Genitori cattolici e figli LGBT. “La verità rende liberi”
Articolo di Innocenzo Pontillo pubblicato su Adista Segni Nuovi n° 38 del 2 novembre 2019, pp.10-11
“La verità rende liberi” è il titolo del progetto lanciato dall’associazione cristiana la Tenda di Gionata per riflettere su “cosa accade in una famiglia cristiana quando un figlio dice ai genitori di essere omosessuale? Come cambia il rapporto tra genitori e figli? In questo caso la fede è un aiuto o un ostacolo? Cosa possono fare gli operatori pastorali per accompagnare le famiglie che vivono questo momento?”.
Attraverso interviste video e testimonianze scritte, i genitori cristiani con figli LGBT (lesbiche, gay, bisex e trans), i cristiani LGBT e gli operatori pastorali che li accompagnano, sono stati invitati a condividere le loro esperienze che, nelle prossime settimane, saranno pubblicate sul sito del Progetto Gionata.
«Testimonianze che – come ha scritto il vaticanista Paolo Rodari su La Repubblica (12 ottobre 2019, pag. 21) – aprono uno spaccato su una realtà ancora embrionale, ma destinata ad avere un futuro» e che raccontano il cammino che fanno le «famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori, né per i figli» (Amoris Laetitia, n. 250).
Nella loro intervista raccontano Michela e Corrado di Parma: «Siamo sposati da 44 anni Abbiamo 3 figli e 5 nipoti. Il nostro terzo figlio, che adesso ormai è adulto, quando aveva 19 anni, ci ha detto che era gay. (…) Il vero coming out che noi abbiamo vissuto non è stato tanto all’interno della nostra famiglia, quanto all’interno della nostra chiesa, nella nostra diocesi, all’interno della nostra comunità di fede. Lì abbiamo detto pubblicamente, in un’assemblea diocesana, che nostro figlio è omosessuale e che la Chiesa bisognava che si facesse carico di tutti questi figli. (…) È stato il nostro un coming out, un manifestarsi pubblico, che ha fatto sì che nascesse, da lì, il primo gruppo di genitori con figli credenti LGBT a Parma».
Invece Laura, con suo marito Alberto, di Impruneta (Firenze), intervistata ricorda che: «sono cresciuta, così come anche mio marito Alberto, in un ambiente di parrocchia, (…) in ciascuno di noi c’era sempre stata l’immagine di una famiglia tradizionale. (…) Con il coming out di nostra figlia, di Costanza, devo dire che dopo un primo momento di preoccupazione, come mamma», con il pensiero «che la sua vita sarebbe stata più riservata, più difficile e solitaria, (…) l’ho amata ancora di più e ne sono stata ancora più orgogliosa. Perché il percorso che aveva fatto», per «arrivare ad avere il coraggio di dircelo è stato grande. Ed ho apprezzato come è arrivata a dichiararsi così com’era. Ecco perché noi possiamo dire che siamo stati genitori fortunati: perché abbiamo scoperto anche questo cammino di fede»; «si vive così un amore che va oltre a quello che può essere, tra virgolette, un amore tradizionale».
Per Mara e Agostino, genitori della Provincia di Reggio Emilia, con «questa cosa che ci e? capitata, che è appunto il fatto dell’omosessualità di nostro figlio, abbiamo avuto la grazia di riscoprire un altro Dio, di scoprire come la fede non era obbedire a delle regole. Che Dio, come dice spesso mio marito, non si merita ma si accoglie, perché non poteva mio figlio rimanere fuori dal piano di Dio! (…) Quindi l’aprirci a lui ci ha fatto aprire a un nuovo modo di vivere la fede. (…) Abbiamo cominciato così un cammino molto bello, di condivisione, di apertura… che ci sta dando molta ricchezza e molta gioia…». Mara, con suo marito Claudio, di Salzano (Venezia), aggiunge: «Quando ha fatto coming out mio figlio, all’inizio da brava cristiana dicevo: “Ma va, vai tranquillo, va tutto bene. Ti voglio bene”. Dopo ho avuto una crisi profonda, anche dal punto di vista della fede. Là è scattata in me una molla e mi chiedevo: “Ma Dio cosa vuoi da me? Non riesco a capire”. Ero brava, facevo parte di tutti i movimenti: Rinnovamento Carismatico, Gruppo Mariano, ecc… Ero perfetta! E adesso? Cos’è successo? Ho fatto qualcosa che non andava al Signore? Come mai è successo questo? E sono andata in crisi, mi sono allontanata da Lui. Poi però, col passare del tempo dicevo: “Ma non è che Dio mi sta chiedendo qualcosa? Dio non mi ha abbandonato, vuole qualcosa in più, ? ma non so che cosa”. (…). Mi sono trovata con altri genitori (con figli LGBT) e là è scattata, piano piano, la molla del dire: “Ma non sono sola, non siamo soli”. (…). Ora “vedo le persone diverse in maniera molto più bella e meravigliosa, (…) devo dire grazie a questi percorsi. Ma fuori quanti genitori mi stanno aspettando? Hanno bisogno anche di me. Il Signore mi sta chiedendo questo».
Ma anche i figli hanno tanto da dire. Nella sua intervista video Carola, una lesbica cristiana di Piacenza, racconta: «Ho fatto coming out con la mamma al telefono, in un momento di crisi nera, perché mi ero appena lasciata con la mia compagna. In quel momento di disperazione ho detto tutto a mamma. (…). Le ho detto: “Mamma io avevo il terrore che tu mi rifiutassi” e la risposta sua è stata: “Intanto l’ho sempre saputo. Non ero d’accordo con la tua scelta, ma ti vedevo felice, perciò ero felice per te” e l’altra cosa che ha detto è stata: “E’ impossibile rifiutarti, perché io oggi ti voglio più bene di quanto non te ne volessi prima”. Quella era una delle ultime volte che parlavo al telefono con mia mamma, poi lei è mancata improvvisamente, qualche giorno dopo. Perciò sono davvero grata al Signore di aver avuto l’opportunità di parlarle e di ricevere questo messaggio, di amore incondizionato, da lei».
Vogliamo terminare questo viaggio tra le testimonianze del progetto “La verità rende liberi” con le parole di Carmine, un ragazzo gay di 25 anni da sempre impegnato in parrocchia, che scrive: «Amare se stessi, significa amare come Dio mi ha fatto. Questa cosa l’ho scoperta solo nel momento in cui ho abbassato le barriere, ho fatto entrare gli altri e con tutti loro anche Dio. Certo la strada bella non è sempre la più facile. Dirlo ai propri genitori, agli amici e ai fratelli fa sempre saltare un battito al mio cuore». Ma solo così possiamo scoprire «chi è disposto a rimanerti vicino, per sempre».
* Innocenzo Pontillo è volontario de La Tenda di Gionata, un’associazione di volontariato cristiano, fondata dai volontari del Progetto Gionata (www.gionata.org)