Fotogrammi sentimentali. Appunti per una storia del cinema LGBT+ (1970-1990)
Annotazioni di Lavinia Capogna del marzo 2022, revisione del marzo 2024, seconda parte
Rainer Werner Fassbinder, capofila del Nuovo Cinema tedesco degli anni ’70/80 insieme a Wim Wenders, Margarethe Von Trotta ed altri, diresse “Le lacrime amare di Petra von Kant” un film bello e abbastanza duro sul controverso rapporto tra due donne che si avvaleva di una grande interpretazione di Hanna Schygulla.
Dobbiamo dire che tutti i film di Fassbinder, che è deceduto a soli 37 anni, sono film provocatori, spesso con storie barocche che sarebbero impensabili dirette da altri registi ma che nelle sue mani diventano geniali. Egli avrebbe affrontato questo tema anche nel suo ultimo film, “Querelle de Brest”, dal testo di Jean Genet.
In “La mamam et la putain” diretto da Jean Eustache ed interpretato dall’attore simbolo della Nouvelle Vague francese, Jean Pierre Léaud, il protagonista aveva un amour à trois.
Riguardo al cinema sperimentale dobbiamo menzionare il pittore e regista americano Andy Warhol con i suoi cortometraggi interpretati dall’attore Joe D’Alessandro e la regista belga Chantal Akerman, una delle registe più interessanti degli anni ’70/80 e lesbica, che purtroppo si è suicidata nel 2015.
Il cinema sperimentale per dirlo in due parole è una forma di espressione cinematografica che utilizza un “linguaggio” diverso da quello usuale e che non si vede nei circuiti commerciali. Ad esempio la Akerman utilizzava spesso lunghi piani sequenza tenendo la macchina fissa.
In un dialogo del film “Les rendez vous d’Anne” (Gli appuntamenti di Anne) del 1978 una ragazza raccontava alla madre una sua esperienza amorosa con una coetanea mettendo a fuoco gli stati d’animo che aveva provato.
Al cinema sperimentale apparteneva anche “Go Fish” un film a basso costo diretto dalla regista americana Rosa Troche, girato in un bel bianco e nero con una pellicola sgranata a 16 mm, che raccontava amori e difficoltà di alcune ragazze della comunità Lgbt statunitense ed anticipava il telefilm “The L Word“, che sarebbe stato prodotto dalla stessa produttrice, e che seppure proiettato sia negli Stati Uniti sia in Italia a tardi orari, riuscì a dare ampia visibilità raccontando le vicende di alcune ragazze.
Nel 1977 Ettore Scola firmava invece “Una giornata particolare“, interpretato da Marcello Mastroianni e Sophia Loren, che raccontava l’incontro fugace tra una casalinga infelice che ha un marito fascista e un giornalista della radio omosessuale, che il mattino dopo sarà arrestato, nel giorno della visita di Hitler a Roma.
Per l’intensa interpretazione e il suo timbro delicato è uno dei film più belli a tematica Lgbt.
Nel 1979 in “La patata bollente“, una frase idiomatica ormai in disuso che voleva dire un argomento di cui era increscioso parlare, il regista Steno riuscì ad realizzare un ibrido cinematografico, infatti per quanto il film avesse una netta impostazione da commedia all’italiana aveva anche una sua valenza sociale. Era la storia di un operaio comunista, interpretato da Renato Pozzetto, che ospitava in casa sua un ragazzo gay interpretato da Massimo Ranieri. Ciò creava equivoci e fraintendimenti con la sua fidanzata, la simpatica Edvige Fenech, e con i suoi compagni di partito.
Una particolare menzione va a Massimo Ranieri, bravissimo cantante ed attore fin dal suo esordio in “Metello” capolavoro di Mauro Bolognini, che ha avuto il coraggio di interpretare quel ruolo in “La patata bollente”. Per quanto oggi possa sembrare incredibile nel 1979 interpretare il ruolo di un ragazzo gay da parte di attore (etero) era veramente coraggioso. Ci sono attori di Hollywood famosi che hanno rifiutato ruoli del genere perché non volevano che si supponesse qualcosa o perché temevano di perdere la predilezione del pubblico femminile.
Anche “Pride” divertente ed intelligente film inglese del 2014, ambientato durante le lotte sindacali inglesi del 1984, raccontava di un rude gruppo di minatori e di arzille signore anziane che trovano dei validi alleati in alcuni ragazzi gay e lesbiche londinesi, sfaldando pregiudizi e stereotipi. Il film era ispirato ad un grande attivista, gay e comunista, Mark Ashton, purtroppo deceduto molto giovane.
Bisogna anche sottolineare che in parecchi film comici italiani degli anni ’60/ ’80 erano presenti sgradevoli allusioni e battute omofobe.
Nel 1980 la regista Donna Deitch realizzò “Cuori nel deserto“, un interessante film indipendente americano, la storia di una signora sposata che si recava a Reno, nel Nevada, per divorziare rapidamente da suo marito. Qui incontrava una ragazza volitiva con cui aveva una relazione sentimentale. Il film è importante per due ragioni: è considerato il primo film moderno a tematica lesbica e ha un lieto fine. Finalmente il cinema iniziò a liberarsi del classico finale del suicidio o dell’omicidio dei personaggi omosessuali fino ad allora visti prevalentemente come fragili, vulnerabili, psicolabili o addirittura come pericolosi criminali.
Anche Liliana Cavani raccontò nel 1985 una storia tra due donne in “Interno berlinese” un film formalmente bello ma eccessivamente osé.
Il bellissimo “Another Country” di Marek Kanievska (1985) era la storia vera di un inglese che era diventato una spia sovietica e ricordava i tempi di Oxford quando aveva avuto una relazione sentimentale con un altro studente. Il film lanciò uno degli attori ‘belli e dannati’ degli anni ’80 Rupert Everett.
“My Beautiful Laundrette” di Stephen Frears affrontava anche il tema del razzismo nella grigia Inghilterra tatcheriana cosi come faceva anche “Il colore viola” di Spielberg negli Stati Uniti.
In “Il bacio della donna ragno” di Hector Babenco del 1985 William Hurt interpretava con talento il ruolo di un gay detenuto insieme ad un militante di estrema sinistra in un paese sudamericano.
Giuliano Montaldo nel 1987 portava sullo schermo il racconto di Giorgio Bassani “Gli occhiali d’oro” sull’amicizia fraterna a fine anni ’30 tra un ragazzo ebreo e un distinto professore che, ingannato dal suo ex partner, un ragazzo bello e senza scrupoli, viene socialmente emarginato.
Giuseppe Bertolucci, fratello di Bernardo Bertolucci, nel 1987 realizzò un film molto interessante che fu visto prevalentemente dai cinefili, “Amori in corso” .
Era una storia semplice e realista su una gita vicino Roma di due studentesse universitarie che attendono un ragazzo e che vorrebbero prepararsi ad un esame universitario.
Con delicatezza Giuseppe Bertolucci sapeva cogliere sentimenti e atmosfere di quegli anni. Il film si fermava proprio quando stava per iniziare una storia d’amore.
Nel 1991 io realizzavo come regista e sceneggiatrice il film “La lampada di Wood” ispirato ad un mio racconto inedito. Il film narrava la storia di un’amicizia tra due ragazze, non era una storia d’amore ma c’era tuttavia tra le protagoniste una connessione emotiva sentimentale.
In Francia il regista italo algerino, Michel Bena, realizzò un unico, bel film, “Sotto cielo di Parigi” sull’amicizia e i sentimenti infranti di due ragazzi e una ragazza, lei era la bravissima Sandrine Bonnaire.
Cyril Collard, giovane scrittore e musicista, girò invece un film che fece discutere, “Notti selvagge“, egli stesso interpretava il protagonista dopo che alcuni attori a cui aveva proposto il ruolo lo avevano rifiutato: un ragazzo bisessuale che non avverte la sua partner di essere sieropositivo. Il bel Cyril Collard, promessa dell’arte francese, sarebbe purtroppo deceduto a soli 34 anni di Aids e così anche Michel Bena a 41 anni.
In “L’età acerba” il noto regista francese André Techiné raccontava un’amicizia fra due ragazzi e una ragazza nella decisiva estate della guerra di Algeria e recentemente con “Quando hai 17 anni” uno dei film più realistici su una storia d’amore tra due liceali.
Sceneggiatrice del film è anche la regista francese Céline Sciamma, autrice di talento e lesbica dichiarata, che ha diretto “Tomboy” e “Ritratto della giovane in fiamme” ambientato nel 1700 e bello esteticamente.
“Pomodori verdi fritti alla fermata del treno” diretto da John Avnet, vincitore di alcuni premi Oscar, descriveva in modo avvincente l’America del New Deal del presidente Franklin Delano Roosevelt degli anni ’30 e la grande amicizia tra due ragazze che si ritrovavano, innocenti, impegolate in un delitto.
Anche se nel film non c’è dichiaratamente una storia d’amore le/gli spettatori più sensibili percepiscono nettamente la storia delle due ragazze come sentimentale: la fuga sul treno, il bacio sulla guancia sul fiume, la prova del coraggio con le api e il miele, la scherzosa baruffa in cucina sono esempi eloquenti.
Un film molto carino era l’americano “Due ragazze innamorate” di Maria Maggenti del 1995, una storia tra due liceali. Il film era interessante perché presentava anche delle differenze tra di loro: una era molto ricca e l’altra proletaria, una nera e l’altra bianca, una amante della musica classica e l’altra del rock, una bisessuale e l’altra solo lesbica. Quindi Maria Maggenti con il suo film sotto l’apparenza lieve di una commedia buttava giù parecchi steccati.
Altrettanto fece “Philadelphia“di Jonathan Demme, bel film hollywoodiano, interpretato da Tom Hanks e dal simpatico Antonio Banderas dove un uomo ammalato di Aids ingaggiava una grande battaglia legale.
Il film riuscì a sensibilizzare sul tema della malattia. Per molti anni infatti gli/le ammalati di Aids erano stati brutalmente discriminati.
Nel frattempo il regista gay spagnolo Pedro Almódovar con il suo cinema fantasioso e sopra le righe conquistava le platee del mondo ed affrontava questa tematica in alcuni suoi film e altrettanto faceva il bravo e sensibile regista turco Ferzan Özpetek, principalmente in “Le fate ignoranti” ma non solo, grande successo di pubblico, ben interpretato da Stefano Accorsi e Margherita Buy che più tardi avrebbe recitato, insieme a Sabrina Ferilli, in “Io e lei” di Maria Sole Tognazzi, una commedia romantica, Donatella Maiorca diresse “Viola di Mare” che ha una forte valenza sociale essendo ambientato nella Sicilia del 1800, Laura Muscardin “Giorni” e Veronica Pivetti “Né Romeo né Giulietta“.
Bisogna dire anche che se in Italia è difficile realizzare un film ciò vale doppiamente per i film seri a tematica Lgbt.
Nel 1999 Hilary Swank vinse il premio Oscar per un film molto drammatico, “Boys don’t cry“. Il film ripercorreva la storia vera di una ragazza transgender che era stata uccisa da due teppisti criminali negli Stati Uniti. Era un film americano indipendente di forte impatto sociale. Tra gli altri film che riguardano temi transgender possiamo citare l’anticipatore “Jimmy Dean Jimmy Dean” di Robert Altman, “Transamerica” e “The Danish Girl“, anch’esso ispirato ad una storia vera.
Invece i film a tematica sociale più rappresentativi sono oltre a “Philadelphia”, “Prayers for Bobby” su una madre e suo figlio, “Milk” sull’attivista e politico di San Francisco assassinato nel ’78, “Stonewall” sulla rivolta di New York del 1969 che diede inizio al movimento Lgbt, “Freeheld” sulla storia vera di una poliziotta che, gravemente malata di un tumore, dovette fare una grande battaglia legale per far ottenere che la sua pensione fosse devoluta alla sua compagna prima della legalizzazione del matrimonio egualitario negli Stati Uniti, ben interpretato da Julienne Moore ed Elliot Page.
In Inghilterra sono stati realizzati alcuni film biografici di qualità come “Carrington” sulla pittrice, compagna dello scrittore gay Lytton Strachey, “Vita e Virginia” sulle due scrittrici.
Ha invece deluso a livello di obiettività storica “The Imitation Game” il film sul geniale inventore Alain Touring che ha minimizzato il grande peso che l’essere gay ebbe nella sua vita. Tra i film biografici c’è anche il francese “Poeti all’inferno” diretto dalla regista polacca Agnieszka Holland dove Leonardo Di Caprio interpretava il poeta Arthur Rimbaud.
Nel 1996 in India la regista Mira Nair realizzò “Fire“, un film importante perché ambientato nella società indiana che è una società molto tradizionalista, basti pensare che nelle moltissime lingue indiane non esiste nessun termine equivalente alla parola lesbica. Il film narrava la storia di una ragazza intrappolata in un matrimonio profondamente infelice che trovava aiuto e conforto in un’altra donna che a sua volta era sposata con un uomo estremamente religioso.
Ancora sono pochi ma coraggiosi i film Lgbt realizzati in Asia e in Africa. Riguardo al Sudamerica “Fragole e cioccolato” rompeva un tabù raccontando di un gay cubano, “Prima che sia notte” del regista e pittore americano Julian Schnabel era la drammatica storia vera di uno scrittore cubano, “Yo, la peor de todas” della regista argentina Maria Luisa Bemberg era un interessante film sulla vita della grande poetessa messicana Juana Inès De La Cruz, “Frida” della regista americana Julie Taymor sulla grande pittrice messicana Frida Kahlo e recentemente una regista argentina ventenne, Cecilia Valenzuela Gioia, ha esordito con il lungometraggio “Il colore di un inverno” di cui è anche coprotagonista. Il film tratta in modo sensibile di una ragazza che soffre di attacchi di panico e che infine scopre l’amore.
Tra gli altri film vanno citati l’interessante ma troppo osé “La storia di Adele” film francese pluripremiato diretto da Abdelatiff Kechiche, il torbido “Mullholland Drive” di David Lynch che giocava su un personaggio luce e un personaggio ombra di junghiana memoria come del resto aveva già fatto negli anni ’70 Robert Altman nel più bello e visionario “Tre donne“, “Billy Elliott” su un ragazzino innamorato della danza e tra i personaggi da ricordare vanno citati senza dubbio i due cowboys de “Il segreto di Brokeback Mountain” di Ang Lee, il cantante rock glam ispirato a David Bowie nel psichedelico “Velvet Goldmine” di Todd Haynes, futuro regista di “Carol” che è uno dei film più belli sul tema sia per la sua raffinatezza formale e delicatezza sia per la misurata ed intensa recitazione.
“L’altra metà dell’amore“, il cui titolo originale era “Lost and delirious”, e il film svedese “Fucking Åmål” riproponevano invece il suicidio mentre “Imagine you and me” era una piacevole commedia anglobritannica con un simpatico happy end.
Il delicato “Lovesong” della regista coreana So Yong Kim, film indipendente americano, narrava di un’amicizia al confine con l’amore tra due amiche fino ad arrivare ai recenti “Chiamami con il tuo nome” di Luca Guadagnino e il, secondo me, pesante, “Ammonite” di ambientazione ottocentesca.
In “The Hours”, uno dei film più belli della nuova Hollywood, c’era una donna che viveva con un’altra donna, splendidamente interpretata da Meryl Streep, e un suo amico scrittore ammalato di AIDS nonché Nicole Kidman nel ruolo di Virginia Woolf.
Bisogna però dire che ci sono anche film relativi a storie fra ragazze che invece sono solo voyeuristici e che andrebbero dimenticati tout court. In tempi recenti anche alcune serie TV hanno affrontato questi temi.
Sul fronte dei documentari tra i più belli “L’altra altra metà del cielo” di Maria Laura Annibali in cui alcune donne parlano serenamente di loro stesse e che ha partecipato a numerosi festival internazionali, “Nessuno uguale” di Claudio Cipelletti in cui alcuni studenti raccontano i loro coming out e “Due volte genitori” dello stesso regista sui genitori con figli omosessuali.
A Torino e in altre parti del mondo si svolgono festival di film Lgbt. Anche i coming out pubblici di Jodie Foster ed Eliott Page sono stati importanti per far comprendere che l’omosessualità è solo una variante naturale dell’amore.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati alcuni bei saggi sul cinema a tematica Lgbt come quelli di Mauro Giori “L’omosessualità nel cinema italiano. Dalla caduta del fascismo agli anni di piombo“, “Sguardi che contano” di Federica Fabbiani che esamina accuratamente come le lesbiche siano state e sono rappresentate nel cinema, “100 Classici del cinema gay” di Vincenzo Patanè, “Mondo Queer: cinema e militanza gay” di Pier Maria Bocchi e “Nuovo cinema Queer” di Emanuele Liotta.
Su Hollywood è ormai un classico “Lo schermo velato” dell’americano Vito Russo del 1981 da cui è anche stato tratto un bel documentario.
Se nel passato ciò che scandalizzava al cinema era la rappresentazione della sessualità oggi invece in una società omologata e virtuale sono quasi scandalosi i sentimenti. E i migliori film a tematica Lgbt hanno parlato di sentimenti autentici, dato volti e voci a coloro che erano stati costretti ad essere invisibili da tempo immemorabile, cancellati ingiustamente dalla Storia, raccontato di coming out, di solitudini, di rabbia ma anche di sogni e speranze.