Gay e credenti, binomio possibile?
Articolo di Daniela Tuscano tratto da “L’Urlo” del luglio 2004
A causa dell’ostilità della gerarchia, negli ultimi anni sono nati numerosi gruppi di gay credenti che, per molti, rappresentano il solo aggancio col mondo cristiano. Domenico Pezzini, saggista e docente universitario, è uno dei rari sacerdoti che si è occupato di affrontare questo tema e a partire dagli anni ’80 ha fondato a Milano i gruppi di credenti omosessuali “Il Guado” e “La Fonte” e che in questa intervista ci ricorda che “quando smetteremo di considerare l’omosessualità una ‘macchia’ da cancellare, scopriremo che ognuno ha qualcosa da trasmettere e aggiungeremo un tassello alla comprensione dell’intera realtà umana”.
Per molti, anche tra gli omosessuali, rimane un argomento tabù. Altri lo affrontano con coraggio, superando barriere e ostruzionismi. Oggi numerosi cristiani, presa coscienza della loro omosessualità, non intendono più allontanarsi dalla Chiesa e, soprattutto, dalla fede.
A causa dell’ostilità della gerarchia, negli ultimi venticinque anni sono sorte varie associazioni di gay credenti, che per molti rappresentano il solo aggancio col mondo cristiano. Domenico Pezzini, saggista e docente universitario, è uno dei rari sacerdoti che si occupi della questione: negli anni ’80 ha fondato a Milano i gruppi “Il Guado” e “La Fonte”.
L’intervista che ci ha concesso è tanto più preziosa, se si tengono a mente i “giri di vite” vaticani come la “riduzione” – il vocabolo è in sé rivelatore del persistente clericalismo vaticano – allo stato laicale di don Franco Barbero e l’imposizione del silenzio assoluto a suor Jeannine Gramick e padre Nugent (autori del libro “Anime gay “, pubblicato da Editori Riuniti).
Com’è nata l’idea della comunità?
“Per rispondere alle sollecitazioni di persone emarginate dall’ambiente ecclesiale, familiare, lavorativo. Ho voluto creare un clima sereno, che offrisse la possibilità di parlare di sé a chi, altrimenti, si sarebbe incontrato solo in bar, saune o palestre. È invece necessario interrogare ‘da cristiani’ il proprio io, anche per evitare che da una morale semplificata, la quale si ‘sbarazza’ di questo tema con poche frasi perentorie, se ne passi a un’altra eccessivamente personalistica. Solo una conoscenza a tutto tondo del nostro intimo consente di confrontarsi a tutto tondo con la Parola di Dio”.
In cosa consiste il vostro lavoro?
“‘Il Guado’ organizza incontri guidati o tenuti da conferenzieri, mentre i componenti della ‘Fonte’ si autogestiscono. Commentiamo libri o documenti, non necessariamente di argomento religioso, cercando di rispondere alle suggestioni emerse e confrontandoci col vissuto personale. Ogni anno, poi, ci riuniamo presso una comunità di suore per riflettere e proporre iniziative”.
Per Ermanno Genre l’omosessualità è “un non-sapere perturbante”. Condivide?
“Senza dubbio l’omosessualità incute paura, perché costringe l’individuo a mettersi in discussione nel profondo; se però partiamo dal presupposto che da un lato ci sono i ‘giusti’ e dall’altro gli ‘sgorbi’, non otterremo alcun risultato”.
La disinformazione provoca chiusure oltranziste, oppure curiosità morbose…
“Ma quando smetteremo di considerare l’omosessualità una ‘macchia’ da cancellare, scopriremo che ognuno ha qualcosa da trasmettere e aggiungeremo un tassello alla comprensione dell’intera realtà umana”.
Secondo Virginia Woolf è necessaria “una stanza tutta per sé”: ma per aprirsi al mondo.
“Infatti mi ribello se alcuni mi accusano di creare ghetti. È vero il contrario: riunisco persone che possano relazionarsi con tutti, omosessuali ed eterosessuali. Vogliamo offrire alla società il frutto del nostro lavoro”.
I rapporti con l’istituzione rimangono però difficili, immagino
“Il presente non è certo esaltante, ma in futuro potrebbe profilarsi una posizione più articolata. A livello di singole figure il tono è assai più rispettoso”.
Nel suo e in altri gruppi la componente femminile è decisamente minoritaria: forse perché le donne trovano un punto di coesione nell’esperienza femminista?
“Pare di sì. Al ‘Guado’ venivano alcune ragazze con minori problemi di auto-accettazione poiché trovavano possibilità di esprimersi nel movimento delle donne. Io ho spesso analizzato libri di mistiche, sottolineando la loro spiritualità ‘fusionale’. Tuttavia non amo gli stereotipi e la mia visione è universalista”.
L’afflusso di immigrati di diverse culture e religioni porterà a suo parere vantaggi o difficoltà alla comunità omosessuale?
“Conosco parecchi islamici che non nutrono particolari pregiudizi e manifestano un atteggiamento tranquillo. Con l’Africa Nera e la Cina, benché molto legate al concetto di famiglia, esistono occasioni di dialogo. Le contrapposizioni non hanno mai giovato a nessuno”.