Genitori alle strette: ‘Che posso fare se mio figlio o mia figlia sono omosessuali?’
Articolo di Loretta Aguirre e Sofia Fernandez da La Nacion (Cile) del 10 febbraio 2009, liberamente tradotto da Franco Morelli
“Gli passerà” dicono, come se si trattasse di un raffreddore. Perché prima di tutto si nega, poi vengono le domande, le sofferenze interiori, l’accettazione o il rifiuto. Per nessun padre è facile ammettere che il proprio figlio non è eterosessuale. Ma è possibile arrivarci. Qual’è la chiave? Informarsi, per far cadere i miti.
A 22 anni, dopo essere uscito dal seminario, Marco Becerra ebbe come risposta il silenzio della madre e il rifiuto del padre, quando prese coscienza della propria omosessualità. Il suo coming out scatenò una crisi in famiglia. Il padre semplicemente non lo accettò e fece cadere la sua ira contro di lui per anni, cosa che lo obbligò ad andarsene di casa per vivere con il suo compagno.
“Mi sono sentito rifiutato. Mi isolai da loro, persi i Natali e le feste di famiglia”, ricorda il presidente attuale di Accion Gay. Lo sa che la sua storia è la stessa di molti omosessuali e che la reazione di suo padre è normale. “Quando uno dice a suo padre di essere gay, questi si sente tradito, ferito nella sua mascolinità. La madre è un poco più complice, forse perché crede che così avrà suo figlio vicino per più tempo”, dice Becerra , che confessa che nonostante tutto oggi è in cordiali rapporti con suo padre. ”E’ vecchio e la questione dell’omosessualità è passata in secondo piano”, dice.
Tuttavia fra il ripudio e la riconciliazione ci furono dolori e sofferenze durante tutto il percorso di entrambi. Perché, se nessun padre o nessuna madre sono pronti di fronte a un figlio o una figlia che riveli di non essere eterosessuale, anche nessun figlio lo è per riuscire ad affrontare in pubblico l’”ovvietà” di non sentire attrazione per persone del sesso opposto.
Sfatare miti
La negazione, il rifiuto e il blocco sono i primi sentimenti che di solito hanno i genitori, quando si rendono conto che il figlio o la figlia sia omosessuale, transessuale o transgender, afferma la psicologa Amorina Calello. E “la società cilena è molto attaccata ai valori religiosi, e da questo deriva la reticenza da parte dei genitori”, fa notare. “Molte volte i genitori reagiscono con un “gli passerà”, pensando che sia qualcosa di momentaneo, un momento di transizione. Perfino un atto di ribellione. Ma non è così e, se anche capita, non capita di frequente” afferma la Calello.
Perciò una delle prime cose che i genitori devono prendere in considerazione – dopo l’impatto iniziale della confessione- è che non si tratta di un compito facile, per il figlio, dichiarare questa realtà di fronte ai propri genitori stessi. “Essi devono rendersi conto di quanto importante sia che la famiglia accetti la persona del figlio o della figlia”, spiega la psicologa.
Ma questo processo di presa di coscienza non è istantaneo. Infatti anche la Calello raccomanda ai figli di non aspettarsi risposte immediate e di avere pazienza, dal momento che “stanno prendendo una decisione che non è nella norma e pertanto bisogna anche essere disposti ad attendersi la non accettazione da parte dell’altro”.
E’ normale che ci sia una confusione iniziale. Restano bloccati di fronte alla notizia e non sanno che fare. “E’ quello il momento migliore affinché i genitori si informino”, spiega Marcelo Schwember, psicologo del Centro Cit, specialista sul tema. E’ che il peggior nemico da combattere consiste nei pregiudizi e nei miti: che gli omosessuali sono più dediti alla promiscuità, che sono a rischio aids, che sono malati ecc.
Un altro grande mito è che l’omosessualità sia una malattia; il che porta molti genitori a considerare come una soluzione un trattamento psicologico. Tuttavia la maggior parte degli specialisti concorda sul fatto che le terapie “per non essere più gay” non ottengono nessun effetto e causano solo danni emotivi al paziente”.
Neppure il senso di colpa è la via giusta, benché sia parte del processo normale di “sofferenza”, prodotto dall’infrangersi dell’immagine idealizzata e tradizionale che i genitori si fanno riguardo ai propri figli e al loro futuro: realizzati professionalmente, di successo, sposati, con una famiglia, che diano loro nipoti ecc. Tuttavia, spiegano gli esperti, i genitori devono capire “che non sono responsabili del fatto che i figli siano gay. Non c’è nulla che sia direttamente determinante”.
Non reagiscono tutti allo stesso modo
Nonostante vi siano determinate tipologie di comportamento, non tutti i genitori reagiscono allo stesso modo di fronte ad una confessione del genere. Fu così per Jimena Norambuena, madre di Michel Riquelme, che non ebbe grossi problemi quando sua figlia le disse di essere un maschio transessuale (sentendo di essere nato nel corpo sbagliato).
“Non entrai mai in conflitto con tutto ciò, non mi domandai mai come mai lo avevo generato così o che altro, dal momento che andava bene a scuola ed era una brava persona”. Di questo Michel le è grato.
“Avevo molta paura che mi rifiutassero, che mi cacciassero di casa e di dovermi separare dalla mia famiglia per potermi sentire bene con me stesso. Ma fortunatamente non fu così”.
Uscire dal proprio guscio
La psicologa Karen Talamilla segnala che “non si possono generalizzare i modi di affrontare la questione da parte dei genitori”, infatti questo dipende da fattori socio-culturali e non dal fatto che sia il padre o la madre a rendersene conto, anche se questa “è la prima a farlo, data la maggiore vicinanza quotidiana con i figli nella società cilena”.
D’altra parte Astrid van den Bosch, psicoterapeuta del Gruppo di Appoggio per Uomini Transessuali (GAHT) dice che alla lunga finiscono per accettarlo, ma “quasi sempre si tratta di un’accettazione condizionata”.
Vale a dire che non si rassegnano all’idea che un giorno il figlio o la figlia possano cambiare. Quello che più temono è la discriminazione alla quale possono andare incontro, quello che la gente dirà e la frustrazione di pensare che non potranno avere nipoti.
Perciò, quando è già trascorso molto tempo dal momento che i genitori hanno saputo la verità e continuano ancora a mantenere i conflitti iniziali, la Talamilla raccomanda di “accedere ad una terapia per iniziare un processo di accettazione e rispetto, nel quale occorre rivedere la interiorizzazione di stigmatizzazione elaborata dai genitori, spesso senza che se ne siano resi conto”.
Solo quando avranno terminato questo percorso i genitori potranno uscire dal proprio impasse. “Prima di parlarne con gli zii, con i cugini e con gli amici di famiglia, prima di dirlo ad altri, sono i genitori stessi che devono accettarlo il figlio. Prima di parlarne, sono essi stessi che devono superarlo”, dice Schwember.
Come superarlo? Al di là di quanto precedentemente considerato, una ricerca dell’Università di San Francisco, che ha lanciato un allarme a proposito dell’aumento dei suicidi (8,9%) e delle depressioni (3,4%) nei giovani omosessuali rifiutati dai propri genitori, delinea la propria ricetta: “I genitori possono superare il rifiuto solo quando si rendono conto del grave impatto delle proprie parole e del proprio comportamento sui propri figli e le proprie figlie”.
Testo originale: Cómo enfrentar la homosexualidad de un hijo (a) Padres dentro del clóset: Qué hago si mi hijo es gay