quando morì, i suoi supervisori vennero a farci visita e ci dissero “Non sapevamo che fosse malato”. Ma…avanti…era uno scheletro con un colorito terribile. Solo un cieco non si sarebbe reso conto della situazione. Non dissi niente per rispetto dei miei genitori e di mio fratello, perché lui non avrebbe mai fatto una scenata in pubblico, così sono rimasta in silenzio sino a oggi. Mi manca da morire. Sono grata a Dio per avergli permesso di vivere 11 anni, quando i dottori gli avevano dato 6 mesi. È riuscito a vedere i suoi nipoti diplomarsi e i pronipoti nascere. Ha vissuto nella fede cristiana e siamo grati di averlo avuto con noi per 38 anni.
Sandy: Ho un fantastico, alto, bellissimo figlio di 22 anni affetto da HIV. Ha scoperto di esserlo a 18 anni, dopo aver commesso un piccolo reato per il quale venne condannato a un periodo di carcere. Ho visto questo essere umano, una volta pieno di vita, ridotto a essere spaventato, confuso e depresso. La sua relazione di 4 anni con una ragazza con la quale ha un bambino di 3 anni è finita. Credo che lei avesse paura di essere contagiata, così ha preso loro figlio ed è andata avanti con la sua vita. Non l’ho mai visto così depresso e, come madre, mi spezza il cuore. Sembra che tutti lo abbiano abbandonato a se stesso.
Prego per lui tutto il giorno, tutti i giorni e prego per tutti quei giovani che devono affrontare la stessa realtà. Cerco di incoraggiarlo, di dargli speranza per il futuro, ma dopotutto io sono sua madre e lui ha bisogno di persone della sua età che si identifichino con la sua difficile situazione.
Se ci fosse qualcuno che avesse semplicemente voglia di corrispondere con lui, incoraggiarlo, magari dar luce a cose che non conosce, parlare liberamente del problema e di come una persona dovrebbe affrontarlo, vi sarei per sempre grata. Amo questo ragazzo, è mio figlio. Voglio solo che sia in pace, felice e che riacquisti entusiasmo verso il futuro e le sue infinite possibilità, ma al momento vede tutto nero. So che la mente è un potente organo e in qualche modo vorrei che ricominciasse a lottare. Convincerlo che non è solo sarebbe di enorme aiuto. Per favore, aiutatemi ad aiutarlo. […]. Grazie..
Candice: Sono una donna di 39 anni. Mia madre ha scoperto di essere sieropositiva 12 anni fa e mi prendo cura di lei. È stata contagiata dal suo ex fidanzato, ormai morto, e ogni giorno soffre per i suoi sbagli. Anche io soffro con lei e odio vederla in questo stato. Cerco di affrontare i suoi sbalzi di umore e la rabbia verso la vita, ma è difficile. Prende le sue medicine ma il suo sistema nervoso sta crollando. Se prima era indipendente, ora è completamente dipendente da me e questo sta distruggendo entrambe. Non riesce a camminare, ha bisogno di un accompagnatore, ha perso tantissimo peso e la vedo morire lentamente davanti ai miei occhi. Sono figlia unica di una madre single che ha lavorato 37 anni per le risorse umane di New York City. Voglio che mia madre sappia che le voglio bene e di essere forte!
Ashley: Il 3 Dicembre 2008 è stato un giorno che ha cambiato per sempre la vita mia e di mia sorella. Il 3 Dicembre è il giorno in cui nostro padre ci ha lasciate per colpa dell’AIDS. Aveva solo quarantasette anni, e mi amava da matti. Nei nostri ricordi di bambine, c’è l’amore di mio padre per il lavoro, sia che fosse in giardino, sia che fosse il suo lavoro. Ha sempre cercato di fare la parte del duro, ma considerando che io e mia sorella eravamo più alte di lui, nessuno lo ha preso mai sul serio. Bastava avere una conversazione con lui per capire che era la persona più intelligente che si sarebbe mai potuta incontrare. Anche se cercava di non darlo a vedere, aveva un cuore enorme e io e mia sorella lo vedevamo tutti i giorni. Probabilmente pensereste che fosse un po’ strano: aveva la mania di collezione enormi bicchieri e di ripararli con il nastro adesivo quando si rompevano. Ma la parte migliore di tutto è che era nostro padre. Ogni giorno è una lotta, perché questa persona non è più con noi. Gli ho stretto la mano quando ha esalato il suo ultimo respiro e pregavo perché mi venisse concesso un altro po’ di tempo con lui. Perché proprio lui, continuavo a chiedermi. Poi se n’è andato. L’AIDS distrugge la vita di chi ne è affetto, ma anche di chi conosce qualcuno che lo è. Avrei voluto dire a mio padre che sarò sempre con lui. Papà, mi manchi. So che dall’altro proteggi me e Brittany. Tutto quello che facciamo, lo facciamo per te. Per sempre. Riposa in pace, papà (3 dicembre 2008).
Kourtni: Mia zia mi ha appena confessato di essere sieropositiva. Ha tardato a dirmelo perché quando scoprii che il suo compagno era malato, mi arrabbiai e la accusai di essere troppo ingenua. Sono passati mesi da allora e ora mi ha confessato di averlo scoperto sei mesi fa. Il suo uomo è sieropositivo da 11 anni e ha detto di averla voluta contagiare per paura di perderla. Più dell’HIV stessa, mi fa rabbia che lui non l’abbia avvertita e, anzi, abbia negato la sua situazione quando gli è stato chiesto. Qualcuno può darmi dei consiglio?Lo vedo come una persona cattiva per aver fatto questo, non dormo più, ma sono felice di sapere tutto sulla tera pia farmacologica e so che lei starà bene.
Una madre ferita: Questa settimana ho scoperto che mio figlio è sieropositivo. Non ho mai accettato l’idea che lui fosse gay e mi piange il cuore. Ho 38 anni e lui 23. Sono madre dall’età di 15 anni, siamo cresciuti assieme. Sto cercando di essere forte per lui. Sa che sono una persona emotiva e non voglio che debba avere anche questa preoccupazione. Sarebbe troppo per un ragazzo di 23 anni, ma non sto bene. Sono anche arrivata al punto di mettere in dubbio la mia fede in Dio. Non riesco ad accettarlo. Vorrei essere io al suo posto. Lo amo così tanto e non c’è niente che possa fare per salvarlo. Smettere di piangere è difficile, ma ho altri figli e devo essere forte anche per loro.
Il mio adorabile fratello: Mio fratello di soli 35 anni ha recentemente scoperto di avere l’HIV. Mi ha sconvolto. Avevo già il sospetto che fosse malato dai sintomi e il malori che lo costringevano a entrare e uscire dagli ospedali. Recentemente è stato ricoverano in seguito a una polmonite. Il giovedì precedente alla vigilia di Natale del 2010 ebbe il peggior malore e venni informata. Non avrei mai pensato di reagire in quel modo: io e mio fratello non siamo mai stati particolarmente in sintonia ed è dall’età di 14 anni che entra e esce di galera. In meno di un anno ha perso quasi 45 Kg, non ha mai preso medicinali e non ha mai amato molto gli ospedali. Non gli ho mai chiesto come, quando, dove o con chi. È mio fratello e gli voglio bene. Il danno ormai è fatto e deve conviverci. Ha anche creduto di arrendersi al pensiero di chi potrebbe aver contagiato, rovinandogli la vita. Pensio che ora stia accettando la situazione perché non avrebbe mai pensato che io e mia madre avremmo accettato quello che sta accadendo. Pensa che possa essere stato contagiato tramite gli aghi utilizzati in carcere o per aver avuto rapporti sessuali con la donna sbagliato. Solo DIO lo sa. Continueremo a dargli il nostro appoggio e a dimostrargli che non è solo. Grazie a tutti coloro che hanno condiviso le loro storie. Gliele mostrerò per fargli capire che non è la fine del mondo e non è solo. Una sorella maggiore.
Un marito orgoglioso: Ciao ho 35 anni e sono sposato da 4 anni. Ho scoperto che mia moglie è affetta da HIV quando è rimasta incinta del nostro primo figlio. In un primo momento ho avuto l’impressione che il mondo ci stesse crollando addosso. Non ho MAI pensato di darle alcuna colpa, ma ero preoccupato per lei e il bambino. Da allora ho fatto parecchi test dell’HIV e sono sempre risultato negativo. Sono grato che anche il nostro bambino, che oggi ha 3 anni, sia negativo. Amo mia moglie e non la abbandonerò mai, nonostante le sue condizioni. Abbiamo un’ottima vita sessuale, nonostante sia una persona piuttosto introversa che nasconde i suoi sentimenti.
Faccio del mio meglio per sostenerla. Ora si è iscritta all’università e andiamo avanti con la nostra vita.
È difficile vivere con una persona sieropositiva perché non sai mai cosa gli passa per la testa. La cosa migliore che posso fare è ricoprirla di amore e dirle che andrà tutto bene.
Una madre: Sono la madre di un ragazzo omosessuale a cui è stata diagnosticata l’HIV. Ho pregato Dio perché lo facesse guarire. Sebbene sia gay, ha incontrato una donna e l’ha sposata. Non gli importa con chi sta. È così amareggiato con Dio per aver permesso che gli capitasse questo e, insieme a lui, sono amareggiata anche io. Oltre a essere gay ed impegnato in un matrimonio eterosessuale che sta cadendo a pezzi, ora è anche sieropositivo. Non comprendo più Dio. Soffro tanto da non aver più voglia di vivere. Ogni mattina mi sveglio sotto una nuvola di infelicità. Penso di farla finita. Sembra l’unico modo per fermare tutto questo dolore. Pensavo che Dio mi amasse, ma come può permettere tutto questo? Ho iniziato a credere che non esiste nessun Dio. Non faccio altro che sentir dire che Dio mi ama, ma che razza di amore è questo? Così penso a come mettere fine a tutto questo, dato che Dio non lo fa. Sarà così per sempre! Sopporto questa situazione da 20 anni ormai. Voglio solo che finisca in un modo o nell’altro, anche se dovessi mettere fine alla mia vita io stessa.
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* AVERT è un’organizzazione internazionale, con sede nel Regno Unito, che lavora per combattere la diffusione dell’HIV e dell’l’AIDS in tutto il mondo, attraverso l’educazione, trattamento e cura.
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Testo originale: HIV and AIDS in the Family