Lo sguardo pastorale nuovo del documento “Sempre nostri figli” (Always our children)
Testo di Casey e Mary Ellen Lopata tratto dal loro libro Fortunate Families: Catholic Families with Lesbian Daughters and Gay Sons (Famiglie fortunate: famiglie cattoliche con figlie lesbiche e figli gay), Trafford Publishing, 2003, capitolo 11, pp.79-89, libera traduzione di Diana
La speranza espressa nella lettera precedente a questo capitolo incoraggia uno sguardo più approfondito su Always our children (AOC). Scritto dal Comitato per il Matrimonio e la Famiglia della Conferenza Episcopale Statunitense e pubblicato nell’autunno del 1997, Always our children: A pastoral message to parents of homosexual children and suggestions for pastoral minister (Sempre nostri figli. Messaggio pastorale ai genitori di figli omosessuali e suggerimenti per un ministero pastorale “è […] una mano tesa […] ai genitori e ad altri membri della famiglia e offre loro un nuovo aspetto della Grazia presente nella vita famigliare e l’inesauribile amore di Cristo nostro Signore […] Il nostro messaggio vuole accettarvi con i vostri valori, ciò in cui credete, le vostre domande e tutto quello con cui state lottando […] per accettare e amare vostro figlio come un dono di Dio, e accettare anche la piena verità della rivelazione di Dio sulla dignità della persona umana e il significato della sessualità”.
In generale i genitori pensano che questo documento sarà di aiuto nel sostenere le famiglie e nell’educare le comunità di fedeli sulle questioni e i problemi relativi all’omosessualità. Prima di considerare altre reazioni dei genitori, cominciamo con una prospettiva teologica che spiega perché i genitori possono sentirsi pieni di speranza riguardo Always our children.
Una riflessione teologica per “famiglie fortunate” in Always our children, di Casey Lopata
Tre principî esemplificano la saggezza e le raccomandazioni di Always our children e possono giustificare l’ottimismo (che condivide il 90% dei genitori intervistati) riguardo alla sua utilità. I ministeri veramente utili e di supporto per gay e lesbiche cattolici e le loro famiglie si basano su questi tre principî: 1) affermare con forza che i gay e le lesbiche sono persone; 2) tener conto dei valori e non solo delle regole; 3) essere coerenti quando si offre cura pastorale.
Primo principio: affermare con forza che i gay e le lesbiche sono persone
Che cosa immaginate nella vostra mente quando io dico: “Quello è gay”? Pensateci. Questo evoca in noi uno stereotipo come quelli che i mass media amano riportare parlando del Gay Pride? Forse una drag queen, oppure una lesbica mascolina a petto nudo?
Ora che cosa immaginate quando io dico: “È una persona gay”? Per me questo è mio figlio, forse vestito in un abbigliamento sportivo, che guida l’assemblea parrocchiale cantando. “Gay” da solo tende ad evocare stereotipi, mentre “persona gay” mi fa andare in cerca di un volto.
Always our children fa sempre riferimento a “persone omosessuali”, non a “omosessuali”. Per esempio:
Ogni persona ha una dignità intrinseca, perché lui o lei è creato ad immagine di Dio.
Concentratevi sulla persona, non sull’orientamento omosessuale.
La personalità dell’individuo non è riducibile all’orientamento o comportamento sessuale.
“Omosessuale” è sempre un aggettivo, non un nome. Riferirsi sempre a persone omosessuali o gay o lesbiche è un modo sottile, ma efficace per dire ai genitori che il loro figlio gay o la loro figlia lesbica non sono categorie astratte, un tema astratto, non solo un “loro”, lei o lui sono una persona in carne ed ossa con una faccia ed un nome.
Avrei desiderato che Always our children fosse stato disponibile nel 1983, quando Jim per la prima volta mi disse: “Papà, sono gay”. Una madre ha espresso in modo succinto questo punto: “Conosco mio figlio, so chi è, come è stato allevato. So che ha una relazione personale con il Signore. Come può – lui e tutte le altre persone gay che conosco – essere come dice la Chiesa? Non quello che lui è”.
Ciò che questa madre ed io abbiamo bisogno di sentire e quello che i genitori oggi hanno bisogno di sentire è una chiara affermazione che i nostri figli gay e lesbiche sono persone. I genitori hanno bisogno di sentire citazioni da Always our children come questa: “Dio ama ogni persona come individuo unico. L’identità sessuale aiuta a definire quella persona unica che noi siamo, e una componente della nostra identità sessuale è l’orientamento sessuale”.
Di sicuro avrei voluto che ci fosse già stato Always our children per dirmi che potevo rispondere a mio figlio Jim: “Tu sei sempre mio figlio, niente muterà mai questo fatto. Tu sei figlio di Dio, un dono di Dio chiamato ad uno scopo nel progetto divino”.
Con il suo tono e la sua attenta scelta di vocaboli Always our children dice chiaramente che il punto di partenza per la cura pastorale con i genitori cattolici di gay e lesbiche è dichiarare con forza che il figlio gay o la figlia lesbica sono persone, le stesse persone che i genitori hanno sempre conosciuto.
Secondo principio: tener conto dei valori e non solo delle regole
Abbiamo bisogno di regole perché i aiutano a definire il significato dei valori astratti. Il trucco è non confondere la regola coi valori: per esempio, la regola dice: non rubare; eppure, due cardinali hanno difeso il furto di cibo da parte di un povero in un supermarket in Brasile dicendo: “La Chiesa non condanna chi prende cibo dove lo trova per non morire di fame”. Un valore ha sempre la precedenza sulla regola.
Always our children dice: “Le persone omosessuali, come ogni essere umano, hanno bisogno di essere nutrite spiritualmente, a molti differenti livelli simultaneamente. Questi livelli comprendono l’amicizia, che è un modo di amare essenziale per un sano sviluppo umano”.
Ecco perché questi sentimenti che provavo per Annette Funicello, di cui ho parlato nel capitolo 7, nella dottrina cattolica erano giusti. Mentre non possiamo dimenticare le regole, Always our children ci ricorda l’importanza dei valori, ci ricorda che l’amicizia è “un modo di amare essenziale per un sano sviluppo umano”. Always our children ci ricorda anche di considerare il valore e la definizione della castità: “Castità significa integrare i propri pensieri, sentimenti e azioni nell’area della sessualità umana, in modo che vengano rispettati i valori e la dignità propria e degli altri”.
La maggioranza delle persone, eterosessuali o omosessuali, può benissimo accettare e difendere questa definizione. Conosciamo tutti la regola della castità: nessuna attività sessuale al di fuori del matrimonio. Ma nel definire la castità nel linguaggio dei valori, Always our children ci invita a considerare che cosa significa per una persona a orientamento omosessuale integrare i propri pensieri, sentimenti, azioni in modo che vengano rispettati i valori e la dignità propria e degli altri.
Per un lungo periodo mi sono chiesto ossessivamente se Jim stava seguendo le regole, ma questo non mi faceva comprendere appieno ciò di cui avevo bisogno di sapere: che Jim era la stessa persona meravigliosa che avevo sempre conosciuto, che lottava, come facciamo tutti, per integrare i propri pensieri, sentimenti, azioni in modo che vengano rispettati i valori e la dignità propria e degli altri. Ripeto quello che ha detto una madre che conosco sul suo figlio gay: “Non voglio amarlo nonostante la sua omosessualità; voglio accoglierlo come persona omosessuale”. Sia che siamo genitori o ministri della Chiesa che si occupano della pastorale dei genitori, Always our children ci incoraggia a tenere conto dei valori più elevati e non solo delle regole: “Cristo chiama tutti i suoi seguaci […] ad un livello più alto di amore”.
Il teologo morale padre Richard Peddicord spiega questo principio in termini pratici: “La partecipazione sociale delle persone gay e lesbiche non è regolata dalla virtù della castità, ma da quella della giustizia”. Padre Peddicord è poco interessato ai vari tipi di giustizia e si occupa maggiormente della giustizia come termine univoco: “La giustizia non significa una cosa per i gay e un’altra cosa per gli etero”. Infatti, se la Chiesa non può condannare qualcuno che ha rubato per non morire di fame, può forse condannare qualcuno che cerca “un modo di amare […] essenziale per un sano sviluppo umano”? Possiamo forse porre maggiori restrizioni ad un’amicizia omosessuale rispetto ad una eterosessuale?
Questa è la regola. Quale può essere una risposta pastorale appropriata quando l’amicizia si sviluppa in qualcosa che è più di un’amicizia? Questo ci porta al terzo principio.
Terzo principio: essere coerenti quando si offre la cura pastorale
Il linguaggio di Always our children richiama continuamente alla coerenza: “Dio non ama qualcuno di meno semplicemente perché lui o lei è omosessuale. Ognuno – persona omosessuale ed eterosessuale – è chiamata alla maturità e responsabilità personale. Ci pare appropriato comprendere l’orientamento sessuale (eterosessuale o omosessuale) come una dimensione radicata nella personalità. Dio si aspetta da ognuno che lotti per la perfezione nell’amore, ma anche che lo raggiunga gradualmente, attraverso vari stadi di crescita morale. Con l’aiuto della grazia di Dio, ognuno è chiamato a praticare la virtù della castità nelle relazioni”.
Always our children insiste sulla coerenza. In pratica, quanto siamo coerenti? Ricordate la mia preoccupazione sulle probabili discrepanze sui consigli che potrebbe ricevere mia figlia sposata sul controllo delle nascite (valori) rispetto a quelli che potrebbe ricevere mio figlio sull’attività sessuale omosessuale (regole)?
In sostanza,Always our children dice di rispettare le coscienze delle persone gay e lesbiche come dovremmo fare con tutti. In particolare, dice ai genitori, per esempio: “Ricordatevi che potete cambiare solo voi stessi; potete essere responsabili solo delle vostre opinioni e delle vostre azioni, non di quelle dei vostri figli adulti”.
Naturalmente la coerenza si applica a tutti i ministeri. L’esperienza delle persone gay e lesbiche e dei loro genitori testimonia di un’esigenza speciale. I genitori di figli gay e lesbiche spesso sentono il bisogno di difendere i loro figli, che conoscono come persone perbene, dal pregiudizio comune che ci sia qualcosa di sbagliato in loro. Pare ci sia un pregiudizio, sia nella società sia nella Chiesa, secondo cui, dal punto di vista della moralità, essere omosessuale è peggiore rispetto ad essere eterosessuale. È come se il figlio gay fosse un presunto colpevole semplicemente per l’orientamento sessuale e i genitori debbano dimostrare la sua innocenza.
Nel suo libro Gay and Lesbian rights, a question: sexual ethics or social justice (Diritti di gay e lesbiche, una domanda: etica sessuale o giustizia sociale?) padre Peddycord scrive: “Non esiste prova scientifica che la discriminazione verso i gay influenzi il benessere delle coppie eterosessuali e/o dei loro figli […] Alla luce di questa ricerca, lasciarsi guidare dalla paura che la legislazione sui diritti dei gay sia una campana a morto per il matrimonio e la famiglia diventa problematico, come lo è opporsi alla disponibilità legale dei contraccettivi per le stesse ragioni”.
Se i ministri della Chiesa usassero un approccio pastorale coerente, i genitori sentirebbero di meno il bisogno di dimostrare che i loro figli sono persone perbene pur non essendo etero. Dei pastori coerenti potrebbero diventare un modello per i genitori, insegnando loro come esprimere l’amore per i loro figli gay e lesbiche, un amore che è “un riflesso dell’incondizionato amore di Dio”.
Riassumendo, tre principî fondamentali sembrano essere alla base di Always our children: 1) affermare con forza che gay e lesbiche sono persone; 2) prendere in considerazione i valori e non solo le regole; 3) offrire una cura pastorale coerente. Questi principî caratterizzano un ministero efficace coi genitori di persone lesbiche e gay. I ministri che integrano questi tre principî possono aiutare le persone gay e lesbiche e le loro famiglie e rendere molto più facile, sia ai genitori sia a tutti noi, la scoperta del ruolo di gay e lesbiche nel progetto di Dio e la celebrazione dell’amore di Dio che si rivela nelle persone gay e lesbiche.
Reazioni dei genitori
“La Chiesa Cattolica è stata molto riservata sull’omosessualità. I primi paragrafi di Always our children, per me, sono come una lettera d’amore, un segno esteriore che qualcuno nella Chiesa istituzionale ci sta ascoltando e intuisce vagamente ciò che noi genitori sappiamo nel nostro cuore sul nostro amato figlio.” (Reazione di un genitore a Always our children)
La riflessione teologica di Casey su Always our children dimostra il modo in cui alcuni genitori si avvicinano a questo documento. Comunque, nella citazione surriportata, si può sentire la tristezza e la speranza con cui un genitore legge Always our children. Qualcuno nella Chiesa istituzionale, quella dei vescovi, ha ascoltato i genitori e questi hanno sentito paura, rabbia, angoscia, confusione, isolamento, sollievo, accettazione, spirito di protezione e amore per i loro figli omosessuali.
Dopo la sua pubblicazione, se i vescovi fossero ancora in ascolto, potrebbero sentire cosa i genitori pensano di Always our children. Se fossero in ascolto, i vescovi sentirebbero espressioni di sostegno come: “Ratifica il nostro amore per i nostri figli”, “Dice che l’amore dei genitori è più grande di ogni istituzione, Chiesa o altro”, “Dà speranza ai genitori di una vita migliore per i loro figli”, “Esprime giustizia e compassione per gli omosessuali”, “Dichiara con forza che gay e lesbiche sono persone dicendo: Dio non ama qualcuno di meno solo perché è omosessuale”.
Se i vescovi fossero in ascolto, comprenderebbero che questo documento ha ricevuto l’approvazione di molte persone qualificate. Sebbene questi genitori conoscano tutti la dottrina cattolica, molti erano parecchio a disagio di fronte alla prospettiva dell’astinenza sessuale per tutta la vita, ritenendola un’aspettativa irrealistica se non si ha la vocazione al celibato. Hanno anche espresso una forte preoccupazione che il celibato a vita (astinenza sessuale) significherebbe una vita solitaria per i loro figli, privati di intimità umana. Altri pensano che il documento possa essere utile, ma hanno poca o nessuna fiducia sul fatto che possa essere diffuso o migliorato a livello di diocesi o parrocchie. Un genitore ha scritto: “Sì, penso possa essere utile, ma non penso che molti genitori lo leggeranno. I vescovi pubblicano questo messaggio pastorale e pensano sia sufficiente. Non ci sarà molto dialogo”. Un altro genitore ha detto: “Penso sia già stato messo da parte da molti vescovi”.
L’incertezza che alcuni genitori provano deriva dalla confusione e dal conflitto creato dalla dottrina cattolica sull’omosessualità. Ecco tre esempi di messaggi conflittuali in Always our children che potrebbero mettere in imbarazzo i genitori:
in primo luogo, Always our children dichiara che: “Sebbene a volte il dono della sessualità umana possa essere un gran mistero, la dottrina della Chiesa sull’omosessualità è chiara”. I genitori rispondono: “Come esattamente un ‘grande mistero’ può essere così ‘chiaro’, specialmente quando non è permesso sentire le voci di coloro le cui vite vengono giudicate?”.
Un secondo motivo di confusione per i genitori è l’eccessiva importanza data alla castità. Always our children dichiara che castità “significa l’integrazione dei propri pensieri, sentimenti ed azioni nell’area della sessualità umana in modo che si valorizzi e rispetti la propria dignità e quella degli altri. È il potere spirituale che libera l’amore dall’egoismo e dall’aggressività”. Eppure, questa definizione è in contrasto con altri riferimenti alla castità nel documento, i quali implicano inequivocabilmente che vivere castamente significa totale astinenza sessuale al di fuori del matrimonio (che è negato per le coppie gay e lesbiche). Molti, compresi parecchi psichiatri e psicologi, argomenterebbero che la totale astinenza sessuale (sia all’interno che all’esterno del matrimonio) non è necessariamente un modo utile o sano per integrare i propri pensieri, sentimenti ed azioni nell’area della sessualità umana in modo che si valorizzi e rispetti la propria dignità e quella degli altri.
Terzo, alcuni genitori trovano contraddittorie alcune dichiarazioni di Always our children sul valore intrinseco delle persone omosessuali. Sparse per tutto il documento vi sono asserzioni come: “Tu sei un figlio di Dio, un dono chiamato ad uno scopo nel progetto di Dio”; “Dio non ama di meno qualcuno solo perché è omosessuale”; “Ogni persona ha una dignità intrinseca, perché è creata ad immagine di Dio”; “La personalità totale di una persona non si riduce al suo orientamento o comportamento sessuale”; “In voi (fratelli e sorelle omosessuali) è rivelato l’amore di Dio”. Eppure, nonostante queste affermazioni positive, quando ci si riferisce alla terapia di conversione o cambiamento, a volte chiamata “terapia riparativa”, i vescovi scrivono: “Allo stato presente della conoscenza medica e psicologica, non c’è garanzia di successo di tale terapia. Così non ci può essere (sottolineato) obbligo di intraprenderla, sebbene alcuni possano trovarla utile”. Ci sono due difficoltà su tale dichiarazione: primo, e forse la più dannosa, vi è la chiara implicazione che, se il cambiamento è possibile, si dovrebbe cambiare. Come può una persona riconoscere e abbracciare la pienezza di se stesso come persona unica e figlio di Dio, “un dono chiamato ad uno scopo nel progetto divino”, quando i capi della loro Chiesa continuano a ripetere che deve (o dovrebbe) cambiare una parte integrante della sua personalità? In secondo luogo, mentre sembra che i vescovi si siano informati abbastanza a fondo sull’argomento dell’omosessualità, respingono o ignorano gli avvertimenti dell’Associazione degli Psicologi Americani (supportati dalle altre organizzazioni scientifiche) che non esiste “prova che la terapia riparativa funzioni e [la certezza] che può essere dannosa”.
Se i vescovi fossero in ascolto saprebbero che i genitori pensano che Always our children può essere utile, ma che ha lasciato tutto a metà ed ha una grave omissione: “Si tratta di un piccolissimo passo. Continua a lasciare nel limbo le persone gay, e i loro genitori in posizione di difesa rispetto ai loro figli e alla Chiesa. Nostro figlio, una volta un fedele cattolico, è ora molto risentito verso la Chiesa. Sa che vogliamo ritorni sui suoi passi, ma sente come se la Chiesa […] non lo volesse sinceramente e noi abbiamo difficoltà a difendere la Chiesa su questo punto. Ha aperto le porte alla discussione, invece che alla divisione, ma ha mostrato la necessità di proseguire ed ammettere il bisogno umano di un’espressione fisica di un amore. E semplicemente deve essere più forte, più affermativa”.
L’esitazione nell’approvare con entusiasmo Always our children nasce soprattutto a un fondamentale insegnamento dottrinale che i vescovi hanno trascurato di affrontare: la dottrina cattolica sul ruolo della coscienza personale nel prendere decisioni morali. La dottrina cattolica sull’omosessualità degli ultimi 25 anni ha messo i genitori in posizione di dover scegliere tra la Chiesa ed i loro figli. Alcune autorità della Chiesa potrebbero insistere che questo è un falso dilemma. Tuttavia, senza una chiara spiegazione della dottrina cattolica sulla coscienza, questo è esattamente il dilemma che i genitori cattolici affrontano.
Il documento del Vaticano II Gaudium et Spes (Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo moderno) ci dice: “Nel profondo della sua coscienza l’uomo scopre una legge che non si è imposto, ma alla quale deve obbedire. La sua voce, che lo chiama sempre all’amore ed al bene e ad evitare il male, risuona nel suo cuore al momento giusto […] perché l’uomo nel suo cuore ha una legge scritta da Dio […] la coscienza è il nucleo più segreto dell’uomo ed il suo santuario. Lì egli è solo con Dio, la cui voce risuona nel profondo”.
I genitori cattolici che hanno risposto all’indagine e coloro che ho incontrato negli ultimi 10 anni hanno detto con gran certezza e passione che “la voce di Dio che risuona nelle profondità della loro anima” dice loro che nei loro figli gay e lesbiche “è rivelato l’amore di Dio”. Questi genitori sanno che “gli esseri umani vedono l’apparenza, ma il Signore vede dentro i loro cuori”: 1 Samuele 16:7.
Se i vescovi fossero in ascolto, avrebbero udito la buona notizia: la grande maggioranza dei genitori pensa che Always our children sarà utile alle famiglie con figli omosessuali. Si tratta del più importante documento pastorale sull’omosessualità pubblicato dai vescovi statunitensi. I genitori dicono che aiuta a chiarire l’insegnamento cattolico e dissipa alcuni concetti sbagliati, ed inoltre ha un certo peso, in quanto proviene dai vescovi. Pensano che indichi un livello di preoccupazione pastorale e sensibilità mai dimostrata in passato dalla Chiesa Cattolica. Un genitore lo ha espresso in questo modo: “Penso che la gerarchia cattolica sia ancora chiusa nell’armadio su questo argomento molto delicato dell’omosessualità. Comunque, con Always our children la porta dell’armadio è stata almeno sbloccata”.
I vescovi hanno fatto almeno il passo iniziale di riconoscere che le famiglie con un figlio/a gay/lesbica ha necessità e merita la cura pastorale. Al termine di Always our children c’è un elenco di Raccomandazioni pastorali ai genitori e ai ministri della Chiesa. Sono forti suggerimenti sulla forma che questa cura pastorale dovrebbe prendere. Negli altri capitoli di questo libro vediamo i bisogni specifici dei genitori e prediamo in considerazione le raccomandazioni pastorali in relazione a tali bisogni. Chi è responsabile per la diffusione di Always our children e per l’attuazione di queste raccomandazioni pastorali? Chi prende l’iniziativa? I genitori cattolici di figli/e gay/lesbiche sono disposti a lasciare che il mondo sappia della loro fortuna?