Figlia mia dopo il tuo coming out, siamo pronti a dirti ancora “Si!”
Testimonianza di Claudia e Gino, genitori cattolici con una figlia lesbica, letta nella Veglia di preghiera per il superamento della violenza dell’omotransbifobia nella parrocchia di San Gaetano di Bologna il 24 maggio 2024
“SI”. Figlia mia, quanto ti abbiamo atteso, voluto, desiderato. Sei arrivata dopo 4 anni di matrimonio, la prima figlia, una bella bambina, piccola piccola, con due occhi enormi, vispi, attenti. Eri buonissima.
Poi la scoperta della tua sordità è stata la prima grande sfida, per noi e per te, avevi quasi due anni. Eravamo increduli ma pronti ad affrontare tutto, eravamo giovani, ci volevamo bene, ci vogliamo bene io e tuo padre. Abbiamo affrontato l’ignoto, ciò che non conoscevamo, ma questo non ci spaventava. Con due teste, due cuori, le nostre famiglie ma soprattutto Gesù e una comunità parrocchiale intorno si cammina meglio.
E’ stato un SÌ, si….certo….lo affrontiamo! Un SI, come quello che abbiamo detto il giorno del nostro matrimonio, in chiesa, davanti a Dio e agli uomini. E allora visite audiologiche, esami audiometrici, prove su prove, consulti, pareri, consigli, poi le protesi e la logopedia, tanta logopedia.
La prima volta che ti abbiamo messo questi enormi apparecchi nelle orecchie te li sei tolti subito, ma non appena hai capito che con quelle qualcosa stava cambiando, che con quelle entravi in relazione col mondo che ti circondava le hai accettate di buon grado e non le hai più rifiutate. Perché tu eri una bambina che amava stare con gli altri, molto indipendente da noi, stavi bene con tutti. Sempre col sorriso, sempre accogliente.
Poi la scuola, dove andavi volentieri, materna, elementare, media, liceo, università. Intanto ti erano nati altri due fratelli. E’ passato tutto in un soffio. Anche quel giorno di dicembre di sette anni fa in cui, a tavola, solo noi tre, ci hai aperto il tuo cuore, dicendo che volevi bene ad una ragazza. Ricordo solo questo di ciò che hai detto, il resto l’ho rimosso.
Noi ti abbiamo lasciato parlare. Quando hai terminato tuo padre è rimasto in silenzio, strano…non è da lui; invece ho parlato io che solitamente sono più taciturna e ho detto una delle cose più brutte che una mamma possa dire al coming out di sua figlia: “Non sono d’accordo!” Ma d’accordo su cosa? Ma cos’è? Una scelta? No, non lo è. E’ una scoperta, che bello scoprire chi si è veramente! Che liberazione! Ed io, la tua mamma, che ti aveva tanto desiderato, non ero d’accordo sul fatto che tu ti sentissi libera di dire ciò che sei.
E poi dissi: “Devi parlare con qualcuno”, ma lo stavi già facendo….stavi parlando con le persone che ti volevano più bene al mondo, e per me non era abbastanza, ci voleva l’”esperto”.
Dicono che per essere bravi genitori bisogna anche saper dire dei NO ai propri figli ma questo è stato un NO sbagliato, il NO più sbagliato della mia vita, ora lo so…..E allora anche qui, altra grande sfida, di nuovo l’ignoto, di nuovo ciò che non conosciamo, anche questa volta, come cani bastonati, abbiamo cercato persone con cui parlare, a cui confidare, scoprendo però che nessuno è esperto, che devi vivere le cose sulla tua pelle, nella tua carne.
Volevamo subito una soluzione, una cura per noi, per guarire da quello strano malessere che ci aveva colpito……in pochi ci hanno detto parole di conforto, molto imbarazzo, molta formalità. Ricordo però quelle di un amico gay che mi disse la cosa più bella: che ti dovevamo fare sentire amata, che solo questo conta.
Poi sei stata proprio tu, figlia mia, che ci hai preso per mano e un giorno ci hai proposto di partecipare ad un ritrovo di genitori con figli lgbt, le Famiglie in cammino ( genitori cattolici con figli LGBT+ di Bologna), che percorrono la loro strada insieme, condividendo la fede, la parola che è vita, che è nutrimento, che ci dice che nessuno è fuori dalla Chiesa, che ci accoglie attraverso persone (sacerdoti, religiose, psicologi…..) che vogliono camminare con noi, ci accompagnano e ci aiutano a vedere la nostra vita da una prospettiva diversa, umana e spirituale, ci aiutano a guardare verso l’alto e a non chinarci su noi stessi.
Qui ci siamo sentiti accolti, compresi, parlavamo, parliamo tutti la stessa lingua pur con le diversità che distinguono ogni famiglia, ogni coppia, ogni persona… Quanta ricchezza! Essere genitore di un figlio lgbt è un po’ come essere un credente, perchè bisogna fidarsi, lasciarsi prendere per mano, e noi questo lo abbiamo fatto, lo stiamo facendo.
Qualche settimana fa il Cardinale Zuppi, in visita alla nostra zona pastorale ci ha detto che non si può avere tutto sotto controllo, che “non dobbiamo pensare di poter misurare tutto ma dobbiamo voler bene a tutto, il Signore ha obiettivi a lungo termine per noi e la famiglia deve saper aggiustare, perché la fede si trasmette vivendola, mettendosi in gioco, in famiglia e in comunità, dove Gesù si fa compagno di strada”.
Ecco perché ora ci sentiamo più pronti a dirti il nostro SI, figlia mia, ancora con tanti dubbi, tanta ignoranza, tutti i nostri limiti e le nostre paure ma con la certezza assoluta che ti amiamo ogni giorno di più!
Grazie per la fiducia che hai riposto in noi! Grazie per come sei!
Mamma e papá