George Sand una bella vita. Una donna alla ricerca del suo destino
Articolo di Lavinia Capogna, parte prima
La prima cosa che viene in mente avvicinandoci alla vita e alle opere di George Sand è che la macchina del tempo, per qualche misteriosa ragione, funzionò all’incontrario: infatti ella sembrava una ragazza del 1975 catapultata nel 1830, l’epoca della sua gioventù.
I suoi amori, tra cui spiccano per celebrità Fryderyk Chopin e Alfred de Musset, la sua vita spregiudicata e libertaria hanno avuto il sopravvento, nell’immaginario collettivo, sulla sua opera letteraria.
Era una scrittrice di talento, una lavoratrice indefessa che trascorreva gran parte della notte scrivendo alla luce del lume a petrolio del suo studio. Aveva una fantasia inesauribile, poteva anche scrivere una quindicina di pagine ogni notte nella sua bella e lineare calligrafia, cosa che aveva suscitato l’ammirazione del suo grande amico Gustave Flaubert, che invece centellinava ogni parola e rifletteva su ogni frase dei suoi manoscritti.
Un altro suo grande amico, Balzac, anche lui estremamente prolifico come scrittore e sapiente inventore di trame, le diede, per così dire, quando lei era agli esordi letterari, alcuni utili consigli professionali. Ella debuttò a venticinque anni con il bel romanzo “Indiana”, e il suo successo fu immediato.
Il suo vero nome era Aurore Dupin, e scelse il nome d’arte di George Sand, ispirato a quello del suo compagno Julien Sandeau, anche perché nella prima parte dell’Ottocento era molto mal visto che le donne pubblicassero libri: anche le sorelle Brönte, Emily, Charlotte ed Anne, usarono nomi d’arte maschili, e Mary Ann Evans assunse quello di George Eliot; Hannah Foster, autrice del primo romanzo americano scritto da una donna, il pregevole “Coquette”, e Paolina Leopardi, la sorella del poeta Giacomo, autrice di un bel saggio su Stendhal in francese, pubblicarono invece le loro opere anonimamente.
Le donne erano quindi costrette a scomparire nel nulla, scrivendo libri senza il loro nome stampato sulla copertina, oppure celato sotto un nome d’arte maschile, socialmente accettabile.
L’estrema misoginia del tempo ha fatto sì che poesie e manoscritti femminili siano andati perduti o, date le difficoltà, le autrici abbiano rinunciato proprio a scriverli. Certamente un grande patrimonio di opere artistiche, emozioni, sentimenti, testimonianze storiche è andato perduto.
Essere una scrittrice nel 1800 non era certamente semplice. Oltretutto non esistevano i diritti d’autore, ma gli scrittori venivano pagati con una somma complessiva, molto spesso esigua (l’esempio più eclatante fu Silvio Pellico, che per “Le mie prigioni” venne pagato quasi nulla per un’opera che sarebbe diventata un bestseller, ed altrettanto sarebbe accaduto a Salgari), i romanzi venivano inizialmente pubblicati a puntate sulle riviste, e se avevano successo venivano poi riuniti in un volume. Lettori e lettrici attendevano assiduamente, settimana dopo settimana, di vedere che cosa accadeva ai personaggi dei romanzi, seguendo le loro vicende sentimentali e le loro vicissitudini.
Il debutto letterario di George Sand coincise anche con l’epoca della sua vita in cui lei cambiò completamente: era nata nel 1807 in una famiglia molto particolare socialmente: sua nonna era un’aristocratica figlia del figlio illegittimo del re di Polonia, imparentata anche con i reali di Francia. Era una di quelle signore aristocratiche dalla mentalità aperta che in gioventù avevano letto le opere di Voltaire, Rousseau, Diderot e d’Alembert.
Suo padre era un importante militare, deceduto prematuramente a causa di una caduta da cavallo, sua madre era invece una donna di famiglia povera.
George Sand crebbe in parte nella grande casa di Nohant (oggi Nohant – Vic), che fu poi la sua residenza, eccetto gli anni che trascorse a Parigi.
Nohant è una bellissima cittadina nel Berry, una zona verdeggiante, con antiche case di pietra e piccoli caffè all’ombra del tigli. La casa di George Sand è una grande villa, oggi museo, arredata con bei mobili ma non eccessivamente sfarzosi, alle pareti del salone risalta un ritratto giovanile della scrittrice: una ragazza con i capelli lunghi castani, un’aria intelligente ed intensa.
Nella cucina, le molte pentole di rame e i mobili scuri ci ricordano di quanto ella amasse preparare le confetture di frutta per i suoi nipoti, o cucinare saporite pietanze per gli intellettuali del tempo: scrittori come Victor Hugo, di cui fu amica, oppure Liszt, il celebre pianista, con la sua innamorata, Marie d’Agoult, di cui parleremo tra breve.
La sua infanzia, tuttavia, non fu particolarmente felice, perché venne spesso ignorata dalla madre, che George Sand amava molto, come emerge dai suoi “Diari”, e relegata in un convento. Adolescente, decise di diventare suora, il che fu subito malvisto da sua nonna, la quale aveva ereditato un certo anticlericalismo dai filosofi illuministi, tanto che la andò a prendere e la riportò nella grande casa di Nohant.
A diciotto anni George Sand si innamorò di un coetaneo, il bel Casimir Dudevant, un aristocratico al momento al verde, e dovettero ingaggiare una vera e propria battaglia per potersi sposare. Nonostante ciò, Casimir si rivelò deludente: non avevano grandi interessi in comune, egli aveva un debole per il buon vino, fu piuttosto infedele e la loro vita intima era infelice.
Lei e il marito ebbero due figli, Maurice e Solange, anche se alcuni biografi ritengono, a seguito del ritrovamento di alcune lettere, che Solange fosse figlia di un poeta amante della scrittrice quando ella era già profondamente delusa dalle infedeltà di Casimir, che arrivò, da ubriaco, a minacciarla con un coltello davanti ad alcuni commensali.
George Sand lo lasciò, e a quel tempo, il 1832, era un grande scandalo che una moglie lasciasse il marito e i figli. In realtà George Sand fu una madre molto premurosa, lasciò perfino a suo marito tutte le sue ingenti sostanze, eccetto una cifra modesta con cui vivere a Parigi, e raggiunse un accordo per condividere la custodia dei figli part-time.
Nello stesso anno osò scrivere un bel romanzo, “Lélia”, su una donna infelice con il marito. Il romanzo suscitò scandalo, ed ebbe grande successo.
Per comprendere la portata della rivoluzione culturale di George Sand, di cui parleremo tra breve, bisogna dare un breve sguardo a quale era la condizione delle donne nel 1800. Le classi sociali erano tre: l’aristocrazia, la nascente borghesia, il proletariato. La maggior parte delle donne dell’epoca, così come la maggior parte degli uomini, erano analfabete. Erano pochissime le donne che godevano di una istruzione privata in collegi o istituti religiosi, o con un precettore.
Solamente le popolane potevano lavorare, facendo lavori estremamente mal pagati e sfruttati: lavandaie, cameriere, ricamatrici, ostesse, infermiere, che era un lavoro mal visto perché erano al fronte con i soldati. C’erano poi le prostitute, che erano considerate nell’ultimo gradino sociale, come emerge dal commovente personaggio di Fanette nel capolavoro di Victor Hugo “I miserabili”, da “Oliver Twist” di Charles Dickens, “Nanà” di Zola e dall’indimenticabile Sonja di “Delitto e castigo” di Dostojevskij.
Le ragazze borghesi potevano aspirare ad un posto di istitutrici o insegnanti, come aveva fatto Charlotte Brönte, autrice di un altro libro rivoluzionario, “Jane Eyre”. Le donne erano soggette all’autorità dei padri, o in mancanza di essi, di un fratello maggiore e poi del marito. Non potevano votare, perché era possibile solo agli uomini di censo elevato, non potevano accedere alla maggior parte delle professioni: era impossibile per una donna essere un medico o un avvocato.
Moltissime donne facevano una vita molto ritirata tra la chiesa e la casa paterna, come si legge nel capolavoro di Balzac “Eugénie Grandet”. Avevano molti figli, perché non esisteva nessun metodo anticoncezionale, anche dieci o di più, la mortalità per parto era molto elevata e anche la mortalità infantile. Non esistevano medicine, eccettuato alcuni intrugli che spesso erano venduti dai farmacisti, o addirittura sotto forma di sciroppi o pastiglie da venditori ambulanti.
Il matrimonio era l’unico obiettivo della vita delle donne. La vita media era molto più breve di adesso, a causa appunto delle non conoscenze mediche e delle drammatiche condizioni sociali ed igieniche. I matrimoni avvenivano per le ragazze attorno ai diciotto, vent’anni, a venticinque una ragazza era già considerata troppo adulta ed era escluso che un uomo chiedesse la sua mano. Invece, per gli uomini, l’età media del matrimonio era dopo la trentina. Dopo i quarant’anni si era quasi considerati anziani.
Naturalmente c’erano matrimoni che nascevano da autentici amori, ma la maggior parte erano il risultato di accordi economici e sociali. Le donne non sapevano nulla di sessualità, e qualunque discorso che vagamente sfiorava questo tema era proibito. Questo ovviamente le poneva più a rischio dei malintenzionati, che sono sempre esistiti. Non era raro che le ragazze madri si suicidassero perché molto discriminate, e l’omosessualità femminile era un tema tabù, eccetto che tra le/gli artisti.
George Sand si ribellò a tutto ciò con la sua vita e le sue opere, sostenne che le donne dovevano poter scegliere la propria vita e il proprio lavoro, e seguire i loro sentimenti autentici.
Solo quando George Sand lasciò il marito e si trasferì a Parigi, incominciando a frequentare una cerchia di bohémien e socialisti, poté trovare il suo vero io e realizzare se stessa.
Parigi era allora molto diversa da quella di oggi: era una città in cui c’erano ancora molti spazi verdi, giardini, orti con cespugli di rose o profumati rododendri che spuntavano all’improvviso nelle ripide strade strette del Quartiere Latino o di Montmartre, piccole botteghe con insegne o con scritte armoniose sulle vetrine, non esistevano i grandi boulevards, che furono costruiti tempo dopo dall’architetto Hausmann, le case avevano scale strette e soffitte con abbaini che si affacciavano sui tetti ardesia turchini.
Molti ristoranti e teatri erano vietati alle donne. Anche per questo motivo George Sand iniziò ad usare abiti maschili. L’altro motivo era che voleva affermare la sua libertà in ogni modo. Gli abiti femminili del tempo erano molto ingombranti e scomodi, composti da busti, gonne strette alla vita, crinoline.
Una graziosa stampa dell’epoca ritrae George Sand a passeggio con un amico. Indossa una redingote, che era una giacca svolazzante, per così dire, un gilet, un’elegante cravatta, dei larghi pantaloni e degli stivaletti di vernice. Scambiata per un gentiluomo, poteva tranquillamente frequentare i luoghi proibiti alle donne. Inoltre iniziò a fumare sigarette, e a volte il sigaro. Il fumo era una moda del tutto impensabile per una donna di allora.
I nuovi amici di George Sand erano ragazzi e ragazze parigini, anticonformisti, artisti, le ragazze non erano trattate dai loro amici come inferiori o come oggetti sessuali, ma da pari a pari, aderivano al socialismo, una nuova idea sociale nata proprio con la rivoluzione industriale.
La rivoluzione industriale di inizio Ottocento aveva completamente scardinato la società precedente: le grandi città erano piene dei casermoni grigi e fumosi delle fabbriche, artigiani e contadini erano stati costretti ad emigrare nelle città e vivevano in condizioni di estrema povertà e sfruttamento come operai ed operaie. I turni di lavoro erano anche di dodici ore, non esisteva alcuna sicurezza sul lavoro, i salari erano bassissimi.
Nei piccoli borghi e nei paesi la rivoluzione industriale aveva reso desueti molti lavori artigianali secolari, che erano stati sostituiti dal lavoro nelle fabbriche e aveva creato nuove povertà. Anche i contadini erano sfruttati dai proprietari terrieri. La questione agraria sarebbe stato un tema fondamentale del socialismo.
Una nuova classe sociale si faceva largo aggressivamente, spodestando via via l’aristocrazia esangue ed oziosa: la borghesia.
I nuovi valori della borghesia erano un maniacale culto del lavoro e del denaro (per gli aristocratici lavorare era impensabile, e vivevano di rendita o di debiti), un grande interesse per la reputazione sociale e le norme sociali, un moralismo esasperato, una tendenza al progresso sociale, ma che si sarebbe dovuto fermare entro certi limiti (i loro), una religiosità esteriore.
Charles Dickens, ex adolescente operaio e poi scrittore di grande successo, ha descritto nei suoi libri le drammatiche condizioni dei proletari inglesi, ed altrettanto avrebbe fatto Émile Zola in Francia. I due Paesi più industrializzati erano proprio l’Inghilterra e la Francia, e proprio in questi due Paesi nacque il socialismo, che poi si diffuse anche, in particolare, in Italia, Germania e Russia.
I primi socialisti, che Marx avrebbe definito “utopisti” in antitesi al suo comunismo che lui definiva “scientifico”, erano persone di buon cuore tra cui si trovavano intellettuali, studenti, gli operai più istruiti e qualche aristocratico come Saint-Simon, o l’economista svizzero Sismondi, o anche ex abati come Lammenais, che fu amico di George Sand, la quale aderì alle sue idee.
I socialisti, ognuno con sfumature e progetti diversi, progettavano spesso utopie di città ideali in cui ci sarebbe stata una vita comunitaria, come Fourier, o fabbriche gestite in modo più umano, come quelle dell’industriale Robert Owen, propugnavano una società basata sull’eguaglianza di tutti gli uomini e delle donne e sulla giustizia sociale, in cui tutti avrebbero potuto avere possibilità ed opportunità.
Alcuni, per via del sostegno che la Chiesa dava ai regnanti, divennero atei, altri invece cristiani, ma optando per un cristianesimo evangelico e concreto, che fu anche quello di George Sand. Alcuni erano seguaci del libero amore, che doveva basarsi sulla parità.
Lev Tolstoj ha lasciato un ritratto molto positivo dei socialisti russi del 1800 nel suo ultimo romanzo “Resurrezione”, ed altrettanto fecero Cernysevskij nel famoso “Che fare?” e Theodor Herzen nel suo libro autobiografico “Il passato e i pensieri”. Dostojevskij, invece, che era stato un socialista e che per questo era stato deportato in Siberia (dove aveva rischiato quasi la morte in una finta fucilazione inscenata dai suoi superiori), descrisse i socialisti in modo molto negativo nel suo romanzo “I demoni”. È noto come Dostojevskij, nell’ultima parte della sua vita, fosse diventato un conservatore.
I socialisti venivano perseguitati dappertutto, sospettati di far parte di società segrete, arrestati solo per un volantino considerato sovversivo. In Francia, durante la vita di George Sand, scoppiarono ben tre grandi rivoluzioni: nel 1830, nel 1848 e nel 1870. Nel 1848, quando la rivoluzione scosse non solo la Francia, ma l’Europa intera, George Sand ebbe l’incarico nel governo rivoluzionario di ministro della propaganda; lavorò insieme al poeta Lamartine e scrisse alcuni proclami che ebbero grande risonanza.
Fu anche amica di un famoso politico socialista, Louis Blanc. Nel 1870, a sessantaquattro anni, non si schierò né con i proletari della Comune, che avevano anche compiuto azioni illecite violente a Parigi, né ovviamente con gli spodestati governanti, che tornati al potere attuarono una terribile e sanguinosa repressione, fucilando migliaia di persone, ma li condannò entrambi, rimanendo fedele al suo cristianesimo, come scrisse in una lettera, che era a volte tinto di idee socialiste, e a volte repubblicane.