Giornata del Coming Out, un appuntamento importante
Riflessioni inviateci da Massimo Battaglio
L’11 ottobre si celebra in tutto il mondo, ormai da trentun anni, la Giornata del Comig Out. L’iniziativa nacque nel 1988 negli USA, come quasi tutte le idee che hanno plasmato il movimento lgbt internazionale. Inizialmente era un vero e proprio invito a fare coming out in massa, in luoghi pubblici. Era un modo per aiutarsi tutti insieme a fare un passo importantissimo per la propria vita ma, almeno allora, veramente difficile.
Le cose sono molto cambiate da allora ma è comunque inispensabile riflettere, almeno per un giorno all’anno, sul tema dell’ “uscire dal ripostiglio”. Il momento del rivelarsi, o meglio, la fase della rivelazione, comporta sempre, per tutti, e non solo per i giovani, un investimento emotivo fortissimo. Dopo si sta infinitamente meglio, in ogni caso, anche se magari si aprono problemi. Ma dichiarare per la prima volta la propria specificità sessuale è sicuramente una delle esperienze più delicate di tutta la vita.
Ancora nel 2012, il rapporto ISTAT sull’omosessualità diceva che, su una popolazione lgbt stimabile nel 5% degli italiani, almeno una metà preferiva non rivelare il proprio orientamento sessuale. Oggi, le cose sono sicuramente cambiate. Ma pensare a un milione e mezzo di persone che vivono la loro sessualità quasi di nascosto, non è bello. A me, fa tremare.
Sono questi numeri che mi fanno arrabbiare quando sento che “il coming out è una cosa superata”. Ero rimasto malissimo quando Mahmood, appena vinto il festival di San Remo, aveva dichiarato che “fare coming out non serve a nulla”. Capisco che il suo intento era di farsi apprezzare per la propria musica e non per la propria gaytudine. E capisco anche che i giornalisti dovrebbero evitare di ridurre argomenti così importanti a pettegolezzo. Ma mi sarei aspettato, da una nuova star della canzone popolare, un maggior senso di responsabilità. Caro Mahmood – mi veniva da dire – vallo a raccontare ai ragazzi di periferia, dove vige ancora il machismo e lo sfottò. Vallo a dire in Russia, in Ucraina, in tanta parte dell’Africa, dove essere gay è proibito. Vallo a dire ai preti.
Più di recente, Gianna Nannini ha ripetuto la stessa scenetta: “il coming out ghettizza”. Se questi personaggi si rendessero conto di quanto siano devastanti le loro affermazioni, forse eviterebbero. O forse farebbero lo stesso, perché oggi, parlare di omosessualità, fa notizia. E fa notizia senza richiedere troppo in cambio.
Anche per queste ragioni è necessaria la giornata del coming out: per distinguere il grano dal loglio; per affrontare seriamente un tema serio.
Sono parecchie le iniziative che si susseguiranno oggi. Ne segnalo qualcuna.
A Ferrara, i diversi eventi programmati da Arcigay hanno dato da discutere. Inizialmente erano stati rigettati dal Comune che però ha poi fatto marcia indietro. Ora l’associazione decide che opererà per conto suo, senza patrocinio. Altre iniziative si svolgeranno in Abruzzo, dove il Coordinamento Abruzzo Pride organizzerà un vero e proprio coming out pubblico. In spazi collettivi, verranno messi a disposizione microfoni per chi intende parlare di se stesso. Arcigay Molise organizza un concorso fotografico con premiazione a Campobasso. A Ravenna, si farà una passeggiata per i quartieri.
A Torino, si coglie l’occasione per l’apertura dello Spazio Arcobaleno. Sarà un sportello di ascolto indirizzato soprattutto agli adulti. La sua realizzazione si deve alla collaborazione tra l’associazione Alma Ata LGBT e la Circoscrizione IV. I profeti di sventura cattolicheggianti – di cui non metto i link manco per burla – hanno già commentato: “apre lo sportello lgbt con i soldi pubblici”. Vero: proprio così. E ben investiti, a quanto pare.
A me, che ragiono da cristiano almeno quanto loro, il coming out rimanda a una bella delle più belle massime di Gesù. E’ una frase che compare nel Vangelo di Matteo, alla fine del suo discorso più importante dal punto di vista “sociale”, quello “della montagna”. E dice così:
“Voi siete la luce del mondo. Non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone”. (Mt 5,14-16)