Fish Out of Water. Viaggio tra i credenti che s’interrogano sulla Bibbia e l’omosessualità
Intervista di Annie Kennedy tratta dal mensile Windy City Times (Stati Uniti) del 3 dicembre 2008, p. 28, liberamente tradotta da Alessandra C.
La religione è una materia complicata. Se in più le si aggiunge l’omosessualità, sarà lunga la serie di “è sbagliato”, “è peccato” e “la penseremo sempre in modo diverso” che ci si prepara a sentire.
Col suo nuovo documentario, Fish Out of Water (Pesce fuor d’acqua), Ky Dickens, regista di Chicago, mette a confronto le due parti con un arsenale di onestà, passione e un pizzico di leggerezza.
Il Windy City Times è andato a trovare la Dickens per poter far luce su questo progetto tanto ambizioso.
Quando hai deciso di diventare una regista e perché?
I miei genitori mi hanno regalato una videocamera quando ho compiuto 12 anni; la portavo sempre con me.
Mi piaceva moltissimo catturare le caratteristiche naturali che rendevano unici luoghi e persone.
Poi, con la mia videocamera, ho iniziato a catturare le sfumature di alcuni momenti che più tardi avremmo dimenticato: il rumore dei passi, il modo di mangiare, la balbuzie o il modo di sbattere le ciglia delle persone.
Ne fui dipendente da subito, e tenni perennemente la videocamera al collo dai 12 ai 18 anni. Riuscivo a montare più riprese usando due VCR: una per far girare i nastri e l’altra per registrare la versione tagliata.
Da dove nasce l’idea di “Fish Out of Water”?
Andavo a scuola nel Sud… proprio nel mezzo della cintura della Bibbia alla Vanderbilt University (nel Nashville, Tenn.). Quando, l’ultimo anno, ho fatto outing, molti miei amici ne furono profondamente colpiti e offesi.
Il loro disaccordo ruotava intorno alla religione. Erano del tutto certi che fossi destinata all’inferno, che il diavolo si fosse preso il mio cuore, che ero uscita dalla grazia divina e che mi ero macchiata del peccato; ero una persona diversa da quella che avevano amato per tre anni.
Erano capaci di citare centinaia di versi differenti della Bibbia per dimostrarmi che stavo peccando e che dovevo cambiare.
Non ero in grado di difendermi, per cui decisi di raccontare ad alcuni sacerdoti quello che la gente mi diceva; chiesi se tutto ciò era giusto nell’ottica della dottrina Cristiana.
Sentivo che l’unico modo per salvare le mie amicizie era quello di affrontarli sullo stesso terreno in cui mi sfidavano. E quel terreno era la Bibbia.
Rimasi stupita quando molti sacerdoti di Nashville mi spiegarono che i versi usati per condannare l’omosessualità erano presi totalmente fuori dal loro contesto, e che essere gay è un’identità da celebrare insieme a tutte le altre identità che Dio ha creato.
Quando i sacerdoti mi spiegarono tutto ciò che avevo bisogno di sapere, io e i miei compagni ci eravamo ormai laureati.
Ma decisi di scrivere una lettera alla mia migliore amica, l’unica che non volevo perdere. La lettera era lunga circa sei pagine, e in essa evidenziai un argomento per ogni sorta di abuso della Bibbia che lei mi aveva rivolto.
Discussi i sette versi usati per condannare l’omosessualità. Approfondii le teorie sull’identità, il perdono, l’amore e i principi del messaggio di Gesù. Non credevo che la lettera avrebbe cambiato qualcosa.
È quasi impossibile cambiare l’ideologia di qualcuno, soprattutto quando si tratta di fede e di altre idee riguardo la famiglia. Tuttavia, più o meno cinque settimane dopo, la mia amica mi chiamò. Voleva scusarsi. Mi disse che avevo ragione e che voleva ricostruire la nostra amicizia.
Rimasi scioccata. Del tutto scioccata. Lettere del genere di solito non funzionano. Non si prefiggono l’obiettivo di far cambiare qualcosa. Fondamentalmente, chi le scrive vuole solo spiegare ciò che ha dentro.
Ma la mia aveva funzionato. Non ci potevo credere. Alla fine, decisi di girare un film che sottolineasse tutti gli aspetti della mia lettera.
Ti sei mai trovata in difficoltà mentre interrogavi la gente su un argomento tanto controverso?
Ho intervistato molte persone anti-gay ma anche molte pro-gay. Il film ci ha portati in ogni angolo della città, dalle piccole cittadine nel sud del Texas alle clamorose vie di New York, dalle osterie di strada nel Kansas alle spiagge della Florida.
Ho incontrato centinaia di persone, tutte molto diverse da me. Tuttavia, se si trova un modo per venirsi incontro, se si tratta l’altro con rispetto e lo si guarda negli occhi, se gli si domanda di raccontare la propria vita seduti insieme al tavolino di un bar, cade improvvisamente ogni barriera.
Ho imparato subito la lezione, per questo non ho provato astio o tensione in nessuna delle mie interviste, e ogni volta, prima di iniziare, mi assicuravo di aver stabilito un contatto con l’interlocutore, in quanto esseri umani.
Cosa speri di ottenere con questo film?
Spero di dare alle persone le risorse e gli strumenti per parlare dell’argomento. Certo, le persone GLBTQ hanno bisogno di strumenti per parlarne, ma anche politici, insegnanti, terapisti e famiglie hanno bisogno di conoscere le due facce dell’argomento.
Ho voluto inoltre parlarne in modo semplice, colorato e leggero. Per questo, stiamo usando un personaggio animato (un uccellino giallo) come narratore.
Questo ci libera dal problema di dover attribuire al nostro narratore età, genere, razza e orientamento sessuale.
Animiamo la Bibbia ogni volta che viene citata. Trattando il film con diletto, con l’intento di trasmettere informazione, ci auguriamo di avere un’ampia audience.
‘Fish out of Water’ di Ky Dickens, documentario, USA, 2009
Testo originale: Chicago filmmaker focuses on gays and the Bible