Genitore 1 e genitore 2: ci risiamo con gli allarmi omofobi
Riflessioni di Massimo Battaglio
La ministra degli interni Lamorgese sta preparando il decreto con cui si tornerà alle dizioni “genitore 1 e genitore 2” su alcuni documenti ufficiali, tra cui le carte d’identità dei bambini con meno di quattordici anni. Ed è subito scandalo.
Ha cominciato don Maurizio Patriciello, l’ormai famoso prete di Caivano, paese del napoletano in cui si consumò la tragedia di Maria Paola Gaglione. Forte del favore conquistato sul campo di un quartiere difficile, il sacerdote campano sta diventando, nell’opinione pubblica, un profeta dal verbo indiscutibile. Gli è bastato un twitt, tanto pacato quanto insidioso:
“Sono nato da un padre e una madre. Mio padre si chiamava Raffaele, mia madre Stefania. Mio padre era maschio, mia madre femmina. Sono loro eternamente grato per il dono immenso della vita. Genitore 1 e genitore 2 mi ricordano le prime addizioni alla scuola elementare. Un obborbrio. Smettiamola. Facciamo le persone serie. E badiamo ai veri problemi del Paese”.
Era naturale che Arcigay Napoli reagisse – anche se io avrei preferito una linea più sottile, meno “partenopea” – perché quelle parole garbate insinuano concetti inaccettabili.
Cosa vuol dire “sono nato da un padre e una madre”? Tutti siamo nati grazie a uno spermatozoo che ha fecondato un ovulo. Moltissimi hanno vissuto l’esperienza di una famiglia “tradizionale”. Ma non tutti: c’è chi non ha mai conosciuto uno o entrambi i genitori e c’è – e c’è sempre stato e ci sarà sempre di più – chi è cresciuto, cresce e crescerà con due genitori dello stesso sesso. Esiste un solo modo buono di essere figli? I bambini sui cui documenti non può comparire “padre” o “madre” valgono meno degli altri? Hanno qualche colpa? Vogliamo tornare – come di fatto aveva prospettato Salvini – all’oscena definizione “figlio di N.N.”?
E dove vuol parare padre Patriciello con “Sono loro eternamente grato per il dono immenso della vita”? Le dizioni “genitore 1 e genitore 2” sono forse finalizzate a eliminare la gratitudine che tutti sentiamo per i nostri genitori? Non voglio mettergli in bocca parole che non ha detto ma la sua intenzione è evidente. Il suo twitt tende a rinfocolare l’idea per cui qualcuno, e segnatamente il movimento LGBT, agisca sotterraneamente per minare i valori della famiglia.
La valanga di lettere arrivate a L’Avvenire – e puntualmente collezionate dal direttore Tarquinio che, per queste cose, non vede l’ora – sembrano dimostrare proprio questo: c’è chi ha una paura fottuta che gli si tocchi la famiglia ed è disposto a trovare qualunque capro espiatorio per difendersi. Uno scrive che “la vita è ideologizzata da poteri manipolatori” e “questo diventa molto pericoloso”. Un altro afferma che “certi argomenti, quasi tutti legati alla vita e alla famiglia, stanno diventando un campo minato e le reazioni a posizioni di impronta cristiana sono di violenza inaudita”.
Fermiamoci un attimo. “La vita è ideologizzata”? Perché non è forse ideologico estendere i termini della vita dal momento del concepimento (cioè prima che inizi) a quello successivo alla morte (cioè quando non esiste più)? Non dico di non essere d’accordo; è un modo di vedere. Ma riconosciamolo: per arrivare a qualunque definizione di vita, occorre uno sforzo ideologico. Possono esistere ideologie diverse, ci si può confrontare, ma nessuno può vantare di possedere una verità rivelata e accusare gli altri di non volerla riconoscere.
“Certi argomenti stanno diventando un campo minato”? Ma meno male! Quando un’idea tradizionale, un modello consolidato, arriva a interessare un gruppo ormai minoritario di persone e ad escludere la maggioranza, sarebbe ben ora di porsi qualche domanda. Mica si vuole distruggere quell’idea. Si cerca semplicemente di rimetterla in discussione per ampliarne il portato.
E poi ci sono le frasi forti, quelle dei “Poteri manipolatori”. E che è? Le scie chimiche arcobaleno? L’autore di questi slogan ha qualche nozione del termine “potere”? Gliene fornisco una celebre: il potere è la facoltà di imporre ad altri di fare ciò che non farebbero e di non fare ciò che farebbero. Qualcuno teme che in Italia si vada in questa direzione? Si ha paura che prima o poi saremo tutti obbligati a sottoscrivere semplici patti di convivenza e sarà vietato sposarsi in chiesa? Si dubita che i figli di famiglie omogenitoriali arrivino a ottenere trattamenti di favore?
Ma via! Se il movimento LGBT fosse davvero un “potere manipolatore”, non si sarebbero celebrate manifestazioni come i “familyday”, il congresso di Verona sulla famiglia, i ritrovi delle “sentinelle in piedi” nè gli attuali sit-in (miserrimi) davanti al Ministero dell’Interno. E la legge contro l’omofobia sarebbe già stata approvata da un pezzo e in termini molto più severi. Cari amici tradizionali: state tranquilli.
L’altra espressione che mi dà veramente fastidio è quel “di una violenza inaudita”. Ma che ne sanno, questi corrispondenti da Mulino Bianco, di cos’è la violenza? Di fronte a 163 vittime di omofobia conclamate nel 2020 (e 226 nell’anno precedente), hanno il coraggio di bollare i commenti del mio amico Antonello Sannino, segretario di Arcigay Napoli, come “violenza inaudita”? E parlano di rispetto cristiano?
I cristiani, tra cui il sottoscritto, riguardo al tema della famiglia, dovrebbero sempre ricordare che Gesù è nato nella meno tradizionale delle famiglie della storia: da una ragazza madre e un padre ignoto (noi sappiamo che non è così ma i compaesani di Maria no) e che ha avuto, per l’istituzione familiare, parole anche durissime:
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli!». (Mc 3,31-34 cfr Mt 12,46-50 e Lc 8,19-21)
Noi gay, lesbiche, bisessuali, trans, siamo molto più mammoni di Gesù. E non abbiamo paura di “genitore 1 e genitore 2”.
Per approfondire> Cronache di ordinaria omofobia