Genitori e figli. Le domande che scottano sull’omosessualità e la transessualità
Intervento di Emanuele Macca tenuto al convegno organizzato dall’IRSEF per AGE dal titolo”Vivere l’identità e vivere l’affettività : le sfide e le controversie di oggi” (Bologna, settembre 2014)
“Ci sono genitori che, pur occupandosi delle necessità materiali, in realtà sono totalmente assenti agli occhi dei propri figli. Trova il tempo.. Trova il tempo di pensare Trova il tempo di pregare Trova il tempo di ridere È la fonte del potere” (Tratto da una iscrizione trovata sul muro della Casa dei Bambini di Calcutta – Madre Teresa di Calcutta.)
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Aprirsi alla relazionalità nel rapporto genitori–figli può farci scoprire cose non sempre facili da gestire, ma non è evitarle che ci fa crescere; neppure evitare la relazione profonda per non correre il rischio di sapere cose potenzialmente non gradite è un modello positivo di relazionalità. Si cresce affrontando le cose, non evitandole.
Affrontare le difficoltà degli altri implica anche affrontare quotidianamente le nostre difficoltà interiori, per prevenire il rischio di imporre agli altri i nostri problemi camuffati soprattutto quando questi “altri” sono persone che dipendono molto ancora da noi come i figli in età adolescenziale.
Caratteristica in particolare dell’omosessualità e della transessualità desiderata, è il portare e serbare interiormente una “paura”: la paura di essere allontanati in qualsiasi forma (diretta o indiretta, parziale o totale) qualora ci si confidi e si renda visibile questo aspetto di sé. Il rischio di convivere tanto a lungo con questa paura (che magari nel vissuto vede delle conferme esperienziali) è quello di anestetizzare la volontà e la capacità di costruire legami trasparenti e profondi per prevenire delusioni già fatte proprie nell’intimo.
L’omosessualità come progetto di vita (non come rapporti occasionali secondari rispetto al progetto di vita) tocca alcuni tabù sociali legatissimi ai rapporti familiari : soprattutto se si tratta di figli unici, di massima toglie ogni possibilità di continuità del nucleo familiare, un meccanismo così radicato e naturale che tendenzialmente tutti i genitori si aspettano dei figli eterosessuali o che comunque si sposeranno e daranno nipoti; costringe ad affrontare il timore di un figlio che potrebbe vivere una vita di solitudine non tanto per la mancanza di un partner quanto per la mancanza di una prole che si occuperà di lui quando sarà anziano e solo. Tutte queste sono paure istintive e più che legittime.
Tutto ciò può capitare anche nella vita di un eterosessuale ma si tende a pensare che per un eterosessuale sia un’eccezione e per un omosessuale la regola.
Ecco perché, considerando tutte le difficoltà che vive una persona omosessuale o una persona intenzionata ad operare un cambio di sesso, credo che principalmente esse tocchino tutta la sfera più intima a partire dalla relazione con i propri “creatori” sin dalla più tenera infanzia. Spesso la prima ferita nasce dall’introiettare la paura di non corrispondere alle aspettative basilari dei genitori, a cui si susseguono i timori in ambito scolastico e lavorativo; in età adulta, infine, si corre il pericolo di non vedere socialmente considerate le proprie relazioni affettive, tanto da essere esortati a non dare alcuna “visibilità” a questo aspetto della propria vita.
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Approccio difensivo attraverso la ghettizzazione:
L’approccio difensivo attraverso la ghettizzazione è un pericolo traversale a chiunque non voglia rimettersi in discussione per non affrontare alcune ferite personali ancora scoperte e non cicatrizzate. Preciso che per ghetizzazione non intendo il frequentare anche certi ambienti, quanto il frequentare in modo ampiamente predominante se non totalizzazione solo alcuni ambienti senza mai mettere piede in luoghi dove dominante sia una sensibilità diversa dalla nostra.
La paura di essere nuovamente rifiutati può indurre una persona omosessuale a cercare preferibilmente amici omosessuali, frequentare locali gay o gayfriendly in modo da incontrare solo persone amichevoli o non ostili alla sua omosessualità.
Altresì la difficoltà ad accogliere l’omosessualità del figlio può indurre i genitori a far riferimento solo ad ambienti che non auspicano che essa possa essere un percorso di vita definitivo.
A questo blocco reciproco propongo due vie d’uscita :
– in primis a livello interpersonale andare oltre un approccio basato su cauti incontri in “spazi neutri”, e iniziare a viversi apertamente l’uno addosso all’altro e così potersi mettere a nudo condividendo ogni propria rabbia e ogni propria paura, ripassare sopra le proprie ferite scoperte per iniziare a curarle l’un l’altro; questo significa imparare a conoscere anche gli spazi vissuti dall’altro, i loro limiti e le loro risorse;
– a livello più sociale è importante che nel proprio vissuto si frequentino o si costruiscano spazi misti in cui ci sia libertà di espressione e magari dei percorsi di condivisione di gruppo dove l’omosessualità non sia maggioranza (come non lo è nella realtà), ma dove essa sia una variabile accolta come ogni altra variabile in un clima di sospensione del giudizio.
Infatti il rischio della ghetizzazione è vivere secondo modelli stereotipizzati rinunciando alla propria individualità. Alcuni suggerimenti generali nella relazione genitori – figli pensati come modello reciproco di crescita tratti dal volume “Lasciami volare” di Marcello Riccioni e Giampietro Ghidini, Massetti Rodella Editori. Tra sei promesse che padre e figlio si rivolgono reciprocamente ne ho scelte tre :
Promessa 3. “Ti prometto quindi di ascoltarti ogni volta che tu mi offrirai una tua porzione di vita, qualsiasi essa sia, e non ti giudicherò solo perché tu sei piccolo (dal padre al figlio) / perché tu sei grande (dal figlio al padre), ma trasformerò l’irruenza di una risposta che sa di verdetto, in un confronto che sa di crescita della mia vita”
Promessa 4. “Ti prometto che sarò capace di risponderti senza far iniziare il mio dire da rabbie che ho dentro, e che non ho risolto. Comunicherò con te il mio disappunto e il mio scoramento, quando lo sentirò, con quella forza umana che son certo non ti potrà apparire indifferente”
Promessa 6. “Ti prometto che saprò chiederti scusa quando nascerà in me la capacità di riconoscere il mio errore. Col tempo, e con te che mi educherai a farlo vedrai ce la farò.”
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Centralità della persona
Per quanto si possano individuare alcune caratteristiche dominanti in ogni ambiente, non bisogna mai dimenticare che noi siamo “pezzi unici” e in quanto tali un “mistero da accogliere”.
Il nostro essere pezzi unici/mistero ci deve far riflettere che anche gli altri lo sono e così di fronte a un genitore che deve fare con minima o massima fatica un percorso di accoglienza o di fronte a un figlio omosessuale non siamo di fronte ad esseri stereotipizzati. Ognuno di noi ha delle specificità e dei livelli di maturità diversi che ci porteranno a vivere la nostra condizione di vita in modo differente e unico.
Quello su cui è importante lavorare e per cui è importante educare al meglio è lo sviluppo del nostro livello di maturità e di auto-consapevolezza (in termini spirituali si può dire anche discernimento) che ci porterà a fare scelte uniche e individualmente maturate qualsiasi esse siano.
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“I figli sono come gli aquiloni: / Insegnerai a volare ma non voleranno il tuo volo; / Insegnerai a sognare ma non sogneranno il tuo sogno; / Insegnerai a vivere ma non vivranno la tua vita. / Ma in ogni volo, in ogni sogno e in ogni vita / Rimarrà per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto.” (Madre Teresa di Calcutta)