Gabriele, 13 anni, è morto di omofobia
Riflessioni di Massimo Battaglio
Gabriele era gay? Non lo sappiamo. E forse non lo sapeva neanche lui. Ma i suoi compagni di scuola avevano deciso così. Lo hanno deriso per tutto un anno, fino a fargli prendere la decisione di cambiare scuola. Ma nemmeno lì, le cose non andavano meglio.
Sabato 11 novembre 2023, nella casa di Palermo in cui abitava coi suoi genitori, Gabriele si è tolto la vita. Dopo incomprensioni e liti anche in famiglia, ha atteso che i suoi si allontanassero e ha compiuto il gesto estremo. Gli avevano proibito di uscire, forse temevano qualcosa per lui, forse chissà.
Sono stati chiamati i Carabinieri; la Procura ha aperto due fascicoli; anche la scuola è stata coinvolta. Si ipotizza il reato di “induzione al suicidio“, perpetrato sia via web e sia nell’ambiente scolastico. La scuola ha dunque chiuso ogni attività per due giorni, un po’ per partecipare al lutto e un po’ per permettere le indagini.
“Si comunica che per motivi legati a un lutto improvviso che ha colpito la nostra Comunità Scolastica, lunedì 13 Novembre 2023 saranno sospese le attività didattiche, comprese quelle pomeridiane dell’Indirizzo musicale e quelle sportive. Le classi 1e A/C/G/H/L non effettueranno l’uscita didattica a Carbona, la stessa è riprogrammata per mercoledì 15/11/23 con la stessa organizzazione” (documento riportato da Fanpage.it)
Da lì è partita l’onda della cronaca. E la cosa non può che far piacere, paradossalmente. E’ raro infatti che, quando dietro una tragedia c’è l’omofobia, lo si voglia ammettere. Spesso si preferisce glissare anche sullo stesso suicidio, quale che sia il motivo. Se poi i motivi sono di carattere omofobo, li si nasconde quasi sempre. E’ un po’ una forma di rispetto: non che si pensi necessariamente che l’omosessualità sia roba da nascondere, ma non la si vuole rivelare per non invadere l’intimità della vittima. Quando poi, a togliersi la vita, è un ragazzo giovanissimo, come Gabriele, capita che la sua identità sessuale non sia ancora nota alla famiglia, e allora ci vuole molto tempo a comprendere.
E così, anche la storia di Gabriele è stata presentata dai media generalisti in modo molto prudente, fin troppo timido.
“Palermo, tredicenne si toglie la vita. La Procura indaga per istigazione al suicidio: forse vittima dei bulli” Titola il Corriere del Mezzogiorno, senza fare cenno ai motivi del bullismo stesso. Live Sicilia resta ancora più sul vago: “Tredicenne suicida a Palermo, scuola sotto choc: una sofferenza immane”. Solo il Fatto Quotidiano ha un po’ più di coraggio: “Palermo, tredicenne si toglie la vita. Inchiesta per istigazione al suicidio: Vittima di bulli, deriso anche per l’orientamento sessuale”.
Diverso è il caso di gay.it che, nella propria pagina quotidiana dedicata all’omofobia, tratta il caso con dovizia e avverte che il servizio è in aggiornamento: “Palermo, si suicida a 13 anni per bullismo, deriso per il presunto orientamento affettivo”. E’ importante quel termine “presunto“, perché nessuno di noi saprà mai se Gabriele era effettivamente gay o bisex o trans. Lo avevano stabilito i suoi compagni, loro sì, evidentemente contagiati da un clima omofobo che respirano fin da piccoli.
Martedì c’è stato il funerale, con le consuete manifestazioni di sgomento e commozione. Il Corriere di Palermo riporta gli interventi della famiglia, degli insegnanti, del prete.
“Siamo tutti distrutti per questa tragedia – dicono i genitori – hai lasciato un vuoto incolmabile. Spero che tu riesca a trovare la serenità e la pace che cercavi e che forse non siamo stati capaci di trovarla. Veglia su di noi. Sei amato di un amore profondo come il mare. Tredici volte grazie, per ogni sorriso che ci hai donato”. Vegliamo anche noi su di loro, qualunque siano stati gli affetti o i problemi che hanno vissuto col loro Gabriele.
“Gabriele era con noi dallo scorso anno – aggiungono gli insegnanti – Si era integrato perfettamente all’interno della scuola, nell’ultimo tema parlava del futuro e del suo sogno di impegno nel sociale. Nulla faceva presagire ad un gesto estremo. Siamo vicini al dolore di questa famiglia: alla mamma, al papà e alla sorellina. Ciao Gabriele ci mancherai tanto”. Dev’essere proprio difficile, per un insegnante, entrare veramente in sintonia coi suoi allievi. Ora, questa storia ci dice che l’integrazione non era andata poi così bene.
E il celebrante, don Salvatore Pistorio: “Non ci sono parole per spiegare questo assurdo gesto. Questa società è cambiata, questi social hanno cambiato la nostra vita. Gabriele è un angioletto che oggi è salito al cielo, si trova nella pace e nella giustizia di Dio. Noi che però siamo qui, dobbiamo riflettere sulla società odierna. Voi ragazzi qui presenti siete nati e cresciuti in questo contesto, per noi grandi invece è un campanello d’allarme di quello che non va nella nostra società. Faccio un appello ai giovani, se avete qualche problema: parlatene. Se non ve la sentite di parlare con i vostri genitori, confidatevi anche con noi sacerdoti, ma apritevi, perché parlando con qualcuno, magari le cose possono prendere un aspetto diverso”.
Belle le sue intenzioni, don Salvatore. Ma le pare che un ragazzino che ha problemi a causa del proprio orientamento sessuale, abbia tanta voglia di confidarsi con un sacerdote cattolico? Magari lei è buono, di larghe vedute, aperto a tutti. Ma quali sono i messaggi che un ragazzo solitamente riceve a proposito dell’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’omosessualità? Su! Non diamo sempre la colpa ai social. Prendiamoci anche la nostra parte.
“La colpa – scrive Gianluca Nicoletti su La Stampa – è sicuramente anche nostra, che non siamo capaci di opporre argomenti convincenti che non siano puramente ideologici ,verso chi ancora parla di congiure finalizzate ad attentare alle leggi di natura, chi vede, nell’educazione dall’affettività e alla comprensione di ogni possibile diversità, un sordido tentativo di sovvertire l’ordine cosmico. Finché non faremo passare come valore essenziale la capacità di mettere in discussine i desertificati altari dei selvaggi che fummo, ci saranno sempre ragazzini che cercano leggerezza destinati a soccombere. Continueranno a essere le vittime di altri ragazzini, quelli che abbiamo zavorrato con la nostra più plumbea ottusità nell’accettare che il mondo è cambiato”.
Queste righe si adattano molto bene alle dichiarazioni pervenute anche dall’onorevole Brambilla (Forza Italia), presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, di cui il Giornale di Sicilia riporta l’intervento in proposito:
“Alla famiglia va tutta la mia personale vicinanza per un dolore tanto grande da non poter nemmeno avere un nome. Troppo spesso dobbiamo registrare casi di fragilità emotiva e psicologica nei più giovani, sui quali si innesta la violenza di bulli coetanei o peggio ancora degli adulti, e troppo spesso le vittime sono lasciate sole a fronteggiare un’umiliazione che ai loro occhi appare definitiva e distruttrice, fino al gesto estremo del suicidio.
All’aumento di casi di depressione giovanile, disordini alimentari e autolesionismo, spesso riconducibili a violenze fisiche o psicologiche subite, rispondiamo con un’indagine sull’argomento già deliberata dalla commissione infanzia e con l’auspicio che sia rapidamente approvata la proposta di legge su prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo, già licenziata dalla Camera. Tra tante altre cose di buon senso, il testo prevede un servizio di sostegno psicologico ai ragazzi delle scuole, per prevenire situazioni di rischio e di disagio anche coinvolgendo le famiglie”.
Onorevole: le ricordiamo che alcuni membri della sua maggioranza, proprio mentre si dibatteva della proposta di legge di cui lei parla, hanno voluto che fosse espunto il tema dell’educazione sessuale e affettiva, che hanno definito coi termini di “nefandezza”, “porcheria”, “oscenità”, “turpiloquio”. Per favore!
E lo stesso vale per Schifani, governatore della Regione Sicilia, di cui traiamo le opinioni da Live Sicilia:
“La tragedia dello studente tredicenne di Palermo che si è tolto la vita deve farci riflettere, ancora di più, su tutto ciò che la Regione può e deve fare per prevenire e contrastare i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo. Qualche settimana fa, proprio in attuazione di una nostra legge, abbiamo istituito un’apposita Consulta regionale con lo scopo di raccogliere informazioni sul bullismo e realizzare iniziative da mettere in campo, in un’ottica sinergica, assieme a tutti i soggetti pubblici coinvolti. Un percorso che mira alla tutela della crescita educativa, sociale e psicologica dei minori, proteggendo e sostenendo i soggetti più fragili”.
“La Regione a pure sposato e promosso il progetto pilota dell’Ufficio scolastico regionale per elaborare insieme azioni di contrasto al fenomeno, con l’obiettivo, tra gli altri, di predisporre un sistema di rilevazione e monitoraggio che accoglierà le segnalazioni provenienti dalle scuole o dai singoli cittadini e i cui risultati saranno presentati nei prossimi giorni. Sempre in questo contesto, all’interno del Piano strategico per il contrasto alla povertà educativa, di recente approvato dalla giunta, abbiamo previsto la creazione di specifici sportelli scolastici di ascolto e di azioni di prevenzione”.
Signor Presidente: è semplicemente vergognoso, di fronte al feretro di un ragazzino ucciso dall’omofobia, reagire in modo così propagandistico, elencando le magnificenze del proprio operato, che, evidentemente, non è affatto all’altezza della situazione.
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